There's no point to any of this. It's all just a... a random lottery of meaningless tragedy and a series of near escapes. So I take pleasure in the details. You know... a Quarter-Pounder with cheese, those are good, the sky about ten minutes before it starts to rain, the moment where your laughter become a cackle... and I, I sit back and I smoke my Camel Straights and I ride my own melt.

sabato 31 dicembre 2011

Questa notte, esprimi un desiderio...

Lasciarsi l’anno che sta per finire alle spalle, porta con sempre con sé un bagaglio di emozioni contrastanti, di ricordi, speranze, spesso sogni spezzate. Salutare il 2011 che se ne va, ecco cosa faremo tutti tra poche ore.
Qualcuno proverà sollievo, qualcun altro nostalgia. Alcuni gioia, altri tristezza.
Il tempo corre veloce si sa, e allo scoccare della mezzanotte, daremo il benvenuto al 2012.
Ci ritroveremo tutti, inevitabilmente, a tirare le somme e le sottrazioni dei 365 giorni appena trascorsi. Molti penseranno che gli ultimi 12 mesi siano volati, molti non vedranno l’ora di lasciarseli alle spalle.
Una cosa è certa, anche quest’anno, come succede ogni 31 dicembre, ci verrà offerta la possibilità, seppur simbolica, di azzerare tutto e ricominciare. Di prepararci a un nuovo inizio, fare un elenco dei buoni propositi futuri, giurare a noi stessi di trovare una soluzione a delle situazioni irrisolte, di centrare finalmente quegli obiettivi che da tanto tempo rincorriamo, di realizzare i nostri sogni, e perché no, mettere da parte i nostri errori e rimediare ai nostri sbagli.
Che lo si voglia oppure è no, questa notte è una di quelle notti in cui volenti o nolenti, ci ritroveremo a esprimere un desiderio, e inconsciamente, a credere in qualcosa.
Anche se da troppo tempo ci sembra di non credere più a niente, anche se da tanto ormai, abbiamo perso fiducia e speranza.
Questa notte, ci sarà un momento in cui tutti alzeremo la testa, gli occhi, e guarderemo il cielo.
E in quel momento, in quel preciso istante, ognuno di noi, si convincerà che stavolta, stavolta sì, il suo desiderio si avvererà.

A chi sogna e non si stancherà mai di sognare.
A chi crede nelle seconde possibilità, e non smetterà mai di crederci.
A chi possiede tutto, fuorché l’unica cosa che potrebbe davvero renderlo felice.
A chi non possiede quasi niente, ma non smette mai di lottare.
Alle persone a me care, vicine e lontane. A quelle che ho perso durante il cammino e non so dove si trovino ora, a tutte quelle che ahimè, non abbraccerò più.
A tutti coloro che ho incrociato sulla strada quest’anno, a quei volti nascosti dietro uno schermo, a quelli che ancora devono venire.
A tutti voi, dedico questo post, con l’augurio che il 2012, sia l’anno che sognate.
Credeteci stasera, quando alzerete lo sguardo al cielo. Crederci serve sempre.
A me basterà vedere una stella cometa per sorridere.
Mi accontento di poco, dite?
Allora non vi rendete conto di quanto sia rara una stella cometa…



All is quiet on New Year's Day, a world in white gets underway,

And I want to be with you, be with you night and day.

Nothing changes on New Year's Day.

I will be with you again.

I will be with you again.

Under a blood-red sky, a crowd has gathered in black and white.

Arms entwined, the chosen few, newspapers say, it says it's true.

And we can break through, though torn in two we can be one.

I will begin again, I will begin again.

Oh and maybe the time is right, oh maybe tonight.

I will be with you again.

I will be with you again.

venerdì 30 dicembre 2011

Misfits: pregi e difetti della terza stagione

La partenza di Nathan, alla fine dei conti, si è rivelato il minore dei mali per Misfits: Robert Sheehan è stato egregiamente sostituito da un ottimo Joe Gilgun, convincente e credibile nel ruolo, esilarante soprattutto nell’interpretare il “gemello” buono del suo personaggio. I problemi riguardo questa serie sono indubbiamente altri, e a terza stagione conclusa, possiamo finalmente tirare le somme e le sottrazioni. Alla radice, un’enorme crepa venutasi a formare nella sceneggiatura, lontanissima dai fasti delle stagioni precedenti, meno brillante e incisiva, decisamente sottotono. Errore madornale degli autori, quello di adagiarsi sugli allori, forti del successo riscosso lo scorso anno, e ingenuamente convinti che la sola caratterizzazione dei personaggi bastasse a tenere in piedi la baracca.

Non basta il passato per mantenere alto il livello di una serie, occorre che quegli stessi personaggi, capaci sin dall’inizio di coinvolgere e conquistare giorno dopo giorno lo spettatore, continuino ad aver qualcosa da dire e raccontare, e che il plot fornisca loro spunti di crescita. La sceneggiatura flebile e a tratti priva di contenuti, va a intaccare così non solo l’evolvere della storyline principale (assente per oltre metà stagione) ma anche il plot di quelle secondarie: eccezion fatta per Kelly, l’unico personaggio che hanno cercato di approfondire in qualche modo, gli altri rimangono nell’ombra, specie nel caso di Rudy, che come new entry, avrebbe invece avuto moltissimo da raccontare.
Si riconfermano ancora una volta impeccabili (oltre che invidiabili) fotografia, regia e colonna sonora, su questo nulla da dire se non “chapeau”, ma sono elementi che ahimè, seppur eccellenti, non possono bastare.
Un andirivieni di alti e bassi ha caratterizzato questa terza stagione, scandita da un alternarsi di episodi mal riusciti (il secondo per esempio), ad altri senza dubbio brillanti seppur slegati quasi del tutto dal contesto, come nel caso del quarto episodio, ambientato nell’epoca nazista.
Impennata, come spesso accade nel corso di una stagione deludente, nella season finale, puntata esteticamente perfetta e molto vicina alle migliori puntate di Misfits. Personaggi che tornano dall’aldilà in cerca di redenzione, battute sagaci, colpi di scena e anche qualche lacrima, ingredienti che hanno contribuito in questi due anni a portare la serie sul podio delle migliori. Ma anche nell’ultima puntata, una pecca c’è a mio avviso: la decisione di relegare Simon al ruolo di eterno innamorato che pur di vivere la sua storia d’amore con Alisha sacrifica tutto, regge solo per certi versi.
Mi spiego meglio: la mia parte romantica, crolla inesorabilmente di fronte a questa idea, commuovendosi oltremisura e consumando un fazzoletto dopo l’altro in onore di queste due anime perse che pur di vivere il loro amore si rincorrono in un circolo vizioso “temporale” senza fine, combattendo il destino che però avrà sempre la meglio.
La mia parte razionale invece, si ribella: abbiamo davvero aspettato due stagioni che Simon diventasse il Simon del futuro per poi vederlo andare via? Che senso ha? Come può Misfits continuare senza l’altro personaggio chiave? Una scelta fin troppo sbrigativa che penalizzerà notevolmente lo show, privo di qualsiasi speranza, e a questo punto anche di qualsiasi espediente, per ristabilire quello status quo necessario a rimettere ordine e tornare a brillare come una volta.

mercoledì 28 dicembre 2011

Film sotto l'albero - Hook, Capitan Uncino



Natale non è solo sinonimo di grandi abbuffate e noiosi pranzi con i parenti: per chi come me ama il cinema e la tv infatti, questo periodo diventa il pretesto ideale per fare una bella scorpacciata di film "d'essai", classici degli anni '80-'90, e serie tv arretrate da recuperare.
Irrinunciabili pellicole come Mamma ho perso l'aereo, Una poltrona per due, WIlly Wonka e la Fabbrica di cioccolato, o ancora, storici film d'animazione, commedie italiane e non, e chi più ne ha più ne metta, tutto pur di risparmiarsi l'orrendo cinepanettone nostrano che da anni ormai infetta purtroppo
il cinema italiano.
Pochi forse ricorderanno che, tra i film da annoverare in queste fredde serate, ce n'è uno che raramente viene associato al periodo natalizio ma che proprio in questo periodo invece è ambientato...

Credere alle favole fa bene alla salute e risvegliare il fanciullo che è dentro ognuno di noi aiuta a vivere meglio: confidare nel lieto fine, è un diritto di tutti noi. Realtà e immaginazione, da sempre camminano di pari passo, nei libri, in tv, al cinema.
Venti anni fa, traendo ispirazione dal celebre romanzo di James Barrie, Steven Spielberg rivisitò la celebre favola di Peter Pan in chiave moderna nel film Hook – Capitan Uncino.
La pellicola racconta le disavventure di Peter Banning (Robin Williams) avvocato di successo così assorbito dal lavoro da trascurare moglie e figli e dimenticare i ricordi della sua infanzia, intrappolato in una monotona e banale vita in “bianco e nero” e incapace di sognare o trasmettere emozioni ai suoi bambini.
Un viaggio a Londra a Natale si trasforma in un viaggio nella memoria perduta e diventa l’occasione giusta per riscoprire i valori persi durante il cammino verso l’età adulta e ritrovare l’innocenza di una volta.
Apparentemente indirizzato a un pubblico infantile, il film si rivolge invece a spettatori più maturi e vuole trasmettere un messaggio importante e significativo: senza i ricordi d'infanzia nessun uomo può dirsi veramente adulto.
Esteticamente affascinante, caratterizzato da una fotografia vivace, colori caldi e paesaggi onirici, Hook alterna duelli cappa e spada a momenti divertenti e commoventi, e vanta un cast d’eccezione che funziona a meraviglia, a partire da Williams perfetto nel ruolo di un Peter Pan in giacca e cravatta, fino a un memorabile Dustin Hoffman nei panni di Capitan Uncino o alla deliziosa Julia Roberts in quelli di Trilly.
Hook non brilla certo per originalità, e indubbiamente, tra le opere del regista è quella meno riuscita e meno convincente, ma è il classico film natalizio da guardare appallottolati sul divano, avvolti da una coperta morbida possibilmente, con le luci dell'albero in sottofondo.

sabato 24 dicembre 2011

It's Christmas Time

A Natale si sa, siamo tutti più buoni, e anche Stargirl non poteva esimersi e per una volta, chiuderò un occhio e per questa settimana (ma non fateci l’abitudine) metterò da parte le serie Stracotte, e mi concentrerò sugli episodi Stracult a tema natalizio.
 Un salto nel passato fa sempre piacere, no? Passando per il più attuale Natale in casa Glee, o quello tra le corsie d’ospedale di Grey’s Anatomy o House MD, o quello estremamente chic di Gossip Girl, infatti, uno sguardo indietro per riportare alla memoria episodi indimenticabili del piccolo schermo trasmessi ormai qualche anno fa.

Nel lontano dicembre 1991, in Beverly Hills 90210, si svolse un memorabile Natale in casa Walsh, nell’episodio Una vigilia particolare (2x18). Il gruppo di teenager più famosi della tv, nel primo vero teendrama che si ricordi, si riunirono infatti intorno al tavolo di Jim e Cindy per festeggiare insieme e brindare calorosamente, sotto i fiocchi di una finta neve che papa Walsh sparò dal tetto per ricreare l’atmosfera del Minnesota che per anni aveva contraddistinto il loro Natale. In un trionfo di emozioni e buoni sentimenti, questo fu il primo di numerosi episodi a carattere natalizio che popolarono il mondo delle serie tv, dalla seconda golden age a oggi.

Qualche anno più tardi, nel 1995 per la precisione, ci ritrovammo a ridere a crepapelle in un’esilarante puntata della sitcom più famoso degli ultimi anni, Friends. Un caldo Natale, episodio 2x09, vede i protagonisti della comedy stretti intorno all’albero di Monica, nello storico appartamento a Manhattan, in canottiera e shorts visto il clima hot totalmente inaspettato, dovuto a un guasto irreparabile nei caloriferi aggravato dall’intervento di Joey. Tra regali bizzarri, come dimenticare la spade laser acquistata dall’irresistibile personaggio interpretato da Matt LeBlanc, e padre ritrovati, in questo caso quello di Phoebe, la puntata si conclude come d’abitudine in un suono di fragorose risate. Più recente (2003) e senza dubbio originale, l’invenzione in The O.C. di Seth Cohen del Chrismukkah nell’episodio La festa di tutti (1x13), in cui il ragazzo descrive all’amico Ryan la sua brillante idea di unire la tradizione cristiana del Natale a quella ebraica dell’Hannukkah, per far sì che tutti possano festeggiare insieme senza barriere legate a religione e cultura.

E voi? A quale episodio natalizio siete più legati? Quale serie tv associate maggiormente al giorno di Natale? Commentate amici blogger (e non)!

E con questo post colgo l'occasione, per augurare a tutti voi, uno splendido Natale!

"Have yourself a merry little Christmas, Let your heart be light From now on, Our troubles will be out of sight Have yourself a merry little Christmas, Make the Yul-tide gay, From now on, Our troubles will be miles away. Here we are as in olden days, Happy golden days of yore. Faithful friends who are dear to us Gather near to us once more. Through the years we all will be together If the Fates allow Hang a shining star upon the highest bough. And have yourself a merry little Christmas now"

giovedì 22 dicembre 2011

X Men: First Class


art by Come Asfalto

Undici anni fa Bryan Singer diede vita a una delle trilogie più belle degli ultimi vent’anni, quella degli X-Men, gli affascinanti supereroi Marvel, dirigendone i primi due capitoli.
Dopo aver lasciato la regia del terzo episodio a
Brett Retner, Singer torna in veste di produttore, con X-Men: L’inizio (Fist Class), che costituisce il prequel della saga, scavando a fondo nel passato dei protagonisti principali della trilogia, i due nemici giurati per eccellenza, il Professor X (James McAvoy) e Magneto (Michael Fassbender).
Un antagonismo che ha radici lontane nel tempo e che viene oggi approfondito e analizzato per far luce sulle loro diverse visioni del mondo; due visioni diametralmente opposte sulla coesistenza tra mutanti e essere umani: una cinica, cupa e fragile, l’altra idealista, rosea, fiduciosa.
Nel film ci viene raccontato di come Magneto, il
villain per antonomasia della trilogia, figlio di un passato oscuro e di un’umanità crudele, perda fiducia nella tolleranza degli uomini nei confronti dei mutanti, una razza “diversa”, condannata alla discriminazione, vittima di un radicato pregiudizio capace di marchiare a fuoco il loro destino.
L’ambientazione negli anni Sessanta si ritrova nella ricercatezza di scenografie e costumi, divenendo così la cornice ideale a una pellicola che riesce a intrattenere il pubblico andando al di sopra delle aspettative, grazie a una buona sceneggiatura, a una regia, affidata a
Matthew Vaughn, attenta e vivace e alla caratterizzazione dei personaggi accurata, simile, per certi versi, seppur qualche passo indietro, al Batman Begins di Nolan.

"In te c'è molto più di quanto sai, non solo rabbia e dolore, c'è anche del bene l'ho sentito e quando saprai dominare tutto questo avrai un potere che nessuno potrà eguagliare, nemmeno io"


Recensione pubblicata su Cubovision.it

mercoledì 21 dicembre 2011

It’s a wonderful life, isn’t it? Click.

Tutti noi almeno una volta nella vita, avremmo voluto fermare il tempo, catturare un determinato momento, viverlo ancora una volta, mandarlo avanti e indietro all’infinito per non perdere quell’emozione, quella gioia immensa, e tenerla per sempre nel nostro cuore.
Proteggere quell’attimo di infinito, e non lasciarlo fuggire via.
E chi invece non hai mai desiderato tornare indietro nel tempo, per cambiare le carte in tavola e magari non commettere alcuni errori? Chi non vorrebbe riavvolgere il nastro?
Premere il bottone stop quando magari non si è capaci di compiere la scelta giusta, per guadagnare un po’ di tempo, e riflettere attentamente su come agire.
Spingere il rewind per riabbracciare persone perse di vista per un’ultima volta, o dire addio a quelle che la vita ci ha violentemente portato via. O il fast forward per mandare avanti i momenti tristi, le situazioni spiacevoli.
Avere in dono un telecomando con cui rivoluzionare la nostra vita, per ricominciare daccapo laddove possibile, modificare il corso degli eventi o andare alla disperata ricerca di una seconda chance.

Questo lo spunto di
Cambia la tua vita con un click (Click) pellicola del 2006 interpretata, da un (sempre) ottimo Adam Sandler e diretta da Frank Coraci.
Una commedia gradevole e poco pretenziosa, che parte da uno spunto interessante e originale, per cadere purtroppo, nella seconda parte, nel trionfo della banalità.
Il vizio hollywoodiano di concludere la maggior parte dei film con un severo happy ending, spesso penalizza pellicole che con un finale alternativo, invece, avrebbero convinto maggiormente, senza cadere in noiosi qualunquismi o retorica di bassa lega.
Convincente Sandler, adatto e credibile nel ruolo, azzeccate due o tre gag esilaranti, e ottima l’idea alla base del film, ripresa senza fronzoli da
La vita è meravigliosa, capolavoro di Frank Capra del 1946, rivisitato qui in chiave moderna, con un angelo “tecnologico” al posto di quello con le ali.

Certo è che, se l’occasione che nel film viene offerta al personaggio di Sandler l’avessero invece offerta a me, l’avrei sicuramente sfruttata in maniera diversa: avrei fatto tesoro di una chance del genere, avrei approfittato di un simile regalo, senza ombra di dubbio.
Con un telecomando tra le mani con cui gestire la mia vita, avrei davvero conquistato le stelle a quest’ora.


"Signore, se porterò a buon fine questa missione, [...] potrei avere poi le ali? Sono più di duecento anni che le sto aspettando, e già si comincia a mormorare"

sabato 17 dicembre 2011

Stracult&Stracotti: Homeland e Gossip Girl

Stracult e Stracotti - …ovvero la serie che questa settimana va su e quella che inevitabilmente va giù. Parola di Stargirl!

Stracult della settimana? Homeland, il nuovodrama-thriller targato Showtime, che si fa carico di raccogliere l’eredità (e i fan) di 24. E non è un caso che lo show, ispirato alla seri e israeliana Hatufim, vanti alla produzione Howard Gordon e Alex Gansa, sceneggiatori e produttori proprio della serie con Kiefer Sutherland. Stavolta però, non c’è nessun Jack Bauer a salvare il mondo, ma un personaggio che è quasi il suo opposto: Carrie Mathison (Claire Danes), una donna profondamente insicura ed emotivamente instabile. La sua storia inizia in Iraq, in seguito a un’operazione non autorizzata che la porta a scoprire che un soldato americano milita fra le fila di Al-Qaeda: qualche mese dopo, durante un raid della Delta Force, viene ritrovato in un bunker Nicholas Brody (Damian Lewis), sergente dei marines, prigioniero dei terroristi dal 2003. Possibile che sia lui la talpa di cui era venuta a conoscenza Carrie? Insieme al suo mentore, Saul Berenson (Mandy Patinkin), la donna comincerà una lunga battaglia per scoprire quali e quanti segreti nasconda il sergente Brody e sventare un presunto attacco terroristico sul suolo americano. Grazie a una regia adrenalinica quanto basta, una caratterizzazione dei personaggi azzeccata e una sceneggiatura senza sbavature, la tv sembra finalmente aver trovato un “nuovo” 24: slegato dai vincoli temporali di Jack Bauer e soci, Homeland può permettersi infatti di giocare con gli spettatori regalando colpi di scena e cambi di prospettiva tanto avvincenti quanto credibili.

Stracotto definitivamente, senza riserve né speranze, e soprattutto senza ombra di dubbio, Gossip Girl: lo show della CW, giunto a metà della quinta stagione, dimostra col passare del tempo, di essere arrivato definitivamente al capolinea. Non c’è capo né coda nella serie: ogni storyline risulta ormai slegata dalle altre, senza un filo logico che crei continuità e con unplot spesso assurdo.Situazioni paradossali e surreali, ai limiti del ridicolo, riempiono puntate noiose e interminabili, totalmente prive senso e ragion d’essere. Le storie d’amore frivole e superficiali di Serena (Blake Lively) esasperano lo spettatore, le sue moine irritanti da gatta morta danno il colpo di grazia; i capricci di Blair (Leighton Meester) e la sua infinita e tediosa relazione con Chuck (Ed Westwick) non divertono né emozionano più, e anche i pettegolezzi della blogger che dà il nome alla serie, sono privi di ogni logica. Non c’è più nulla da raccontare, niente con cui sorprendere o coinvolgere il pubblico: Gossip Girl segue il triste esempio di altri teen-drama, su tutti One Tree Hill, che all’ennesima stagione priva di contenuti, farebbero meglio a chiudere i battenti anziché trascinarsi avanti miseramente cancellando ciò che di buono avevano costruito nel corso degli anni.

giovedì 15 dicembre 2011

Golden Globes 2012: nomination serie tv

Svelati oggi i candidati ai prossimi Golden Globes, giunti alla 69esima edizione.
Ecco le nomination per quanto riguarda le serie tv, per i premi assegnati dai giornalisti della stampa estera dell’
Hollywood Foreign Press Association (HFPA).

Nell’attesa di scoprire i vincitori, il 15 gennaio del nuovo anno, ecco le mie preferenze (in grassetto)
Sono curiosa di scoprire le vostre!

Serie drama
American Horror Story
Boardwalk Empire
Boss
Game of Thrones
Homeland

Serie comedy
Enlightened
Episodes
Glee
Modern Family
New Girl

Attrice serie drama
Claire Danes, Homeland
Mireille Enos, The Killing
Julianna Margulies, The Good Wife
Madeleine Stowe, Revenge
Callie Thorne, Necessary Roughness

Attore serie drama
Steve Buscemi, Boardwalk Empire
Bryan Cranston, Breaking Bad
Kelsey Grammer, Boss
Jeremy Irons, The Borgias
Damian Lewis, Homeland

Attrice serie comedy
Laura Dern, Enlightened
Zooey Deschanel, New Girl
Tina Fey, 30 Rock
Laura Linney, The Big C
Amy Poehler, Parks and Recreation

Attore serie drama
Alec Baldwin, 30 Rock
David Duchovny, Californication
Johnny Galecki, The Big Bang Theory
Thomas Jane, Hung
Matt LeBlanc, Episodes

Miniserie/Tv movie
Cinema Verite
Downton Abbey
The Hour
Mildred Pierce
Too Big To Fail

Attrice miniserie/tv movie
Romola Garai, The Hour
Diane Lane, Cinema Verite
Elizabeth McGovern, Downton Abbey
Emily Watson, Appropriate Adult
Kate Winslet, Mildred Pierce

Attore miniserie/tv movie
Hugh Bonneville, Downton Abbey
Idris Elba, Luther
William Hurt, Too Big to Fail
Bill Nighy, Page 8
Dominic West, The Hour

Attrice non protagonista – serie, miniserie o tv movie
Jessica Lange, American Horror Story
Kelly Macdonald, Boardwalk Empire
Maggie Smith, Downton Abbey
Sofia Vergara, Modern Family
Evan Rachel Wood, Mildred Pierce

Attore non protagonista – serie, miniserie o tv movie
Peter Dinklage, Game of Thrones
Paul Giamatti, Too Big to Fail
Guy Pearce, Mildred Pierce
Tim Robbins, Cinema Verite
Eric Stonestreet, Modern Family

mercoledì 14 dicembre 2011

Quel Diavolo veste Prada che non passa mai di moda


Tratto dal celebre (e omonimo) romanzo autobiografico di Lauren Weisberger, Il Diavolo veste Prada è una delle migliori commedie americane degli ultimi anni, interpretato da una strabiliante Meryl Streep nei panni dell’algida Miranda Priestley, una sorta di Crudelia Demon della moda, e dall’incantevole Anne Hathaway, in quelli di Andy Sachs, un’ingenua aspirante giornalista.
Catapultata nel “girone infernale” delle fashion victim nella redazione della rivista glam, Runaway, la timida Andy si ritrova di punto in bianco e fresca di laurea, a combattere con colleghe arriviste e nemiche giurate dei carboidrati, antipatiche top model taglia zero, trampoli firmati Manolo Blahnik e cappuccini di soia
a-porter.
Un mondo dorato e illusorio quello della moda, crudele e spietato come la perfida Miranda, personaggio esplicitamente ispirato a quello dell’irraggiungibile Anne Wintour, direttrice del più autorevole fashion magazine d’oltreoceano, Vogue.
Con la giusta dose di ironia e leggerezza, la pellicola ci conduce nei meandri del mondo della moda, mettendone in luce pregi e (soprattutto) difetti, con un ritmo incalzante e divertente, interessanti spunti di riflessione e l’ottima regia di David Frankel, esperto del “settore”, poiché già dietro la macchina da presa in numerosi episodi di Sex and The City, un must del genere.
Una fiera delle vanità in chiave moderna, una fotografia ironica e a tratti dissacrante di un universo da noi lontano, ma nonostante tutto più che accessibile, che nasconde, sotto le apparenze patinate, una realtà tutt’altro che idilliaca.


Recensione pubblicata su Cubovision


"Ok, ora Chanel, hai un disperato bisogno di Chanel"

"La signora Priestley non c'è ora, vuole lasciarle un messaggio? Ok, va bene… Gabbana si scrive con una B?"

Miranda: Quindi tu non leggi Runway?
Andy: No.
Miranda: E prima di oggi non avevi mai sentito parlare di me?
Andy: No.
Miranda: E non hai la minima idea dello stile, del senso della moda...
Andy: Beh, penso che dipenda da quello che...
Miranda: No, non era una domanda...

lunedì 12 dicembre 2011

Oltre le serie tv? C'è Masterchef!

Che a vincere la prima edizione di Masterchef sia stato il simpatico ed estroso Spyros Theodorisis, poca tecnica ma grandi colpi di genio dietro ai fornelli, ormai è cosa nota e risaputa, e nonostante qualche giorno di ritardo, eccomi qui a scrivere la mia sul talent show rivelazione dell’anno, terminato da giorni.
Altro che reality spazzatura o naufraghi affamati, altro che ugole d’oro (versione baby e non) o cambi radicali di look e matrimoni organizzati in pompa magna: la vera novità dell’anno, lo show di cui sentiremo parlare ancora per molto molto tempo, è senza dubbio Masterchef.
Appassionati di cucina e non, in questi mesi, si sono lasciati travolgere dall’emozionante e coinvolgente gara ai fornelli che ha visto protagonisti aspiranti cuochi da tutta l’Italia spinti dal cospicuo premio in gara: centomila euro e la possibilità di pubblicare un libro di ricette con RCS.
Casalinghe disperate, studenti, sportivi e giovani cuochi in erba, e chi più ne ha più ne metta, hanno partecipato al talent show di Sky, chi per curiosità, chi per passione vera, dando vita, alla fine dei conti, a una gara divertente e avvincente come poche altre in onda negli ultimi anni.
La cucina è stata un semplice e utile pretesto per attirare spettatori di ogni età e coinvolgerli sin dai primi episodi nelle sfide dei protagonisti, pronti a sudare con loro nel corso di gare frenetiche e complicate, come le mistery box o i pressure test.
Ottimo lo stile narrativo dello show che ha sapientemente alternato i confessionali alle sfide vere e proprie, puntando i riflettori ogni settimana sui singoli, creando simpatie e antipatie tra gli sfidanti e col pubblico stesso, ospitando spesso personaggi illustri del settore come
Moreno Cedroni o Gualtiero Marchesi. Azzeccatissimo il trio di giudici chiamati a valutare i piatti degli aspiranti chef, il feroce Joe Bastianich, il più televisivo dei tre nonché copia sbiadita di Gordon Ramsey, il severo ma ironico Carlo Cracco, e Bruno Barbieri il più clemente e affabile tra tutti.
Mastechef unisce tutti gli ingredienti indispensabili per dar vita a un programma televisivo di successo, senza scadere nel kitch dei reality o annoiare con l’interminabile votazione da casa .
Il bello sta proprio in questo: tutto è già deciso e non siamo noi a scegliere, quindi non ci resta che guardare lo spettacolo e sperare che sia il nostro “preferito” a vincere, cambiando idea, inevitabilmente, almeno dieci volte nel corso dei 22 episodi.
Masterchef dimostra che oltre ai grandi film e alle serie tv, in giro c’è ancora qualche programma per cui valga la pena accendere la televisione, a dispetto di chi crede che in tv ci sia solo spazzatura ormai e di chi pensa che trascorrere una serata a casa sul divano davanti al piccolo schermo sia solo un’enorme perdita di tempo.
L’unico suggerimento che mi viene in mente per la prossima edizione, è di prepararsi a spaghettate di mezzanotte, perché oltre a creare dipendenza, lo show mette anche un certo appetito!

venerdì 9 dicembre 2011

Rio: film per i più piccini

Dimenticate il freddo polare e i paesaggi innevati della trilogia de L’Era Glaciale, o il mondo in miniatura di Ortone e il mondo dei Chi, stavolta la casa di produzione Blue Sky Studios infatti, ci condurrà nell’incontaminato e coloratissimo Brasile!

Rio, divertente e frizzante film d’animazione scritto e diretto da Carlos Saldanha, racconta la storia di Blu, l’ultimo esemplare di una rarissima specie di pappagalli, strappato dal suo paese d’origine da alcuni contrabbandieri di animali esotici, e trapiantato in Minnesota. Adottato e cresciuto dalla timida libraia Linda, Blu, goloso di latte e biscotti, è un pappagallo atipico e incapace di volare. Scoperta l’esistenza della pappagallina femmina Jewel nella foresta amazzonica, per far sì che la sua specie non si estingua, Blu vola quindi a Rio de Janeiro, città che finisce per divenire l’altra grande protagonista, per un’avventura mozzafiato.

Una storia semplice, sul modello narrativo tradizionale delle storie per i più piccini, senza doppi sensi o citazioni per cinefili sparse qua e là riservate a un pubblico adulto: Rio è un film per bambini arricchito da un’ambientazione irresistibile, una terra colorata e variopinta, dalle splendide musiche di Jorge Ben e da sequenze coreografiche degne del miglior musical. È un vivace e spensierato inno alla vita, un vero e proprio omaggio alla cultura brasiliana e a una città viva e calda, per nulla stereotipata. Un livello tecnico di animazione altissimo, reso impeccabile dal 3D e dal Ruffle Deformer, uno strumento innovativo per il rendering delle piume, rende Rio un piccolo gioiello tra i film d’animazione degli ultimi anni.

Recensione pubblicata su Cubovision