Il food ha invaso la tv: ovunque guardi, trovi un programma
di cucina ad aspettarti.
Tra un’ossessione insolita, un matrimonio da
organizzare, un look da rifare o un bambino pestifero da tenere a bada, la
televisione è diventata la vetrina ideale per mostrare piatti della tradizione
culinaria di tutto il mondo.
Tutto iniziò qualche anno fa con l’inimitabile Gordon Ramsay
che con il suo Hell’s Kitchen prima e Masterchef poi, ha dato il via a un vera
e propria moda, sfociata in Cucine da Incubo, e il successivo spinoff dedicato
agli Hotel.
In Italia c’è voluto tempo perché la moda del food invadesse
la tv: agli albori c’erano Cortesie per gli ospiti e L’Ost, Cuochi e fiamme e
altri programmi meno conosciuti, fino ad arrivare a La prova del cuoco della
Clerici e alle rubriche di Benedetta Parodi, l’idolo delle casalinghe nostrane.
Negli ultimi due anni, il proliferare di programmi dedicati al food è cresciuto
a vista d’occhio, non solo Masterchef in tutte le sue varianti (Australia,
inghilterra, India), ma una quantità inestimabile di show più o meno divertenti
e interessanti dedicati al cibo, da Eat Street a Man vs. Food, da I
ristoranti più pazzi del mondo fino a Orrori da gustare con il mitico Andrew
Zimmern.
L’incredibile successo di Mastechef Italia poi, non ha fatto
che alimentare la “febbre da food”, spostando però l’attenzione dalla cucina
più “popolare” a quella più modaiola, complici i giudici coinvolti, cuochi
rinomati di ristoranti per lo più inaccessibili.
È giunta però l’ora di dire basta agli chef stellati, ai loro piatti scarni e
scenografici al dubbio gusto e dal nome altezzoso.
È arrivato il momento di smetterla di riempirsi la bocca con
pietanze quasi impossibili da realizzare o che costano un occhio della testa,
come la cipolla glassata di Oldani, l’uovo di Cracco o le tagliatelle al gratin
di Barbieri.
Bisogna iniziare a mangiare seriamente.
Se già un piccolo passo avanti è stato fatto con la versione nostrana di Cucine
da Incubo e lo chef Antonino Cannavacciuolo (il suo “addios” è ormai un
tormentone), più concreto e senza dubbio meno snob dei suoi colleghi più
famosi, il vero passo avanti può compierlo solo il nuovo programma di Dmax,
Unti e Bisunti.
Dimenticate il fare altezzoso di Oldani, lo sguardo di
ghiaccio di Cracco o il cinismo di Joe Bastianich e preparatevi a conoscere Gabriele Rubini
alias Chef Rubio, che vi trascinerà tra lo street food più calorico e ricco di
grassi che ci sai. Unto e bisunto, per l'appunto.
Baffi alla Salvador Dalì, look hipster che più hipster non
si può, tatuaggi (splendidi) che gli ricoprono braccia, collo e dita, accento
romanesco e sguardo beffardo: questo è Rubio.
Un cuoco anomalo, diverso da
tutti gli altri, senza dubbio eccentrico (quale chef non lo è?), simpatico come
pochi, e perché no, anche parecchio affascinante.
È l’altra faccia del food, quella più verace, sfiziosa, corposa.
Rubio è l’anti “finger food” anche se lui con le dita ci mangia nel vero senso
della parola.
Al diavolo ostriche e ingredienti esotici, lui sfida la
tradizione: il fritto alla romana, il panino con la milza palermitano, il
cacciucco livornese, le rane in umido che cucinano a Bologna.
Rubio i cuochi li sfida per e strade italiane, da Nord a
Sud, tra pentole incrostate, e friggitrici belle unte e taglieri sporchi di
grasso.
Mangia con le mani e se ne frega se gli resta incastrato un
pezzetto di cibo tra i denti, al massimo ci beve su un goccio di birra per
digerire meglio, o spruzza sulle pietanze un po’ di limone perché “sgrassa”.
Masticazione accentuata, fare provocatorio, sguardo furbetto:
lo Chef Rubio non è solo “chiacchiere e distintivo”, lui le mani, a differenza
di molti suoi colleghi, se le sporca davvero, ma lo fa con stile.
Uno stile
davvero unico se vogliamo.
Nulla è casuale in Unti e Bisunti, e nonostante la parvenza “popolana”, Rubio
ha fascino da vendere.