There's no point to any of this. It's all just a... a random lottery of meaningless tragedy and a series of near escapes. So I take pleasure in the details. You know... a Quarter-Pounder with cheese, those are good, the sky about ten minutes before it starts to rain, the moment where your laughter become a cackle... and I, I sit back and I smoke my Camel Straights and I ride my own melt.

domenica 10 marzo 2013

Arrow: top o flop?



Oliver Queen è un trentenne ricco, viziato e arrogante. 
Figlio di un magnate miliardario ed erede di un patrimonio illimitato, durante un tragico incidente in barca, viene dato per disperso e successivamente, per morto. 
Dopo cinque, lunghissimi anni, viene rivenuto, allo stato brado e psicologicamente piuttosto confuso, su un’isola deserta e riportato alla sua vera vita. Qualcosa però in lui è cambiata e, nonostante di giorno continui  a vestire i panni del rampollo della famiglia Queen, avido, irriverente e arrivista, di notte, come ogni super eroe che si rispetti, Oliver si trasforma in Freccia Verde, pronto a combattere contro il marcio della società moderna. 
Cappuccio in testa e arco tra le mani, nel più classico e banale degli stilemi del genere, il protagonista ruba, o meglio, punisce i ricchi, per aiutare i poveri.
Questa, in breve, la trama di Arrow, nuova serie in partenza domani sera, in esclusiva, su Italia1 con una doppia puntata.
Creata da Greg Berlanti, Marc Guggenheim e Andrew Kreisberg, lo show si ispira a Green Arrow, serie a fumetti della DC Comics, ed è trasmesso negli Stati Uniti dalla CW, network già teatro delle avventure di un altro giovane supereroe, il Clark Kent di Smallville.
Nei panni di Oliver Queen, l’ex fotomodello Stephen Amell, circondato da altri volti più o meno noti del piccolo schermo, Katie Cassidy, Colin Donnell, David Ramsey.
Definita da molti come “la serie rivelazione dell’anno”, Arrow si rivela, a mio avviso, debole sotto molteplici punti di vista: dalla sceneggiatura piuttosto prevedibile e ripetitiva, alla struttura narrativa fiacca e spesso poco persuasiva.
Confermata per un’intera stagione (rispetto ai 13 episodi commissionati inizialmente al network), la serie è l’emblema di come a volte, un prodotto poco convincente ma in grado di attirare intorno a sé una modesta stregua di fedeli spettatori, riesca ad affermarsi e guadagnarsi un posto nel palinsesto statunitense, a discapito di altre serie meritevoli, alle quali invece, la chance di proseguire viene negata dopo una manciata di episodi appena.