There's no point to any of this. It's all just a... a random lottery of meaningless tragedy and a series of near escapes. So I take pleasure in the details. You know... a Quarter-Pounder with cheese, those are good, the sky about ten minutes before it starts to rain, the moment where your laughter become a cackle... and I, I sit back and I smoke my Camel Straights and I ride my own melt.

sabato 28 aprile 2012

Stracult&Stracotti: un campione va su, una campionessa va giù!


Stracult e Stracotti …ovvero la serie che questa settimana va su e quella che inevitabilmente va giù. Parola di Stargirl su Telefilm Cult!


Lo Stracult della settimana si è concluso il 5 aprile 2011. Nessun errore di battitura, infatti è l’11 gennaio dello scorso anno quando debutta sulla rete televisiva americana FX, Lights Out, uno sport-drama che racconta la storia di Patrick “Lights” Leary un grande campione di boxe, che dopo aver perso ingiustamente il titolo al termine di un incontro ed essersi ritirato dal mondo del pugilato, è costretto a ritornare sul ring per non affondare nel mare di debiti in cui sta sprofondando. La serie si concluse dopo i 13 episodi previsti della prima stagione ma non venne rinnovata a causa di ascolti troppo bassi. Così come il protagonista perde il titolo senza giusta causa, anche Lights Out è stata costretta a chiudere i battenti troppo frettolosamente: per nostra fortuna la serie riesce a trovare una conclusione (seppure con finale aperto) risultando così godibile nel complesso.
Lights Out è una storia dura, sincera e appassionata: è il ritratto onesto di un uomo che si ritrova a fare i conti con i suoi errori. Messo alle corde, Patrick (interpretato da un eccellente Holt McCallany) è costretto a prendere delle decisioni che avranno delle ripercussioni drammatiche sulle persone che ha intorno e sul suo stesso fisico. Se il cinema può vantare pellicole come The Fighter e The Wrestler, il piccolo schermo può andare fiero di questo anti-eroe, tutto cuore, muscoli, rabbia e orgoglio irlandesi.
A poco più di un anno dalla conclusione, lo show viene riproposto  finalmente anche in Italia, a partire dal 29 aprile su Fox, con il titolo Fuori dal Ring (pessimo, come sempre, l’adattamento italiano). Una vera chicca che nessun appassionato del genere, e non, può lasciarsi sfuggire.



Shonda Rhimes è la regina indiscussa del medical drama, questo nessuno può negarlo. Lo ha dimostrato, e continua a farlo brillantemente, con Grey’s Anatomy, ne ha dato conferma con Private Practice e tutto sommato, nonostante i punti deboli del caso, lo ha sottolineato anche con Off The Map.
Stavolta però, la cara Shonda, ha fatto il passo più lungo della gamba e con Scandal, attesissima serie di questa primavera, si è data la zappa sui piedi da sola.
Al centro dello show, Olivia Pope (Kerry Washington), agguerrita avvocatessa di Washington D.C., a capo di una sorta di “task force” di legali, impegnati più a evitare che i loro clienti finiscano in tribunale che non a far sì che la giustizia trionfi. Un gruppo di “gladiatori in giacca e cravatta” come loro stessi amano definirsi, disposti a scendere a compromessi più o meno immorali e a ricattare nemici e clienti, pur di raggiungere i loro scopi.
Avvocati per nulla credibili e convincenti, a partire dalla protagonista stessa, personaggio piatto e prevedibile, fin troppo algido e distaccato per apparire anche un minimo accattivante.
Personaggi freddi e indisponenti, per cui risulta davvero difficile nutrire un briciolo di simpatia, nonostante il cast vanti la presenza di Henry Ian Cusick, il celebre, e tanto amato, Desmond di Lost.
La regia frenetica e i dialoghi rapidi (troppo) e prolissi, non giovano certo alla serie, scadente sotto tutti i punti di vista e dai risvolti inevitabilmente scontati. Stracotta, proprio come Shonda Rhimes al momento. 

mercoledì 25 aprile 2012

Because no matter how painful it is, it’s the only way we grow



Grey's Anatomy - stagione 8 - episodio 20

"It’s one of those things people say - you can’t move on until you’ve let go of the past. Letting go is the easy part; it’s the moving on that’s painful.
So sometimes we fight it.
Try and keep things the same.
Things can’t stay the same, though.
At some point, you just have to let go.
Move on.
Because no matter how painful it is, it’s the only way we grow"


Lasciarsi il passato alle spalle per guardare al futuro, per far sì che i ricordi comincino a sbiadire e riuscire così ad andare avanti senza portarsi dietro rimorsi o rimpianti
Perché in fondo, combattere affinché tutto resti uguale per sempre, è una battaglia persa in partenza.
E capire questo, è il primo passo per voltare pagina.
Lasciar andare ciò che più ci ferisce, o molto più spesso trovarci costretti a separarci per forza di cose da ciò che ci rende felici, è quanto di più doloroso si possa immaginare.
Ma spesso è anche l’unico modo per crescere.
Questo concetto, che a prima vista può sembrare semplice retorica, è al centro di questo episodio di Grey’s Anatomy, The Girl With No Name, ed è spiegato in maniera esemplare dagli sceneggiatori della serie.
Quello che inizialmente può apparire come un discorso meramente qualunquista, è in realtà una verità sacrosanta.
Basta fermarsi a riflettere un attimo per comprenderla pienamente.
Cristina, Meredith e Alex, come ognuno di noi, sono arrivati a un punto in cui è indispensabile fare i conti con loro stessi, capire cosa è veramente importante nella loro vita, far luce su chi o cosa sarebbero disposti a lasciarsi alle spalle prima di intraprendere una nuova strada e iniziare un nuovo cammino.
Un punto di svolta nella loro vita, affettiva e professionale che sia, l’ennesimo nuovo inizio.
Facile per alcuni, più difficile per altri.
Perché trovare il coraggio di compiere determinate decisioni lascia sempre un segno dentro noi stessi, il più delle volte indelebile.
Perché lasciarsi alle spalle persone o situazioni cui siamo profondamente legati, non è mai semplice, anzi.
Tagliare un cordone, metter fine a un rapporto o chiudersi una porta alle spalle, fa tremare il terreno sotto i piedi, toglie il respiro, spaventa più di qualsiasi altra cosa.
Ma il più delle volte è davvero l’unica scelta che ci rimane, per andare avanti.

lunedì 23 aprile 2012

Matthew Perry torna sul piccolo schermo


Risale a pochi giorni fa la notizia tanto attesa da tutti i nostalgici di Friends e Matthew Perry: l’attore che per anni ha prestato il volto al mitico (e indimenticabile) Chandler Bing sta per tornare finalmente sul piccolo schermo.
Dopo Studio 60 on the Sunset Strip, il più recente (e deludente) Mr. Sunshine, e un’apparizione nel corso della terza stagione di The Good Wife, Perry vestirà presto i panni di Ryan King, un cronista sportivo, nella nuova serie della NBC dal titolo Go On.
Uno show ricco di un potenziale talmente forte da convincere il network a ordinare un’intera stagione (13 episodi) un mese prima dell’inizio degli Upfronts 2012-2013.
Una serie comica dai risvolti drammatici (King si ritroverà ad affrontare un lutto sin dal prima episodio infatti), caratterizzata da una sceneggiatura “divertente, toccante ed emozionante” come lo stesso Perry ha dichiarato in un’intervista, firmata da Scott Silveri, showrunner di Friends.
Nel cast al fianco di Matthew troveremo Laura Benanti (Eli Stone, Starved), Julie White (Grace Under Fire), Allison Miller (Terra Nova) e a dirigere l’episodio pilota Todd Holland.
Vista l’ottima intesa tra Perry e Silveri, quest’ultimo ha più volte affermato che “scrivere per lui in Friends è stata una delle più grandi esperienze della mia vita”, i presupposti che Go On diventi una delle migliori novità del prossimo autunno ci sono tutti, non resta che aspettare e sperare in un preair a inizio estate.

sabato 21 aprile 2012

L'altra faccia di New York: Girls


Stracult e Stracotti - …ovvero la serie che questa settimana va su e quella che inevitabilmente va giù. Parola di Stargirl su Telefilm Cult!



Girls, la nuova serie della HBO è l’altra faccia di New York, in tutti i sensi. Incentrato su un gruppo di ragazze poco più che ventenni, sin dalle prime inquadrature, lo show ci fa capire che, se siamo in cerca dell’ennesima serie ambientata a NY, tutta glitter e lustrini, allora è meglio interrompere subito la visione.
Lontani dall’Upper East Side e dal Meatpack District, ci ritroviamo finalmente in una Grande Mela più sobria e moderata del solito.
Non si esce da Manhattan (qualcuno si starà chiedendo: “perché esiste davvero altro fuori di lì?”), ma ci si sposta a Nolita, un quartiere più accessibile, alla portata della middle class, in vecchi appartamenti con la carta da parati macchiata di caffè, gli specchi incrinati e i posaceneri pieni si sigarette spente a metà.
Le protagoniste non hanno un fisico scolpito da top model, né sono bionde e griffate dalla testa ai piedi: sono ragazze dalle più rotonde, con qualche centimetro di ricrescita sui capelli e le spalle tatuate. Certo, alcuni di voi forse così saranno poco invogliati a iniziare Girls, ma io mi schiero a spada tratta dalla sua parte, tanto da dargli il titolo (sulla fiducia) dello Stracult della settimana.
Non ci sono ventenni con le carte di credito illimitate stavolta, né ragazzette viziate con una classe A, ma protagonisti più “reali” che si ritrovano a dover vivere con mille dollari al mese e a lottare col proprio capo nel tentativo di metter fine a uno stage e ottenere uno straccio di contratto al lavoro.
Ci sono meno Gossip Girl o Sex and The City e più How to Make it in America in Girls. Il sesso c’è, ma non è quello acrobatico e passionale che fa Samantha, anzi, e al posto delle Manolo Blahnik e delle Vuitton, ci sono sneakers e jeans impataccati.
Perciò sì, non sarà perfetto questo Girls, ma va apprezzato perché è vero, più di molti altri: è un’altra New York, e come in tutto quello che ci circonda, è il rovescio della medaglia.



Ci sono spin-off e spin-off. Alcuni ben riusciti, è il caso di Private Practice con Grey’s Anatomy per esempio, altri decisamente meno, basta guardare Joey tratto dalla serie madre Friends.
Ci sono poi spin-off venduti come tali, ma che di spin-off non hanno un bel niente, come The Finder.
Lanciato nel diciannovesimo episodio della sesta stagione di Bones e venduto in maniera tale da farci credere che in qualche modo avremmo ritrovato in esso qualcosa della serie ideata da Hart Henson, qualcosa che in realtà, non c’è affatto. Perché The Finder nasce come backdoor pilot e tale rimane. È una (mediocre) serie a sé stante, che nonostante il furbo lancio strategico, non è riuscita a riscuotere gli ascolti sperati neanche con i primi episodi, complici la scarsa qualità della sceneggiatura, il plot privo di brio e fascino e l’accozzaglia di personaggi strampalati e per nulla connessi l’un l’altro. Su tutti il protagonista Walter (Geof Stults), ex militare di guerra oggi in grado di rintracciare oggetti e persone in seguito a un incidente che lo ha reso “speciale”, ma totalmente incapace di convincere il pubblico o suscitare alcun tipo di simpatia. Anche il clima della serie stona su tutti i fronti: il pathos che alcune storyline cercano di trasmettere, è brutalmente smorzato dall’atmosfera “disneyana” del “vogliamoci tutti bene” che regna al termine di ogni episodio.  Decisamente Stracotto.

mercoledì 18 aprile 2012

La AMC ci riprova: Thief of tieves, dal fumetto alla serie tv

Robert Kirkman, dopo l’inarrestabile successo di The Walking Dead, ci riprova, sempre sulla AMC, stavolta con una storia che con gli zombie ha poco da spartire però, Thief of Thieves.
Conrad Paulson conduce una doppia vita: padre assente ed ex marito da una parte, ladro dall’altra. Noto col nome di Redmond nella malavita, è in grado di rubare qualsiasi cosa. Alla lunga però, il suo vizietto, lo porterà a scontrarsi duramente con la sua famiglia, stanca di dover sopportare tutti i rischi che un “mestiere” del genere comporta. Proprio per riuscire a riconciliarsi con la ex di cui è ancora innamorato e per salvare l’esile rapporto che ha con il figlio che conosce appena, Conrad decide di intraprendere la retta via e mettere la testa a posto. Decisione che avrà però vita breve, ma gli permetterà di arginare il danno: Redmond inizierà infatti a rubare soltanto ai ladri, e a comportarsi da thief of tieves, il ladro dei ladri appunto.
Ad aiutare Kirkman nella sceneggiatura,
Chic Eglee, già penna di Dexter, che in merito alla nuova serie ha affermato:
“Proprio come The Walking Dead ha portato in televisione un modo unico e innovativo di raccontare l’horror, penso che Thief of Thieves possa fare la stessa cosa con le heist story, mostrando l’umanità di tutti i personaggi, inclusi i criminali.”
Un obiettivo già brillantemente raggiunto con lo show che ha per protagonista lo strepitoso Michael C. Hall del resto, e che conoscendo Kirkman, sarà ampiamente centrato anche in questa occasione.
Che la AMC abbia trovato la sua gallina dalle uova d’oro?

lunedì 16 aprile 2012

Sark: lo spinoff tra Alias e Lost



Buone notizie per i fan di JJ Abrams, che potranno dormire sonni tranquilli semmai Fringe dovesse chiudere i battenti, perché un nuovo erede potrebbe davvero arrivare stavolta.
Qualche rumor indiscreto lo avevo lasciato intendere già nei mesi scorsi, ma in questi giorni la notizia ha iniziato realmente a prendere corpo e forma: Sark, lo spinoff/crossover tra Lost e Alias è sempre più vicino.
A capo di questo incredibile progetto, il primo che vedrà uno spinoff nascere dalla costola di ben due serie e non una come è accaduto fino a oggi, c’è un giovane regista di origini svedesi ma di formazione inglese, Auguste Ramberg, figlio di Lena Olin, l’Irina Derevko di Alias.
Al centro della serie, ancora in fase di “incubazione” nei cantieri Abc, ovviamente Julian Sark, acerrimo e storico nemico di Sydney Bristow, interpretato dal talentuoso
David Anders che, inutile dirlo, ha abbracciato con entusiasmo l’idea di interpretare uno show dove sarebbe il protagonista indiscusso, e non è da escludere che anche altri membri del vecchio cast possano fare la loro ricomparsa come regular o semplici guest star.
Se il progetto dovesse effettivamente essere sviluppato (teniamo tutte le dita che abbiamo incrociate, grazie), a produrlo sarà la Vandalia Films, casa di produzione di
Jennifer Garner, già dietro la quinta stagione di Alias.
Facile il collegamento con quest’ultima, più complicato quello con
Lost, ma è lo stesso regista a spiegarlo in una delle sue preziose dichiarazioni:
“Per fortuna J.J. ha la mania di usare simboli ricorrenti all’interno dei suoi lavori e questo ci ha permesso di far entrare nella storia la Dharma Initiative, il cui logo appare durante una scena della prima puntata della terza stagione di Alias”
Un punto di congiunzione concreto e per nulla forzato quindi, che farà sì che la Dharma assuma nello show un ruolo di primo piano come avvenne per Rambaldi in Alias. Ramberg afferma inoltre, per fortuna, di non avere alcuna intenzione di fare ulteriori riferimenti all’Isola: “Quella parte non mi interessa, penso sia già stata sviscerata abbastanza in Lost. La linea narrativa della Dharma invece ha ancora molto da offrire”.
Sark dovrebbe vedere la luce all’inizio del 2013, nel corso dei prossimi upfront, scopriremo senza dubbio qualche dettaglio in più.
Con l’hype alle stelle, intanto incorcio le dita.

domenica 15 aprile 2012

It's time to say goodbye

Non abbiamo mai realmente vissuto insieme, forse non è neanche mai rimasta a dormire con me una sola volta, eppure il mio appartamento è pieno di lei. 
Ovunque mi giro, c’è qualcosa pronto a ricordarmi di noi, del tempo trascorso insieme, dei nostri momenti indimenticabili.
Lei vorrebbe che io ricominciassi a vivere la mia vita, senza voltarmi a guardare il passato, senza pensare "a noi".
Da molto, troppo tempo, sto cercando di farle capire che è impossibile riuscirci quando senti che qualcuno fa davvero parte di te.
Ci sono istanti in cui basta poco per tornare indietro con la memoria: quando una persona importante scappa via dalla tua vita, basta un niente per far sì che le lacrime comincino a scendere inesorabilmente.
Un attimo, un ricordo, anche solo una parola o un’immagine.
Ultimamente, mi capita ascoltando la radio: in tutte le canzoni c’è qualcosa di lei, di noi. 

Ogni canzone sembra volermi dire qualcosa.
Altre volte, basta che il mio sguardo si fermi su un piccolo dettaglio racchiuso tra queste quattro mura, per pensare ai suoi occhi, il cui ricordo è ancora vivo e nitido nella mia mente, o al sentimento che ci univa. 

Sento gli occhi bruciare, un nodo salire in gola e il respiro improvvisamente strozzato.
Un capello per terra, una forcina caduta in un angolo, un post-it rosa con degli appunti dimenticato in un cassetto.
A volte mi ripeto che sarebbe più facile chiudere tutto in una scatola e mettere da parte ogni sua traccia.
Altre penso che mi sentirei troppo solo senza quelle piccole cose che ancora ci legano, sparse intorno a me, a riempire la mia vita.
Non mi sento pronto, e forse non lo sarò mai, anche se lei vuole che provi ad andare avanti, a ricucire le ferite, a guardare al futuro.
Questo amore ci ha cambiati fin nel profondo. 

Ha squarciato il nostro cuore, ha fatto sì che sanguinasse e che il dolore ci togliesse a poco a poco l’ossigeno.
Non so cosa potrebbe aiutarci a stare meglio ora, non lo so davvero.
Spesso mi convinco che stare lontani potrebbe essere la soluzione. 

Ma poi mi accorgo di quanto mi manchi realmente la sua pelle, il suo profumo, la sua mano che stringe mia, e allora mi dico che forse stiamo sbagliando tutto.
Del resto, secondo lei questo non è il momento giusto per noi, e a me non resta che aspettare.
Perché in fondo, forse è vero che “sarà il tempo che deciderà”,  e quindi è solo questione di capire cosa il futuro ha in serbo per noi.
In questa lunga attesa però, ciò che più mi spaventa è che è altrettanto vero che un momento a volte può passare in solo istante, ma altre volte, può durare invece tutta un’eternità.

"I just don't want to waste another day
I'm trying to make things right
But you shove it in my face
And all those things you've done to me I can't erase
And I can't keep this inside
It's time to say goodbye"


sabato 14 aprile 2012

Apartment 23 VS Bent: due comedy a confronto


Stracult e Stracotti …ovvero la serie che questa settimana va su e quella che inevitabilmente va giù. Parola di Stargirl su Telefilm Cult!


L’attesa febbrile per Don’t Trust The Bitch in Apartment 23 è finita: il primo episodio, in onda pochi giorni fa sulla Abc, ha riscosso ben 7 milioni di spettatori, un risultato ottimo per la nuova comedy in midseason.
Un cast di tutto rispetto aveva spianato la strada al debutto dello show già parecchi mesi fa, grazie a un trio di attori di grido: James “Dawson” Van Der Beek, Krysten Ritter (6 Degrees, Breaking Bad) e Dreama Walker (The Good Wife, Royal Pains).
Facile per Apartment 23 con un cast del genere, trasformarsi da subito in uno Stracult: lo humour tagliente, irrefrenabile e sagace conquista dopo pochi minuti appena, la Ritter esercita un fascino magnetico a cui è davvero impossibile resistere e il personaggio che interpreta, Chloe, è a dir poco strepitoso. Inarrestabile (e inaspettata) la comicità dell’ex protagonista di Dawson’s Creek, che qui interpreta il BFF nonché la spalla di Chloe, e che insieme a lei è al centro di battute irriverenti e ciniche e situazioni a dir poco paradossali. Loro alter ego, la dolce e ingenua June, appena arrivata in città in cerca di lavoro e nuova roomie di  Chloe nell’appartamento 23.
Quella che all’apparenza sembra “la” coinquilina perfetta, si trasforma per June in una iena perfida e senza scrupoli, capace di andare a letto col suo fidanzato, nel giorno del suo compleanno, sopra la sua torta! Le carte in regola per sfondare, la serie le ha tutte, speriamo solo non le sprechi e ne faccia invece tesoro!


Una comicità frizzante e spudorata, totalmente agli antipodi rispetto a quella di Bent, la romantic comedy appena conclusa sulla NBC. Lei, Charlie (Amanda Peet, Studio 60, Jack & Jill), è un avvocato in carriera, divorziata da un mese appena, con un ex marito in prigione e una figlia di dieci anni alla quale badare. Lui, Pete (David Walton, Perfect Couples) è un aitante carpentiere, donnaiolo e sciupafemmine, appassionato di surf e con un lungo trascorso nel gioco d’azzardo. Rigida e impostata lei, passionale e superficiale lui:
come finirà?
Ecco, è proprio questo il problema! Sin dai primi minuti infatti, è facile immaginare immediatamente cosa accadrà: ovvero un infinito ed estenuante tira e molla tra i due, infarcito da frecciatine scontate ed eventi più che prevedibili.
In Bent tutto ruota intorno alla più classica delle unrisolved sexual tension che diverte poco, e spesso arriva anche ad annoiare e che fa sì che questa settimana la serie si porti a casa il temuto titolo di “Stracotta”.