There's no point to any of this. It's all just a... a random lottery of meaningless tragedy and a series of near escapes. So I take pleasure in the details. You know... a Quarter-Pounder with cheese, those are good, the sky about ten minutes before it starts to rain, the moment where your laughter become a cackle... and I, I sit back and I smoke my Camel Straights and I ride my own melt.

lunedì 9 febbraio 2015

BAFTA 2015: l'elenco completo dei vincitori


Si sono tenuti ieri sera, alla Royal Opera House di Londra, gli Oscar inglesi, i BAFTA, assegnati dalla British Academy of Film and Television Arts.
A trionfare, nonostante le numerose nomination di Birdman, The Imitation Game e La teoria del tutto, è stato Boyhood di Richard Linklater, che si è portato a casa i premi come miglior film, regia e attrice non protagonista.
Incetta di statuine per Grand Budapest Hotel di Wes Anderson, che oltre al premio come miglior sceneggiatura originale, si è aggiudicato riconoscimenti per lo più tecnici (trucco, colonna sonora, scenografie, costumi).

Di seguito l’elenco completo di tutti i premi.

FILM
Boyhood

REGISTA
Boyhood – Richard Linklater

ATTORE PROTAGONISTA
Eddie Redmayne – La Teoria del Tutto

ATTRICE PROTAGONISTA
Julianne Moore – Still Alice

SCENEGGIATURA ORIGINALE
Grand Budapest Hotel – Wes Anderson

SCENEGGIATURA ADATTATA
La Teoria del Tutto – Anthony McCarten

ATTORE NON PROTAGONISTA
J.K. Simmons – Whiplash

ATTRICE NON PROTAGONISTA
Patricia Arquette – Boyhood

MIGLIOR FILM INGLESE
La Teoria del Tutto – James Marsh, Tim Bevan, Eric Fellner, Lisa Bruce, Anthony Mccarten

COLONNA SONORA
Grand Budapest Hotel – Alexandre Desplat

DOCUMENTARIO
Citizenfour – Laura Poitras

TRUCCO E PARRUCCO
Grand Budapest Hotel – Frances Hannon

SCENOGRAFIE
Grand Budapest Hotel – Adam Stockhausen, Anna Pinnock

CORTOMETRAGGIO ANIMATO INGLESE
The Bigger Picture Chris Hees, Daisy Jacobs, Jennifer Majka

MONTAGGIO
Whiplash - Tom Cross

SUONO
Whiplash – Thomas Curley, Ben Wilkins, Craig Mann

FILM ANIMATO
The Lego Movie – Phil Lord, Christopher Miller

EFFETTI VISIVI
Interstellar - Paul Franklin, Scott Fisher, Andrew Lockley

FOTOGRAFIA
Birdman – Emmanuel Lubezki

MIGLIOR DEBUTTO PER UNO SCENEGGIATORE, REGISTA O PRODUTTORE INGLESE
Stephen Beresford (sceneggiatore), David Livingstone (Producer) – Pride

MIGLIOR FILM NON IN LINGUA INGLESE
Ida – Pawel Pawlikowski, Eric Abraham, Piotr Dzieciol, Ewa Puszczynska

COSTUMI
Grand Budapest Hotel – Milena Canonero

venerdì 6 febbraio 2015

Parenthood: l'addio strappalacrime dopo sei stagioni


Il 2 marzo 2010, la NBC trasmetteva l’episodio pilota di Parenthood, il family drama incentrato sulle vicissitudini della famiglia Braverman.
La serie, ideata da Jason Katims e ispirata all’omonimo film di Ron Howard (1989), si è conclusa il 29 gennaio scorso dopo sei stagioni.
Acclamato negli anni da una discreta fetta di pubblico, lo show ha alternato nel corso del tempo stagioni entusiasmanti ad altre un po’ sottotono, sopravvivendo in maniera altalenante anche negli ascolti, per cinque lunghi anni.
La sesta e ultima stagione non brillato per originalità e si è conclusa in maniera piuttosto sbrigativa e per alcuni versi un po’ superficiale. Non sono mancati però momenti estremamente commoventi e toccanti, caratteristica imprescindibile della serie.
La famiglia Braverman ha sempre saputo emozionarci, strapparci sorrisi, lacrime, veri e propri singhiozzi a volte. Si è sempre distinta per essere “una famiglia normale”, non necessariamente sopra le righe come i Gallagher (Shameless), né troppo melensa.
Senza discostarsi mai troppo da situazioni e atteggiamenti “politically correct”, i Braverman ci hanno fatto entrare nelle loro case, sedere sul loro divano e condividere insieme momenti di vita quotidiana, contraddistinta da problemi comuni, vicinissimi a quelli che incontriamo ogni giorno nelle vita reale.
Assistere a un episodio di Parenthood è sempre assomigliato al sedersi a tavola con i propri parenti per una cena di famiglia: fiumi di chiacchiere, risate, incomprensioni con eventuali discussioni o litigi annessi, sempre però senza oltrepassare il limite della buona educazione.
Zeek e Camile, con i loro figli Adam, Julia, Sarah e Crosby e annesse famiglie, sono entrati a loro volta nelle nostre di case e per cinque anni ci hanno tenuti legati alle loro storie.
Alle volte abbiamo preso le parti di uno, altre volte dell’altra, proprio come nella vita reale.
Ognuno di loro ha saputo emozionarci, e per quanto mi riguarda, non sono mai riuscita ad arrivare alla fine di un episodio della serie senza commuovermi a più non posso.
La series finale non è stata da meno: la puntata si è aperta con l’attesissimo matrimonio tra Sarah e Hank, per concludersi con la morte di Zeek, che noi spettatori aspettavamo ormai da inizio stagione.
Ottima la scelta degli autori di non calcare ulteriormente la mano sulla dipartita del capofamiglia, nell’aria già da troppo tempo per essere portata ancora più all’estremo, e forse un po’ furbetta la scelta di mostrarci, attraverso alcuni flash forward, il futuro dei personaggi.
Fatto sta che, seppur buonista o troppo “volemose bene”, questo finale ci ha regalato ciò che ci aspettavamo e che anzi, quasi pretendevamo da questa serie: un sorriso, qualche lacrima, un lieto fine infiocchettato e perfetto.
Forse è stato troppo rose e fiori se paragonato alla realtà, ma sempre di finzione si tratta qui, quindi per una volta, prendiamoci una series finale così, senza troppe complicazioni.
Consumiamo il nostro pacchettino di kleenex senza fare troppo gli snob e archiviamo Parenthood in un cassetto, tra le serie più vere e commoventi di tutti i tempi.