There's no point to any of this. It's all just a... a random lottery of meaningless tragedy and a series of near escapes. So I take pleasure in the details. You know... a Quarter-Pounder with cheese, those are good, the sky about ten minutes before it starts to rain, the moment where your laughter become a cackle... and I, I sit back and I smoke my Camel Straights and I ride my own melt.
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sabato 25 febbraio 2012

Stracult e Stracotti: Happy Endings vs. Glee


Stracult e Stracotti - …ovvero la serie che questa settimana va su e quella che inevitabilmente va giù. Parola di Stargirl per Telefilm Cult!

Molte sitcom riescono a lasciare il segno nel cuore dei fan, basta guardare The Big Bang Theory per esempio. Altre scivolano via piuttosto inosservate, come nel caso di I Hate My Teenage Daughter, poiché fin troppo banali per riuscire a riscuotere il benché minimo successo. Certo, eguagliare il successo di Friends, a volte sembra addirittura impossibile, ma può capitare, proprio come è inaspettatamente successo a me, di imbattersi in alcune serie poco conosciute ma incredibilmente deliziose. Così è stato con Happy Endings, Stracult della settimana, una delle tante comedy sui twenty something a cui è davvero difficile resistere. Creata da Dave Caspe e in onda sulla Abc, mentre negli States la serie si avvicina al gran finale della seconda stagione, in Italia ha cominciato a spopolare già dopo pochi episodi della prima stagione.
Nel classico e collaudato schema delle sitcom, Happy Endings si concentra su un variegato gruppetto di amici che davanti a un drink, un caffè o un brunch, si confrontano, consolano e a volte rassicurano, su gioie e dolori della vita quotidiana, problemi affettivi, lavorativi e familiari. L’arma vincente, seppur apparentemente banale, è il tipico quadretto delle sitcom da cha anni diverte e intrattiene il pubblico dei “20 in su” con gag e battute spesso ciniche e beffarde, coadiuvato da un cast di tutto rispetto e da personaggi ben caratterizzati e in perfetta armonia l’uno con l’altro.
Happy Endings non è per niente politically correct, è esilarante e genuino, seppur magari meno originale rispetto a comedy di successo come How I Met Your Mother, solo per citarne una.
Il ritmo veloce e scattante, rende la serie spumeggiante e spiritosa al punto giusto, perfetta per staccare la spina nei momenti “no”.

Per alcune serie tv, un break nel palinsesto, che sia natalizio o primaverile, fa sempre bene, per ritrovare il filo laddove lo si fosse perso, e rispolverare la verve nel caso fosse un po’ fiacca. Guardando Glee, lo Stracotto di oggi, mi rendo conto che però, lo stop che durerà da qui fino al 10 aprile, forse non è neanche sufficiente. Ripercorrendo con la memoria la storia del teen- musical di Ryan Murphy, è facile rendersi conto del forte calo intrapreso già verso l’inizio della seconda stagione al punto in cui si trova ora, ovvero la metà della terza. Nonostante la prima season premiere da urlo, brillante e gloriosa, la serie ha cominciato a mostrare punti di debolezza e forti vuoti e discrepanze nel plot già dal secondo anno, portando all’estremo i piccoli difetti nella stagione attualmente in onda. A prevalere, aldilà delle canzoni e delle ottime performance del cast, sono le storie costruite a casaccio, quasi a random per riempire la durata di un episodio, i personaggi costantemente confusi e incoerenti, e le scelte autoriali decisamente opinabili. Poche le trovate davvero azzeccate, e spesso a prevalere è la noia, dovuta da un susseguirsi di situazioni ripetitive e anche le esigue variazioni sul tema, ormai non bastano più. Facile che poi in molti, si alscino trascinare da quella ventata di freschezza portata da Smash. 

sabato 14 gennaio 2012

Stracult&Stracotti: Shameless US vs. I Hate My Teenage Daughter


Stracult e Stracotti - …ovvero la serie che questa settimana va su e quella che inevitabilmente va giù. Parola di Stargirl su Telefilm Cult


Stracult, senza alcun dubbio stavolta, l’irriverente Shameless US, l’ennesimo gioiello firmato Showtime, dopo perle quali Weeds, Dexter, The Big C e Homeland, solo per citarne alcuni. La serie, basata sull’omonima brittanica ideata da Paul Abbot, è partita questa settimana negli USA con la seconda stagione, che viste le premesse, promette fuochi d’artificio. Sullo sfondo di una Chicago suburbana, i protagonisti sono i Gallagher, una famiglia fuori dagli schemi, forse la più insolente, sfrontata, politicamente scorretta degli ultimi tempi sul piccolo schermo. Lo straordinario William H. Macy nel ruolo di Frank, padre alcolizzato e scapestrato, è circondato da un cast di attori altrettanto validi, a partire dai più giovani fino ad arrivare a volti noti del cinema, come Emma Rossin, nei panni della favolosa Fiona, e Joan Cusack. Cinica, dissacrante e spesso condita da un umorismo nero, Shameless è senza dubbio una delle migliori novità dello scorso anno, e l’inizio della nuova stagione, non fa che confermare le aspettative di pubblico e critica. Sul filo della dramedy, retta da una sceneggiatura solida e ben strutturata, con i 12 episodi previsti per il 2012 ha la possibilità di confermarsi punta di diamante nel network per questa stagione televisiva.


Stracotta della settimana, la (pseudo) sitcom targata Fox, I Hate My Teenage Daughter, per nulla convincente e soprattutto poco divertente sin dall’inizio.
Annie (Jaime Pressly, My Name is Earl) seria, cattolica e rigorosa, e Nikki (Kati Finneran) ex adolescente obesa e infelice, vogliono disperatamente recuperare il rapporto con le loro figlie teenager, due vere mean girls: popolari, viziate e capricciose, odiose come poche e stereotipate al massimo. Il confronto tra le due generazioni però, non regge e non fa ridere: troppe situazioni estremizzate e gag banali e dal punto di vista narrativo, il nulla.
L’idea alla base tutto sommato sembrava buona, ma la verità nuda e cruda è che le sceneggiatrici Sherry Bilsing e Ellen Kreamer
  non si sono rivelate capaci di creare personaggi interessanti ed esilaranti coi quali identificarsi: le quattro protagoniste non sono spiritose, non suscitano curiosità nello spettatore, né simpatia.
Di fronte a questa “sitcom” si resta impassibili, indifferenti e perplessi: mancano humor e cinismo, e soprattutto quel pizzico di coraggio che dia un senso al titolo, perché di quell’odio, non ce n’è neanche l’ombra! Ogni episodio si conclude con un melenso lieto fine con tanto di morale, e l’obiettivo di portare in scena i conflitti generazionali riletti in chiave comica, fallisce miseramente, perché di comico non c’è davvero niente. Una serie totalmente priva di personalità.