There's no point to any of this. It's all just a... a random lottery of meaningless tragedy and a series of near escapes. So I take pleasure in the details. You know... a Quarter-Pounder with cheese, those are good, the sky about ten minutes before it starts to rain, the moment where your laughter become a cackle... and I, I sit back and I smoke my Camel Straights and I ride my own melt.
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lunedì 8 luglio 2013

Chef Rubio: unto e bisunto, ma con stile



Il food ha invaso la tv: ovunque guardi, trovi un programma di cucina ad aspettarti. 
Tra un’ossessione insolita, un matrimonio da organizzare, un look da rifare o un bambino pestifero da tenere a bada, la televisione è diventata la vetrina ideale per mostrare piatti della tradizione culinaria di tutto il mondo.
Tutto iniziò qualche anno fa con l’inimitabile Gordon Ramsay che con il suo Hell’s Kitchen prima e Masterchef poi, ha dato il via a un vera e propria moda, sfociata in Cucine da Incubo, e il successivo spinoff dedicato agli Hotel.
In Italia c’è voluto tempo perché la moda del food invadesse la tv: agli albori c’erano Cortesie per gli ospiti e L’Ost, Cuochi e fiamme e altri programmi meno conosciuti, fino ad arrivare a La prova del cuoco della Clerici e alle rubriche di Benedetta Parodi, l’idolo delle casalinghe nostrane.
Negli ultimi due anni, il proliferare di programmi dedicati al food è cresciuto a vista d’occhio, non solo Masterchef in tutte le sue varianti (Australia, inghilterra, India), ma una quantità inestimabile di show più o meno divertenti e interessanti dedicati al cibo, da Eat Street a Man vs. Food, da I ristoranti più pazzi del mondo fino a Orrori da gustare con il mitico Andrew Zimmern.
L’incredibile successo di Mastechef Italia poi, non ha fatto che alimentare la “febbre da food”, spostando però l’attenzione dalla cucina più “popolare” a quella più modaiola, complici i giudici coinvolti, cuochi rinomati di ristoranti per lo più inaccessibili.
È giunta però l’ora di dire basta agli chef stellati, ai loro piatti scarni e scenografici al dubbio gusto e dal nome altezzoso.
È arrivato il momento di smetterla di riempirsi la bocca con pietanze quasi impossibili da realizzare o che costano un occhio della testa, come la cipolla glassata di Oldani, l’uovo di Cracco o le tagliatelle al gratin di Barbieri.
Bisogna iniziare a mangiare seriamente.
Se già un piccolo passo avanti è stato fatto con la versione nostrana di Cucine da Incubo e lo chef Antonino Cannavacciuolo (il suo “addios” è ormai un tormentone), più concreto e senza dubbio meno snob dei suoi colleghi più famosi, il vero passo avanti può compierlo solo il nuovo programma di Dmax, Unti e Bisunti.

Dimenticate il fare altezzoso di Oldani, lo sguardo di ghiaccio di Cracco o il cinismo di Joe Bastianich e preparatevi a conoscere Gabriele Rubini alias Chef Rubio, che vi trascinerà tra lo street food più calorico e ricco di grassi che ci sai. Unto e bisunto, per l'appunto.
Baffi alla Salvador Dalì, look hipster che più hipster non si può, tatuaggi (splendidi) che gli ricoprono braccia, collo e dita, accento romanesco e sguardo beffardo: questo è Rubio
Un cuoco anomalo, diverso da tutti gli altri, senza dubbio eccentrico (quale chef non lo è?), simpatico come pochi, e perché no, anche parecchio affascinante.
È l’altra faccia del food, quella più verace, sfiziosa, corposa. Rubio è l’anti “finger food” anche se lui con le dita ci mangia nel vero senso della parola.
Al diavolo ostriche e ingredienti esotici, lui sfida la tradizione: il fritto alla romana, il panino con la milza palermitano, il cacciucco livornese, le rane in umido che cucinano a Bologna.
Rubio i cuochi li sfida per e strade italiane, da Nord a Sud, tra pentole incrostate, e friggitrici belle unte e taglieri sporchi di grasso.
Mangia con le mani e se ne frega se gli resta incastrato un pezzetto di cibo tra i denti, al massimo ci beve su un goccio di birra per digerire meglio, o spruzza sulle pietanze un po’ di limone perché “sgrassa”.
Masticazione accentuata, fare provocatorio, sguardo furbetto: lo Chef Rubio non è solo “chiacchiere e distintivo”, lui le mani, a differenza di molti suoi colleghi, se le sporca davvero, ma lo fa con stile. 
Uno stile davvero unico se vogliamo.
Nulla è casuale in Unti e Bisunti, e nonostante la parvenza “popolana”, Rubio ha fascino da vendere.


lunedì 12 dicembre 2011

Oltre le serie tv? C'è Masterchef!

Che a vincere la prima edizione di Masterchef sia stato il simpatico ed estroso Spyros Theodorisis, poca tecnica ma grandi colpi di genio dietro ai fornelli, ormai è cosa nota e risaputa, e nonostante qualche giorno di ritardo, eccomi qui a scrivere la mia sul talent show rivelazione dell’anno, terminato da giorni.
Altro che reality spazzatura o naufraghi affamati, altro che ugole d’oro (versione baby e non) o cambi radicali di look e matrimoni organizzati in pompa magna: la vera novità dell’anno, lo show di cui sentiremo parlare ancora per molto molto tempo, è senza dubbio Masterchef.
Appassionati di cucina e non, in questi mesi, si sono lasciati travolgere dall’emozionante e coinvolgente gara ai fornelli che ha visto protagonisti aspiranti cuochi da tutta l’Italia spinti dal cospicuo premio in gara: centomila euro e la possibilità di pubblicare un libro di ricette con RCS.
Casalinghe disperate, studenti, sportivi e giovani cuochi in erba, e chi più ne ha più ne metta, hanno partecipato al talent show di Sky, chi per curiosità, chi per passione vera, dando vita, alla fine dei conti, a una gara divertente e avvincente come poche altre in onda negli ultimi anni.
La cucina è stata un semplice e utile pretesto per attirare spettatori di ogni età e coinvolgerli sin dai primi episodi nelle sfide dei protagonisti, pronti a sudare con loro nel corso di gare frenetiche e complicate, come le mistery box o i pressure test.
Ottimo lo stile narrativo dello show che ha sapientemente alternato i confessionali alle sfide vere e proprie, puntando i riflettori ogni settimana sui singoli, creando simpatie e antipatie tra gli sfidanti e col pubblico stesso, ospitando spesso personaggi illustri del settore come
Moreno Cedroni o Gualtiero Marchesi. Azzeccatissimo il trio di giudici chiamati a valutare i piatti degli aspiranti chef, il feroce Joe Bastianich, il più televisivo dei tre nonché copia sbiadita di Gordon Ramsey, il severo ma ironico Carlo Cracco, e Bruno Barbieri il più clemente e affabile tra tutti.
Mastechef unisce tutti gli ingredienti indispensabili per dar vita a un programma televisivo di successo, senza scadere nel kitch dei reality o annoiare con l’interminabile votazione da casa .
Il bello sta proprio in questo: tutto è già deciso e non siamo noi a scegliere, quindi non ci resta che guardare lo spettacolo e sperare che sia il nostro “preferito” a vincere, cambiando idea, inevitabilmente, almeno dieci volte nel corso dei 22 episodi.
Masterchef dimostra che oltre ai grandi film e alle serie tv, in giro c’è ancora qualche programma per cui valga la pena accendere la televisione, a dispetto di chi crede che in tv ci sia solo spazzatura ormai e di chi pensa che trascorrere una serata a casa sul divano davanti al piccolo schermo sia solo un’enorme perdita di tempo.
L’unico suggerimento che mi viene in mente per la prossima edizione, è di prepararsi a spaghettate di mezzanotte, perché oltre a creare dipendenza, lo show mette anche un certo appetito!