Questa è la storia della nostra amicizia, del nostro incredibile legame, di come questo ci abbia aiutato a crescere, a diventare adulte, ad essere quelle che siamo. Qualsiasi evento importante della mia vita lo ricordo legato a lei, in maniera indissolubile.
Ogni decisione importante, ogni evento significativo, ogni traguardo raggiunto.
Unite, inseparabili, indivisibili.
Il nostro era un rapporto speciale, un’amicizia davvero unica. Nessuno poteva realmente capire il forte legame che ci univa. Nessuno all’infuori noi due, che insieme condividemmo l’inverosimile, in un succedersi di esperienze assurde, esilaranti, emotivamente intense. Chi non era con noi non potrà mai comprendere ciò che ci legava. Eravamo in due, ma in realtà una. Il mio carattere rafforzava il suo, le sue insicurezze mi appartenevano. Insieme siamo cresciute, cambiate. Insieme abbiamo sbagliato e corretto i nostri errori. Sempre unite, complementari. Spesso involontariamente chiuse ad altre amicizie, seppur senza farlo di proposito, chiunque ci si avvicinasse, in poco tempo capiva che non avrebbe potuto competere col nostro legame, non avrebbe potuto sostituire l’una con l’altra: ne prendevi una, dovevi sopportarle entrambe insomma.
Al liceo, ma soprattutto all’università, le amicizie nuove erano come un nuovo ragazzo: dovevano superare una sorta di esame. Un’amicizia profonda quindi, ma difficile da comprendere. Alla maggior parte della gente sembravamo ossessive, per certi versi infantili, per altri semplicemente strane.
Noi stavamo bene in quel modo, nel nostro piccolo mondo, derise da alcuni di sottecchi, e il più delle volte invidiate… “non ti curar di loro ma guarda e passa”, ce lo ripetevamo di continuo. Stavamo bene insieme, riuscivamo a ridere per le piccole cose, ad estrapolare il lato positivo in ogni situazione; ci divertivamo e allo stesso tempo ci tenevamo strette la mano per non cadere, il resto non contava nulla.
Una birra di troppo e le risate erano assicurate. A piedi, in tram, su un taxi, la serate in cui durante gli anni dell’università tornavamo a casa ubriache, resteranno per sempre storiche. Cantavamo per strada a squarciagola, incuranti del resto del mondo. Scavalcavamo la metro in pieno centro senza biglietto per prendere l’ultimo treno che ci portasse a casa. Finimmo in commissariato un paio di volte per l’eccessiva libertà con la quale ci concedevamo uno spinello all’aria aperta. Chi tentava di sbarrarci la strada con un ragazzo che ci interessava poi, era spacciato. In quei casi bastava fare una cosa sola: unire le nostre forze e combattere, sempre unite, sempre insieme.
Gli anni del liceo ci forgiarono come non mai: le liti con mamma e papà perché rientravamo tardi, il coprifuoco, l’odore delle sigarette da nascondere, il primo amore…
Ne combinavamo di tutti i colori… Dopo la terza multa per aver girato in due in motorino senza casco, restammo relegate nel quartiere, e le scorazzate sul Lungotevere giunsero al capolinea. Camminare a piedi per la capitale ci sfinì a tal punto da farci restare nella tanto detestata periferia a fare castelli in aria sul nostro futuro, durante le sere d’estate in cui l’unico autobus in circolazione ci permetteva, miracolosamente, di raggiungere il Gianicolo alle undici di sera.
L’estate della maturità segnò il primo viaggio insieme, quello che più tardi definimmo spesso “il viaggio di formazione, a Londra, sotto il controllo attento ma poco severo di mio fratello e della sua fidanzata.
Indimenticabile. Alloggiavamo in una pensione a Portobello Road, sopra un pub tipicamente inglese che ci permise di assaggiare più e più volte la nostra prima doppio malto. Mio fratello fu alquanto clemente e ci lasciò piena libertà, a riprova dell’immensa fiducia che da sempre riponeva in me. Avevamo degli orari precisi da rispettare per mantenere il giusto ordine e la sera non potevamo restar fuori oltre le undici. Ma le regole, il coprifuoco e la promessa di non farci derubare e di non perderci, non ci impedirono di vivere la vacanza più importante della nostra vita. La vacanza che ci formò, quella che decise il nostro futuro.
Di Londra ci innamorammo subito entrambe e lasciammo lì il nostro cuore. In quei giorni “marciammo” sotto la pioggia o l’afa insopportabile per quasi dodici ore al giorno, decise a percorrere la città in lungo e in largo, per assaporarne ogni dettaglio, senza lasciarci sfuggire nulla. La attraversammo in lungo e in largo, senza tralasciare nulla.
L’ultima sera cenammo a Chinatown dopo esserci scolate un paio di birre in un locale del centro. Mentre cercavamo di arrotolale dei noodles un po’ troppi unti in un fast food cinese in Leicester Square, canticchiando “Don’t Cry” dei Guns’n Roses che passava alla radio, tra una birra e una sigaretta, mi venne l’illuminazione: “Kia, ma che dici se, finiamo l’università e ci trasferiamo qui? Se ce l’hanno fatta in tanti, per noi sarà una passeggiata. A costo di lavare i piatti per un anno in un ristorante tailandese…”. Lei non esitò: “Ti seguo anche se mi tocca fare l’elemosina a Covent Garden, lo sai”. “Giura?”. “Giuro”. “È andata, lo faremo. Conquisteremo questa città! Cheers!”. “Cheers”.
E così fu. Non rimase una frase detta in una sera di mezza estate da due ragazzine ubriache e troppo euforiche. Non restarono parole al vento. Mantenemmo il patto, rispettammo la promessa. Eravamo due di parola noi. Quasi sempre.
Anche se quella sera, nell’aria umida e rarefatta di Chinatown, non capimmo subito di aver siglato il patto che avrebbe cambiato la nostra vita. Per sempre.
There's no point to any of this. It's all just a... a random lottery of meaningless tragedy and a series of near escapes. So I take pleasure in the details. You know... a Quarter-Pounder with cheese, those are good, the sky about ten minutes before it starts to rain, the moment where your laughter become a cackle... and I, I sit back and I smoke my Camel Straights and I ride my own melt.
martedì 20 gennaio 2009
venerdì 16 gennaio 2009
Oltre la Pioggia
La ragazza che era scesa dal tram se ne andava a spasso spedito dalla mia vita. Non l’avevo mai vista prima ma fu un piccolo lutto quando se ne andò… un momento: prima di arrivare a questo punto conviene fare un passo indietro, anche perché mai avrei pensato di prendere un tram.
I taxi erano diventati ormai il mio mezzo di trasporto prediletto e da casa all’ufficio la distanza era talmente breve, che salvo le rare occasioni in cui la pioggia battente aggrediva senza remore la città, pochi isolati mi dividevano dallo studio.
St Paul non era mai stato il mio quartiere preferito a Londra, ma dopo 3 anni, avevo imparato ad amarlo: il Tamigi mi divideva dalla Tate Modern o dal London Bridge e le mille luci del London Eye, e vicino avevo l’East End e Whitechapel. Il problema si poneva quando dovevo “sforare”, per una serata a Soho o giù fino ai Landbrooke Grove e Notthing Hill, e a quel punto entravano in scena il taxi e il rimborso spese. Lavoravo negli uffici futuristici costruiti da Norman Foster, e se i miei capi potevano permettersi di pagare l’affitto, avrebbero potuto badare anche al mio conto spese, considerando il cospicuo stipendio col quale da 2 anni a questa parte potevo permettermi lussi e vizi di ogni tipo.
Quella sera il cielo non prometteva pioggia, e avevo davanti a me una cena di lavoro in un lussuoso ristorante nel cuore di Soho. Armata di cambio d’abito per non ripassare da casa e dilungarmi troppo sotto la doccia (per evitare che l’acqua calda mi sciogliesse i muscoli, gettandomi in uno stato catatonico dal quale difficilmente sarei uscita) ero pronta per il gran finale: avevamo ultimato un importante progetto dopo mesi e mesi di duro lavoro, e di lì a poche ore a cena avremmo presentato i disegni al magnate assegnatario dell’incarico. Dopo numerose notti insonni ecco finalmente la fine di un lungo progetto, impegnativo e travagliato come un parto.
Alle 18:00 uscii dall’ufficio per un drink in pieno relax prima di affrontare la cena, ma qualcosa nel caos generale dell’andirivieni intorno a me, catturò subito la mia attenzione: una ragazza italiana con macchina fotografica al collo e cartina alla mano saltellava allegramente mentre al telefono ripeteva alla madre quanto fosse bella la città. Restai a guardarla ammirandone l’euforia dilagante. Riattaccò e telefonò a qualcun altro, forse un amico, dilungandosi a raccontare le attrazioni ammirate il giorno prima, e la sua voglia di vivere la città in lungo e in largo.
Saltò su un tram in direzione Oxford Street, e la tentazione mi spinse a imitarla e a salire sul mezzo arancione.
Scelsi un posto un paio di file avanti a lei e ricomincia a fissarla: qualcosa mi attirava con una forza magnetica, e non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso.
La guardai sottolineare con cura sulla cartina i luoghi che avrebbe voluto visitare e fotografare quando a un tratto alzò gli occhi incrociando il mio sguardo e con un sorriso raggiante mi rivolse la frase che riassumeva la sua immensa gioia di essere lì, sul quel tram, in quel preciso momento: “London is really beautiful!!! Best city! You lucky to live here!”. Risposi educatamente con sorriso voltandomi altrove.
A quel punto capii esattamente cosa mi spingeva a guardarla, cosa mi stregava e non mi permetteva di toglierle gli occhi di dosso: in lei rivedevo me 10 anni prima, quando durante il viaggio dopo la maturità, trascorsi due settimane nella città che di lì a breve avrebbe cambiato il corso della mia vita.
La città di cui mi sarei innamorata e il cui amore mi avrebbe costretto, dopo la laurea, ad abbandonare tutto ciò che avevo per sfidare la fortuna e iniziare una vita dalla quale difficilmente sarei riuscita a tornare indietro.
A 18 anni ero esuberante, speranzosa ed eccitata al pensiero della vita che avrei avuto davanti, convinta che lì sarei finalmente stata felice, e all’inizio fu davvero così.
Mi ritrovai così, d’improvviso, protagonista involontaria di un viaggio nel passato, a rimpiangere com’ero, come avrei voluto diventare prima che la mia sete di successo mi trasformasse e cambiasse radicalmente, rendendo il cambiamento evidente ovunque.
Sin dal mio appartamento, un loft di nuova costruzione arredato con le ultime novità in materia di design, fino ad arrivare al mio guardaroba ricco di abiti chic e ricercati tra il vintage e la griffe famosa.
L’opposto totale del mio periodo londinese da stagista, in cui dimagrii 12 chili a causa dello stress e del poco tempo a disposizione per i pasti, e condividevo un monolocale in Liverpool Street con Leny, una studentessa coreana; quando mi alzavo la domenica mattina presto alla stregua di qualche bella occasione da strappar via tra le bancarelle di Portobello, e l’unico Sushi che potevo permettermi era quello a buon prezzo della catena Pret-a-Manger. Il periodo in cui socializzavo con chiunque si presentasse sul mio cammino, senza distinzione di razza o religione, quando l’essenza multi-etnica di Londra mi affascinava incredibilmente.
Poco prima che il lavoro e il denaro mi risucchiassero e trasformassero nella persona algida e distaccata che ero ora, fomentata dall’inestinguibile sete di successo che si era impossessata di me; prima di finire a letto col mio capo, sposato e con 2 figli, per ottenere una promozione, e prima ancora di diventare scaltra e furba come le persone che in passato avevo accusato di arrivismo e spregiudicatezza.
La città mi aveva assorbito e alienato, e glielo avevo lasciato fare senza oppormi.
Mi stavo lentamente dimenticando cosa avevo amato di quella metropoli e cosa mi aveva spinto ad abbandonare i miei affetti per viverci, quando i bagels al salmone dell’East End erano per me la cosa più appetitosa del mondo e ignoravo l’esistenza della cucina fusion di cui mi cibavo negli ultimi tempi.
Ero cambiata in maniera vorticosa e irreversibile ed era la prima volta che mi fermavo a rifletterci su, con lucidità e consapevolezza. Di qualcosa comunque, andavo fiera: al lavoro ero brava e i colleghi mi adoravano, riuscivo a essere sempre adeguata e affascinante in ogni situazione e l’ambiente cool ed esclusivo di cui ormai facevo parte mi calzava a pennello.
Ma restava una parte di me che si sentiva in colpa per aver sacrificato lati del mio carattere che consideravo capisaldi nella mia vita, e per aver relegato famiglia e amici in Italia, a semplici diversivi durante le vacanze di Natale e altre visite obbligate.
Eccomi qui: su un tram umido e mal ridotto, a poche ore da un importante meeting di lavoro, a riflettere sulla mia vita e a rendermi conto inevitabilmente di quanto sia diventata arida e snob.
La ragazza italiana si avviò verso l’uscita mentre le luci di Oxford Circus invadevano prepotentemente lo spazio intorno a noi; mi salutò con un cenno del capo e spalancò gli occhi alla vista del panorama che aveva davanti.
La seguii con lo sguardo, mentre una lacrima sconosciuta e silenziosa iniziò a rigarmi il viso.
Avrei dovuto alzarmi per tornare indietro, ma gambe e braccia divennero pesanti come il piombo e sprofondai sul sedile, inerme, mentre altre persone salivano per la prossima corsa.
La cercai fuori tra la folla che gremiva il marciapiede nell’ora di punta: eccola lì, la ragazza che era scesa dal tram se ne andava a spasso spedito dalla mia vita. Non l’avevo mai vista prima ma fu un piccolo lutto quando se ne andò, perché mi lasciò con una nuova consapevolezza di me stessa, che difficilmente avrei potuto ignorare da quel momento in poi: l’indomani avrei dovuto fare i conti con ciò che mi era scoppiato dentro.
Ora dovevo tornare in me e ritrovare la lucidità per affrontare la serata che mi si prospettava davanti: cercai di rilassarmi e sfruttare i pochi minuti di perfetta solitudine che mi restavano per riacquistare l’autostima, mettendo in atto le tecniche di rilassamento apprese alle lezioni di yoga. Inspirare, espirare; inspirare, espirare…
Fuori la pioggia iniziò a cadere, come se volesse lavarmi via di dosso l’ondata di emozioni contrastanti che mi aveva appena investito.
I taxi erano diventati ormai il mio mezzo di trasporto prediletto e da casa all’ufficio la distanza era talmente breve, che salvo le rare occasioni in cui la pioggia battente aggrediva senza remore la città, pochi isolati mi dividevano dallo studio.
St Paul non era mai stato il mio quartiere preferito a Londra, ma dopo 3 anni, avevo imparato ad amarlo: il Tamigi mi divideva dalla Tate Modern o dal London Bridge e le mille luci del London Eye, e vicino avevo l’East End e Whitechapel. Il problema si poneva quando dovevo “sforare”, per una serata a Soho o giù fino ai Landbrooke Grove e Notthing Hill, e a quel punto entravano in scena il taxi e il rimborso spese. Lavoravo negli uffici futuristici costruiti da Norman Foster, e se i miei capi potevano permettersi di pagare l’affitto, avrebbero potuto badare anche al mio conto spese, considerando il cospicuo stipendio col quale da 2 anni a questa parte potevo permettermi lussi e vizi di ogni tipo.
Quella sera il cielo non prometteva pioggia, e avevo davanti a me una cena di lavoro in un lussuoso ristorante nel cuore di Soho. Armata di cambio d’abito per non ripassare da casa e dilungarmi troppo sotto la doccia (per evitare che l’acqua calda mi sciogliesse i muscoli, gettandomi in uno stato catatonico dal quale difficilmente sarei uscita) ero pronta per il gran finale: avevamo ultimato un importante progetto dopo mesi e mesi di duro lavoro, e di lì a poche ore a cena avremmo presentato i disegni al magnate assegnatario dell’incarico. Dopo numerose notti insonni ecco finalmente la fine di un lungo progetto, impegnativo e travagliato come un parto.
Alle 18:00 uscii dall’ufficio per un drink in pieno relax prima di affrontare la cena, ma qualcosa nel caos generale dell’andirivieni intorno a me, catturò subito la mia attenzione: una ragazza italiana con macchina fotografica al collo e cartina alla mano saltellava allegramente mentre al telefono ripeteva alla madre quanto fosse bella la città. Restai a guardarla ammirandone l’euforia dilagante. Riattaccò e telefonò a qualcun altro, forse un amico, dilungandosi a raccontare le attrazioni ammirate il giorno prima, e la sua voglia di vivere la città in lungo e in largo.
Saltò su un tram in direzione Oxford Street, e la tentazione mi spinse a imitarla e a salire sul mezzo arancione.
Scelsi un posto un paio di file avanti a lei e ricomincia a fissarla: qualcosa mi attirava con una forza magnetica, e non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso.
La guardai sottolineare con cura sulla cartina i luoghi che avrebbe voluto visitare e fotografare quando a un tratto alzò gli occhi incrociando il mio sguardo e con un sorriso raggiante mi rivolse la frase che riassumeva la sua immensa gioia di essere lì, sul quel tram, in quel preciso momento: “London is really beautiful!!! Best city! You lucky to live here!”. Risposi educatamente con sorriso voltandomi altrove.
A quel punto capii esattamente cosa mi spingeva a guardarla, cosa mi stregava e non mi permetteva di toglierle gli occhi di dosso: in lei rivedevo me 10 anni prima, quando durante il viaggio dopo la maturità, trascorsi due settimane nella città che di lì a breve avrebbe cambiato il corso della mia vita.
La città di cui mi sarei innamorata e il cui amore mi avrebbe costretto, dopo la laurea, ad abbandonare tutto ciò che avevo per sfidare la fortuna e iniziare una vita dalla quale difficilmente sarei riuscita a tornare indietro.
A 18 anni ero esuberante, speranzosa ed eccitata al pensiero della vita che avrei avuto davanti, convinta che lì sarei finalmente stata felice, e all’inizio fu davvero così.
Mi ritrovai così, d’improvviso, protagonista involontaria di un viaggio nel passato, a rimpiangere com’ero, come avrei voluto diventare prima che la mia sete di successo mi trasformasse e cambiasse radicalmente, rendendo il cambiamento evidente ovunque.
Sin dal mio appartamento, un loft di nuova costruzione arredato con le ultime novità in materia di design, fino ad arrivare al mio guardaroba ricco di abiti chic e ricercati tra il vintage e la griffe famosa.
L’opposto totale del mio periodo londinese da stagista, in cui dimagrii 12 chili a causa dello stress e del poco tempo a disposizione per i pasti, e condividevo un monolocale in Liverpool Street con Leny, una studentessa coreana; quando mi alzavo la domenica mattina presto alla stregua di qualche bella occasione da strappar via tra le bancarelle di Portobello, e l’unico Sushi che potevo permettermi era quello a buon prezzo della catena Pret-a-Manger. Il periodo in cui socializzavo con chiunque si presentasse sul mio cammino, senza distinzione di razza o religione, quando l’essenza multi-etnica di Londra mi affascinava incredibilmente.
Poco prima che il lavoro e il denaro mi risucchiassero e trasformassero nella persona algida e distaccata che ero ora, fomentata dall’inestinguibile sete di successo che si era impossessata di me; prima di finire a letto col mio capo, sposato e con 2 figli, per ottenere una promozione, e prima ancora di diventare scaltra e furba come le persone che in passato avevo accusato di arrivismo e spregiudicatezza.
La città mi aveva assorbito e alienato, e glielo avevo lasciato fare senza oppormi.
Mi stavo lentamente dimenticando cosa avevo amato di quella metropoli e cosa mi aveva spinto ad abbandonare i miei affetti per viverci, quando i bagels al salmone dell’East End erano per me la cosa più appetitosa del mondo e ignoravo l’esistenza della cucina fusion di cui mi cibavo negli ultimi tempi.
Ero cambiata in maniera vorticosa e irreversibile ed era la prima volta che mi fermavo a rifletterci su, con lucidità e consapevolezza. Di qualcosa comunque, andavo fiera: al lavoro ero brava e i colleghi mi adoravano, riuscivo a essere sempre adeguata e affascinante in ogni situazione e l’ambiente cool ed esclusivo di cui ormai facevo parte mi calzava a pennello.
Ma restava una parte di me che si sentiva in colpa per aver sacrificato lati del mio carattere che consideravo capisaldi nella mia vita, e per aver relegato famiglia e amici in Italia, a semplici diversivi durante le vacanze di Natale e altre visite obbligate.
Eccomi qui: su un tram umido e mal ridotto, a poche ore da un importante meeting di lavoro, a riflettere sulla mia vita e a rendermi conto inevitabilmente di quanto sia diventata arida e snob.
La ragazza italiana si avviò verso l’uscita mentre le luci di Oxford Circus invadevano prepotentemente lo spazio intorno a noi; mi salutò con un cenno del capo e spalancò gli occhi alla vista del panorama che aveva davanti.
La seguii con lo sguardo, mentre una lacrima sconosciuta e silenziosa iniziò a rigarmi il viso.
Avrei dovuto alzarmi per tornare indietro, ma gambe e braccia divennero pesanti come il piombo e sprofondai sul sedile, inerme, mentre altre persone salivano per la prossima corsa.
La cercai fuori tra la folla che gremiva il marciapiede nell’ora di punta: eccola lì, la ragazza che era scesa dal tram se ne andava a spasso spedito dalla mia vita. Non l’avevo mai vista prima ma fu un piccolo lutto quando se ne andò, perché mi lasciò con una nuova consapevolezza di me stessa, che difficilmente avrei potuto ignorare da quel momento in poi: l’indomani avrei dovuto fare i conti con ciò che mi era scoppiato dentro.
Ora dovevo tornare in me e ritrovare la lucidità per affrontare la serata che mi si prospettava davanti: cercai di rilassarmi e sfruttare i pochi minuti di perfetta solitudine che mi restavano per riacquistare l’autostima, mettendo in atto le tecniche di rilassamento apprese alle lezioni di yoga. Inspirare, espirare; inspirare, espirare…
Fuori la pioggia iniziò a cadere, come se volesse lavarmi via di dosso l’ondata di emozioni contrastanti che mi aveva appena investito.
venerdì 9 gennaio 2009
90210: il ritorno di Beverly Hills
Articolo pubblicato su Gals Magazine, Novembre 2008
In principio fu Beverly Hills 90210
Nell’ormai lontano 4 ottobre 1990 sul canale americano Fox, andò in onda la prima puntata della serie tv Beverly Hills 90210, terminata dopo 292 episodi, il 17 maggio 2000.
Il telefilm sbarcò in Italia un paio di anni dopo e riscosse un eccellente numero di ascolti durante tutte e dieci le stagioni, trasmesse in prima serata su Italia Uno.
Beverly Hills 90210 fu il primo vero teen-drama della storia della tv, il capostipite di un genere che ormai fa storia e dal quale derivarono numerosi prodotti simili: a partire dal suo spin-off Melrose Place, per arrivare a Dawson’s Creek, fino ai più recenti Buffy, One Tree Hill, The O.C., Gossip Girl.
Creato da Aaron Spelling e Darren Star, lo show racconta le vicissitudini di un gruppo di adolescenti che vivono a Los Angeles, nel prestigioso quartiere di Beverly Hills, da cui il “90210” del titolo che deriva dal codice postale della zona.
La storia inizia con l’arrivo dei gemelli Brenda e Brandon Walsh (con i genitori Jim e Cindy), originari del Minnesota, al liceo West Beverly High, ed al ribaltamento delle loro abitudini visto il cambiamento nel loro stile di vita: nuova città, nuova scuola, nuovi incontri.
I due ragazzi, infatti, si ritroveranno ad intrecciare storie d’amore e d’amicizia con un gruppo di amici coi quali condivideranno momenti importanti durante la loro crescita.
Con Beverly Hills 90210 si cominciò a parlare di tematiche profonde come sesso, droga, omosessualità e violenza nel mondo dei giovani e proprio ciò fece sì che il pubblico si affezionasse a tal punto ai personaggi che li seguì nelle loro avventure per dieci lunghi anni.
Molti i premi vinti e tante le prestigiose celebrità che parteciparono al programma come guest star, a riprova del grande successo che questo indimenticabile telefilm guadagnò in tutto il mondo e che i fan ancora oggi rimpiangono enormemente.
CAST
Volti conosciuti dai fan più sfegatati del 90210 degli anni Novanta, fanno capolino in questa nuova edizione della serie: tra i più famosi la bionda Kelly Taylor (interpretata da Jennie Garth, invecchiata sì, ma sempre bellissima), la sua migliore amica del liceo e antagonista in amore per il bel Dylan, Brenda Walsh (Shannen Doherty), il proprietario dello storico locale Peach Pit (luogo di ritrovo dei ragazzi del liceo West Beverly), Nat Busicchio (Joe Tata) e molti altri che attualmente sono in trattativa con la produzione per firmare mini-contratti come guest star. Ovviamente tutti auspicano a quello che è senza dubbio il ritorno più atteso: quello di Dylan McKay, il tenebroso surfista, interpretato dall’attore idolo delle ragazzine di quegli anni, Luke Perry.
A vestire i panni dei genitori comprensivi e aperti al dialogo in ogni situazione, eredità dei più famosi Jim e Cindy Walsh, stavolta sono i coniugi Wilson, che con i figli Annie e Dixon hanno un rapporto genitore-amico che tutti i ragazzi della loro età vorrebbero.
L’attrice Lori Loughlin, conosciuta dal pubblico per il ruolo di Ava nel telefilm Summerland è Debbie Wilson, moglie fedele e madre al passo coi tempi, che lavora come assistente di un prestigioso fotografo di moda e insegue il successo in questo settore; suo marito Harry, preside del West Beverly High, è interpretato da Rob Estes, affermato attore hollywoodiano già apparso nel 1999 nell’ultima stagione del primo spin-off di Beverly Hills 90210, Melrose Place.
E i veri protagonisti invece, chi sono? Pressappoco tutti attori giovanissimi (il più “anziano” è del 1985), che aldilà di qualche sporadica “comparsata” qua e là in tv e al cinema, con 90210 sperano di raggiungere il successo vero e proprio. Sono tutti ragazzi esuberanti, affascinanti e intriganti che faranno sicuramente breccia nel cuore dei fan italiani, dopo aver già conquistato quelli oltreoceano.
Annie Dixon è una ragazza con la testa sulle spalle, dedita allo studio e appassionata di recitazione, con due grandi occhi da cerbiatta e l’aria molto ingenua. Reduce dalla rottura col suo boyfriend, appena arrivata in California si ritrova faccia a faccia con una vecchia fiamma dell’estate precedente per il quale prova ancora una cotta, e al contempo conosce un affascinante e ricco ragazzo che recita con lei nella classe di teatro, cadendo subito vittima del dubbio amletico sul “chi scegliere?”. A dare il volto a Annie è Shenae Grimes, classe ’89, già protagonista della serie drammatica canadese Degrassi: the next generation, che riscosse però poco successo.
Il ruolo di Annie, inizialmente doveva essere affidato alla cantante Hilary Duff alla quale venne però preferita la quasi esordiente Grimes.
Dixon Wilson, fratello adottivo di Annie, incarna perfettamente il ruolo del “bravo ragazzo” che nella precedente edizione apparteneva al saggio Brandon Walsh (Jason Priestley). Come Brandon, Dixon è un ragazzo diligente e di sani principi, incline al lavoro e aspirante giornalista, in cerca del vero amore e sempre in prima linea per difendere i più deboli. L’attore che gli presta il volto è Tristan Wilds, newyorkese di appena diciannove anni, apparso negli ultimi anni in piccoli ruoli da guest star in telefilm famosi come Cold Case, The Wire, Law and Order.
L’amore per Dixon arriva dopo l’incontro con Erin Silver, sorella di Kelly e David, con la quale intraprende una romantica love story. Erin è l’alternativa del gruppo, un po’ punk un po’ scontrosa ma dallo sguardo incredibilmente coinvolgente e dal sorriso ammaliante. Amante della musica rock e dell’arte, è uno dei personaggi più interessanti della serie ed è interpretata da Jessica Stroup, forse la più affermata tra gli attori del cast, poiché già protagonista della comedy Reaper (in onda su Mtv) e apparsa precedentemente in Zoey 101 e Grey’s Anatomy.
Antagonista per eccellenza di Silver è Naomi Clark, ricca e viziata studentessa più interessata allo shopping e ai pettegolezzi piuttosto che alla scuola, egocentrica e arrivista fino all’esagerazione ma che sembra comunque celare, dietro le apparenze, un animo gentile e generoso. In questo ruolo, l’attrice georgiana ventenne, AnnaLynne McCord, nota al pubblico per ruoli minori interpretati in altri teen-drama come The O.C., Greek, piuttosto che in Nip & Tuck e Close To Home.
Protagonista della travagliata storia d’amore con Naomi, è Ethan Ward, ragazzo molto dolce e sensibile, nonché ex fiamma di Annie e quindi conteso dalle due ragazze. Ethan è impersonato dal canadese Dustin Milligan, guest star di due film d’azione per ragazzi, The Butterfly Effect 2 e Final Destination 3.
Con un cast così, come resistere a questa nuova, strabiliante serie?
Peccato solo che bisognerà aspettare ancora qualche mese…
Questo mese vi presento in anteprima la serie tv per eccellenza di questo 2008, in onda da poco negli States, 90210, spin-off del celebre Beverly Hills 90210, must degli anni Novanta.
Questo nuovo teen-drama ha debuttato il 2 settembre scorso su The CW, il canale americano giovanile dedicato a telefilm diventati ormai dei veri e propri cult (come Una Mamma per Amica, The O.C., Gossip Girl e Smallville), e ha riscosso durante la messa in onda dell’episodio pilota di due ore, un audience mai raggiunto nella storia della CW: cinque milioni di spettatori.
Agli inizi del 2009, 90210 approderà anche in Italia, su Rai2 (nonostante la serie madre andasse in onda su Italia1), e noi vogliamo parlarvene in anteprima per far sì che non ve lo perdiate e sarete anzi in prima fila a guardarlo quando arriverà qui da noi.
(sito web: www.cwtv.com/thecw/90210)
La prima stagione, creata da Rob Thomas, prevedeva inizialmente tredici episodi, ma visto l’enorme successo già ottenuto oltreoceano, la produzione ne ha già ordinati altri nove, per un totale di ventidue.
Nell’episodio pilota, i due fratelli Wilson, Annie e Dixon, si trasferiscono con i genitori dal Kansas a Beverly Hills, per accudire l’eccentrica nonna Tabitha, ex-star cinematografica degli anni Settanta, nella sua lussuosa villa sotto il sole della California.
Per i due ragazzi, l’inserimento nella nuova scuola presenta all’inizio qualche piccola difficoltà: l’ambiente è chic e snob rispetto a quello in cui sono cresciuti, e gli studenti si danno troppe arie per i loro gusti, con le macchine lussuose e i vestiti griffati. Ma a diciassette anni, è facile stringere nuove amicizie, e perché no, anche nuovi amori. Perciò basta poco e i fratelli Wilson riescono a costruirsi una piccola cerchia di amici, alcuni molto fidati, altri meno, coi quali condividere gioie e dolori della loro età. I colpi di scena e le storie intricate saranno all’ ordine del giorno, in questo nuovo entusiasmante telefilm, molto più cool, più trasgressivo e più provocante rispetto a quello da cui trae origine. Il perfetto connubio tra The O.C. e Gossip Girl, legato però alla tradizione dell’intramontabile Beverly Hills 90210.
Questo nuovo teen-drama ha debuttato il 2 settembre scorso su The CW, il canale americano giovanile dedicato a telefilm diventati ormai dei veri e propri cult (come Una Mamma per Amica, The O.C., Gossip Girl e Smallville), e ha riscosso durante la messa in onda dell’episodio pilota di due ore, un audience mai raggiunto nella storia della CW: cinque milioni di spettatori.
Agli inizi del 2009, 90210 approderà anche in Italia, su Rai2 (nonostante la serie madre andasse in onda su Italia1), e noi vogliamo parlarvene in anteprima per far sì che non ve lo perdiate e sarete anzi in prima fila a guardarlo quando arriverà qui da noi.
(sito web: www.cwtv.com/thecw/90210)
La prima stagione, creata da Rob Thomas, prevedeva inizialmente tredici episodi, ma visto l’enorme successo già ottenuto oltreoceano, la produzione ne ha già ordinati altri nove, per un totale di ventidue.
Nell’episodio pilota, i due fratelli Wilson, Annie e Dixon, si trasferiscono con i genitori dal Kansas a Beverly Hills, per accudire l’eccentrica nonna Tabitha, ex-star cinematografica degli anni Settanta, nella sua lussuosa villa sotto il sole della California.
Per i due ragazzi, l’inserimento nella nuova scuola presenta all’inizio qualche piccola difficoltà: l’ambiente è chic e snob rispetto a quello in cui sono cresciuti, e gli studenti si danno troppe arie per i loro gusti, con le macchine lussuose e i vestiti griffati. Ma a diciassette anni, è facile stringere nuove amicizie, e perché no, anche nuovi amori. Perciò basta poco e i fratelli Wilson riescono a costruirsi una piccola cerchia di amici, alcuni molto fidati, altri meno, coi quali condividere gioie e dolori della loro età. I colpi di scena e le storie intricate saranno all’ ordine del giorno, in questo nuovo entusiasmante telefilm, molto più cool, più trasgressivo e più provocante rispetto a quello da cui trae origine. Il perfetto connubio tra The O.C. e Gossip Girl, legato però alla tradizione dell’intramontabile Beverly Hills 90210.
In principio fu Beverly Hills 90210
Nell’ormai lontano 4 ottobre 1990 sul canale americano Fox, andò in onda la prima puntata della serie tv Beverly Hills 90210, terminata dopo 292 episodi, il 17 maggio 2000.
Il telefilm sbarcò in Italia un paio di anni dopo e riscosse un eccellente numero di ascolti durante tutte e dieci le stagioni, trasmesse in prima serata su Italia Uno.
Beverly Hills 90210 fu il primo vero teen-drama della storia della tv, il capostipite di un genere che ormai fa storia e dal quale derivarono numerosi prodotti simili: a partire dal suo spin-off Melrose Place, per arrivare a Dawson’s Creek, fino ai più recenti Buffy, One Tree Hill, The O.C., Gossip Girl.
Creato da Aaron Spelling e Darren Star, lo show racconta le vicissitudini di un gruppo di adolescenti che vivono a Los Angeles, nel prestigioso quartiere di Beverly Hills, da cui il “90210” del titolo che deriva dal codice postale della zona.
La storia inizia con l’arrivo dei gemelli Brenda e Brandon Walsh (con i genitori Jim e Cindy), originari del Minnesota, al liceo West Beverly High, ed al ribaltamento delle loro abitudini visto il cambiamento nel loro stile di vita: nuova città, nuova scuola, nuovi incontri.
I due ragazzi, infatti, si ritroveranno ad intrecciare storie d’amore e d’amicizia con un gruppo di amici coi quali condivideranno momenti importanti durante la loro crescita.
Con Beverly Hills 90210 si cominciò a parlare di tematiche profonde come sesso, droga, omosessualità e violenza nel mondo dei giovani e proprio ciò fece sì che il pubblico si affezionasse a tal punto ai personaggi che li seguì nelle loro avventure per dieci lunghi anni.
Molti i premi vinti e tante le prestigiose celebrità che parteciparono al programma come guest star, a riprova del grande successo che questo indimenticabile telefilm guadagnò in tutto il mondo e che i fan ancora oggi rimpiangono enormemente.
CAST
Volti conosciuti dai fan più sfegatati del 90210 degli anni Novanta, fanno capolino in questa nuova edizione della serie: tra i più famosi la bionda Kelly Taylor (interpretata da Jennie Garth, invecchiata sì, ma sempre bellissima), la sua migliore amica del liceo e antagonista in amore per il bel Dylan, Brenda Walsh (Shannen Doherty), il proprietario dello storico locale Peach Pit (luogo di ritrovo dei ragazzi del liceo West Beverly), Nat Busicchio (Joe Tata) e molti altri che attualmente sono in trattativa con la produzione per firmare mini-contratti come guest star. Ovviamente tutti auspicano a quello che è senza dubbio il ritorno più atteso: quello di Dylan McKay, il tenebroso surfista, interpretato dall’attore idolo delle ragazzine di quegli anni, Luke Perry.
A vestire i panni dei genitori comprensivi e aperti al dialogo in ogni situazione, eredità dei più famosi Jim e Cindy Walsh, stavolta sono i coniugi Wilson, che con i figli Annie e Dixon hanno un rapporto genitore-amico che tutti i ragazzi della loro età vorrebbero.
L’attrice Lori Loughlin, conosciuta dal pubblico per il ruolo di Ava nel telefilm Summerland è Debbie Wilson, moglie fedele e madre al passo coi tempi, che lavora come assistente di un prestigioso fotografo di moda e insegue il successo in questo settore; suo marito Harry, preside del West Beverly High, è interpretato da Rob Estes, affermato attore hollywoodiano già apparso nel 1999 nell’ultima stagione del primo spin-off di Beverly Hills 90210, Melrose Place.
E i veri protagonisti invece, chi sono? Pressappoco tutti attori giovanissimi (il più “anziano” è del 1985), che aldilà di qualche sporadica “comparsata” qua e là in tv e al cinema, con 90210 sperano di raggiungere il successo vero e proprio. Sono tutti ragazzi esuberanti, affascinanti e intriganti che faranno sicuramente breccia nel cuore dei fan italiani, dopo aver già conquistato quelli oltreoceano.
Annie Dixon è una ragazza con la testa sulle spalle, dedita allo studio e appassionata di recitazione, con due grandi occhi da cerbiatta e l’aria molto ingenua. Reduce dalla rottura col suo boyfriend, appena arrivata in California si ritrova faccia a faccia con una vecchia fiamma dell’estate precedente per il quale prova ancora una cotta, e al contempo conosce un affascinante e ricco ragazzo che recita con lei nella classe di teatro, cadendo subito vittima del dubbio amletico sul “chi scegliere?”. A dare il volto a Annie è Shenae Grimes, classe ’89, già protagonista della serie drammatica canadese Degrassi: the next generation, che riscosse però poco successo.
Il ruolo di Annie, inizialmente doveva essere affidato alla cantante Hilary Duff alla quale venne però preferita la quasi esordiente Grimes.
Dixon Wilson, fratello adottivo di Annie, incarna perfettamente il ruolo del “bravo ragazzo” che nella precedente edizione apparteneva al saggio Brandon Walsh (Jason Priestley). Come Brandon, Dixon è un ragazzo diligente e di sani principi, incline al lavoro e aspirante giornalista, in cerca del vero amore e sempre in prima linea per difendere i più deboli. L’attore che gli presta il volto è Tristan Wilds, newyorkese di appena diciannove anni, apparso negli ultimi anni in piccoli ruoli da guest star in telefilm famosi come Cold Case, The Wire, Law and Order.
L’amore per Dixon arriva dopo l’incontro con Erin Silver, sorella di Kelly e David, con la quale intraprende una romantica love story. Erin è l’alternativa del gruppo, un po’ punk un po’ scontrosa ma dallo sguardo incredibilmente coinvolgente e dal sorriso ammaliante. Amante della musica rock e dell’arte, è uno dei personaggi più interessanti della serie ed è interpretata da Jessica Stroup, forse la più affermata tra gli attori del cast, poiché già protagonista della comedy Reaper (in onda su Mtv) e apparsa precedentemente in Zoey 101 e Grey’s Anatomy.
Antagonista per eccellenza di Silver è Naomi Clark, ricca e viziata studentessa più interessata allo shopping e ai pettegolezzi piuttosto che alla scuola, egocentrica e arrivista fino all’esagerazione ma che sembra comunque celare, dietro le apparenze, un animo gentile e generoso. In questo ruolo, l’attrice georgiana ventenne, AnnaLynne McCord, nota al pubblico per ruoli minori interpretati in altri teen-drama come The O.C., Greek, piuttosto che in Nip & Tuck e Close To Home.
Protagonista della travagliata storia d’amore con Naomi, è Ethan Ward, ragazzo molto dolce e sensibile, nonché ex fiamma di Annie e quindi conteso dalle due ragazze. Ethan è impersonato dal canadese Dustin Milligan, guest star di due film d’azione per ragazzi, The Butterfly Effect 2 e Final Destination 3.
Con un cast così, come resistere a questa nuova, strabiliante serie?
Peccato solo che bisognerà aspettare ancora qualche mese…
Dive famose e star del grande schermo in bikini: dalle origini a oggi, la storia del costume da bagno nel cinema
Immaginate una spiaggia assolata, il sole cocente alto nel cielo, la sabbia tra le dita e l’acqua a rinfrescarvi la pelle… piacevole, vero?
Ecco, ora immaginate di vivere sì tutto questo, ma non con un succinto costumino dello stilista più trendy, bensì con una sottoveste lunga fino alle caviglie, uno stretto corsetto a togliervi il fiato, e una buffa cuffia di cotone pesante a proteggervi i capelli … poco piacevole, giusto?
Questo era pressappoco il tipico “abbigliamento” che fino al ‘900 le donne erano costrette ad indossare per andare al mare: dei veri e propri “vestiti da bagno”.
Nel 1904 il sarto francese Poiret provò ad imporsi proclamando a gran voce la fine di busti e corsetti da spiaggia ed eleggendo quest’ultima a luogo per eccellenza della trasgressione, ma servì a poco.
L’importanza per la tintarella e la libertà di movimento al mare prese piede “solo” nel 1920 con la trasgressiva Coco Chanel, che provocò un allarmismo generale accorciando i pantaloncini, ampliando le scollature e lasciando le braccia nude in tutti i suoi modelli estivi.
Ma la vera e propria rivoluzione in fatto di costumi da bagno avvenne soltanto dopo la Seconda Guerra Mondiale in concomitanza alla nascita del Divismo (soprattutto di stampo hollywoodiano), a dimostrazione del fatto che, cinema e moda, da sempre, conducono un cammino simile e parallelo, spesso influenzandosi a vicenda.
Già nel 1941 ne “La donna dai due volti”, l’affascinante Greta Garbo sconvolse il pubblico e i suoi fan indossando un costume a due pezzi: mutandine nere a vita alta e poco sgambate accompagnate ad un reggiseno di ugual colore fin troppo simile ad un pezzo di lingerie.
La svolta è senza ombra di dubbio il 1946, anno in cui nacque il Bikini, l’indumento da mare più famoso in tutto il mondo. Il nome deriva dalla similitudine attribuitagli dall’inventore Louis Réard: secondo lui infatti il costume avrebbe avuto lo stesso effetto devastante suscitato dalla bomba all’idrogeno sganciata sull’atollo Bikini nell’Oceano Pacifico pochi mesi prima.
La testimonial d’eccellenza, alla piscina Molitor di Parigi, fu la spogliarellista del casino de Paris, Micheline Bernardini, e proprio tale scelta contribuì ad aumentare il disdegno degli americani che gridarono allo scandalo.
Il nome di altre due “bombe” fu in breve tempo sulla bocca di tutti: quello di Brigitte Bardot e Marilyn Monroe, entrambe ritratte in alcune fotografie scattate sulle spiagge più alla moda di allora, con indosso l’oscuro oggetto del desiderio.
Ecco, ora immaginate di vivere sì tutto questo, ma non con un succinto costumino dello stilista più trendy, bensì con una sottoveste lunga fino alle caviglie, uno stretto corsetto a togliervi il fiato, e una buffa cuffia di cotone pesante a proteggervi i capelli … poco piacevole, giusto?
Questo era pressappoco il tipico “abbigliamento” che fino al ‘900 le donne erano costrette ad indossare per andare al mare: dei veri e propri “vestiti da bagno”.
Nel 1904 il sarto francese Poiret provò ad imporsi proclamando a gran voce la fine di busti e corsetti da spiaggia ed eleggendo quest’ultima a luogo per eccellenza della trasgressione, ma servì a poco.
L’importanza per la tintarella e la libertà di movimento al mare prese piede “solo” nel 1920 con la trasgressiva Coco Chanel, che provocò un allarmismo generale accorciando i pantaloncini, ampliando le scollature e lasciando le braccia nude in tutti i suoi modelli estivi.
Ma la vera e propria rivoluzione in fatto di costumi da bagno avvenne soltanto dopo la Seconda Guerra Mondiale in concomitanza alla nascita del Divismo (soprattutto di stampo hollywoodiano), a dimostrazione del fatto che, cinema e moda, da sempre, conducono un cammino simile e parallelo, spesso influenzandosi a vicenda.
Già nel 1941 ne “La donna dai due volti”, l’affascinante Greta Garbo sconvolse il pubblico e i suoi fan indossando un costume a due pezzi: mutandine nere a vita alta e poco sgambate accompagnate ad un reggiseno di ugual colore fin troppo simile ad un pezzo di lingerie.
La svolta è senza ombra di dubbio il 1946, anno in cui nacque il Bikini, l’indumento da mare più famoso in tutto il mondo. Il nome deriva dalla similitudine attribuitagli dall’inventore Louis Réard: secondo lui infatti il costume avrebbe avuto lo stesso effetto devastante suscitato dalla bomba all’idrogeno sganciata sull’atollo Bikini nell’Oceano Pacifico pochi mesi prima.
La testimonial d’eccellenza, alla piscina Molitor di Parigi, fu la spogliarellista del casino de Paris, Micheline Bernardini, e proprio tale scelta contribuì ad aumentare il disdegno degli americani che gridarono allo scandalo.
Il nome di altre due “bombe” fu in breve tempo sulla bocca di tutti: quello di Brigitte Bardot e Marilyn Monroe, entrambe ritratte in alcune fotografie scattate sulle spiagge più alla moda di allora, con indosso l’oscuro oggetto del desiderio.
Le seguì a ruota la “sensuale Gilda” Rita Hayworth, che fece sognare milioni di fan esibendo succinti due pezzi qua e là, ma mostrandosi anche in tutta la sua incredibile bellezza con castigati costumi interi, come quello ne “La signora di Shangai”, film di e con il suo ex-marito Orson Wells.
Nel nostro paese, la prima a calcare le passerelle con l’accessorio di culto fu Lucia Bosè, che vinse Miss Italia nel 1947 proprio con l’ombelico scoperto. Tre anni dopo Sofia Loren si aggiudicò, con una mise simile, il premio “Miss Eleganza”.
La famosa nuotatrice Esther Williams, attrice in molti film musicali, rinomati per le coreografie acquatiche (celebre fu “Bellezze al bagno”), oppose resistenza e si rifiutò di indossare il bikini, preferendo una tenuta olimpionica di tutto punto a favorirle i movimenti. Ciò fu possibile fin quando le case di produzione non le imposero di rinunciarvi.
Il decennio ’40 – ‘50 rappresenta una chiave di volta: il modello a quadretti con reggiseno a balconcino indossato da BB in “E Dio creò la donna” (1958), le novità introdotte (quali Lastex stampato, Nylon e Lycra) per abbellire i modelli, l’arrivo del “Disco Volante” (il reggiseno senza bretelle) e la guaina “Sexy Form” (per sostenere le natiche) fecero sì che l’invenzione di Réard prese piede una volta per tutte.
Numerose case di moda americane come la Cole, la Jantzen e la Catalina fecero carte false per accattivarsi le attrici più in voga del momento come testimonial per sponsorizzare i loro nuovi esemplari in fatto di costumi da bagno: Bette Davis, la Monroe, la Hayworth, Grace Kelly e la Ekberg erano indubbiamente le più ambite.
Uno dei più osé, comunque, resterà quello indossato dalla bellissima Marisa Allasio nel ’56 nella commedia “Poveri ma Belli”, in cui vestiva i panni di Giovanna, commessa di sartoria, divisa tra l’amore per due bulli di Trastevere, interpretati da Maurizio Arena e Renato Salvatori.
Negli Stati Uniti, comunque, buona parte dell’opinione pubblica continuò a reclamare la sfrontatezza di alcuni attrici nell’esibire l’ormai famoso accessorio: diventati più aderenti e più leggeri, i bikini iniziavano davvero a lasciare scoperto ben più che qualche centimetro di pelle.
La maggioranza delle donne decise di acquistarlo per conquistare i propri uomini, per esibire il corpo scolpito o per semplice civetteria: ormai non era più un’esclusiva delle dive hollywoodiane, ma l’oggetto più ambito di qualsivoglia casalinga disperata.
Il costume intero però, non passò di moda e alcune tra le attrici di maggior successo, lo portarono con stile ed eleganza in numerose pellicole: Jane Russel ne sfoggiò uno nero incrociato sul davanti in “Femmina ribelle” (film sulla lotta di classe in cui recita nel ruolo della statuaria Mamie Stover), e la principessa Grace Kelly ne indossò più d’uno in “Caccia al ladro”. Questo giallo-rosa di Alfred Hitchcock che la vide protagonista al fianco di Cary Grant, le permise di esibirsi in tutta la sua bellezza e grazia con modelli interi a tinta unita neri o bianchi, lievemente scollati con un
semi-gonnellino a renderli ancora più casti, arricchiti da un turbante di egual colore ed occhiali da sole very vintage.
In America gli anni ’60 segnarono il trionfo dei surf-movie, film ambientati sulle spiagge californiane con numerose bellezze in bikini come protagoniste e musiche dei Beach Boys come sottofondo.
Tra le immagini più sexy del cinema d’oltreoceano, tre resteranno indimenticabili: la prima, la meravigliosa Ursula Andress diventata per l’occasione la bond-girl Honey Moon nel film “007 Licenza di uccidere” (1962), che esce dall’acqua con indosso un meraviglioso due pezzi bianco e cinturone con custodia porta coltello alla vita. Per seconda la mora Raquel Welch nella pellicola “One Million Years B.C.” (1966) con un completo in pelle strappata, e la terza, la stupenda Bo Derek in “10” del 1979 che emerge dalle onde con un costume intero color ocra e le perline tra i capelli.
Per quanto riguarda il cinema nostrano, invece, memorabile fu il bikini di Stefania Sandrelli nel 1961 in “Divorzio all’Italiana” al fianco di Marcello Mastroianni, e quello di Catherine Spaak nel celebre film di Dino Risi “Il Sorpasso” (1962). Quest’ultima, lo stesso anno, posò con un pudico costume nero intero ne “La voglia matta”, film di Luciano Salce con Ugo Tognazzi.
Il 1968, anno in cui molte donne bruciarono i reggiseni in piazza per rivendicare la propria emancipazione, rappresentò per le dive hollywoodiane un ulteriore stimolo alla ricerca di libertà ed indipendenza sessuale.
Da quel momento in poi, infatti, scomparirono tutti i freni inibitori e le attrici negli anni Settanta e Ottanta diedero libero sfogo alla loro voglia di apparire.
Nel 1972, secondo la “leggenda”, ad Ipanema, una spiaggia di Rio de Janeiro, la signora Rosa di Primo, brasiliana di origini italiane, indossò il primo costume a Tanga, evoluzione del bikini.
Ci volle poco tempo affinché la nuova moda dilagasse sulle spiagge di tutto il mondo nonostante l’iniziale incertezza dimostrata in Europa.
Il passaggio successivo fu il Topless (oggi rinominato Monokini), ed in poco tempo numerose varianti del modello originario spopolarono in tutto il globo.
Le starlette di casa nostra non si vergognarono di mostrarsi “come mamma le ha fatte”, e nelle commedie all’italiana con Edwige Fenech ne abbiamo ulteriore riprova.
In ambito cinematografico moderno, dive italiane e straniere, non esitano ad esporsi con bikini sempre più succinti o con costumi davvero quasi invisibili: è così che, dai fanciulleschi due pezzi indossati dalla giovanissima Isabella Ferrari in “Sapore di mare” (1982), ai film dei fratelli Vanzina che hanno come protagoniste attrici formose e sensuali spesso in topless, il passo è breve.
Ad Hollywood, nel recente passato, diverse rivisitazioni di alcuni film hanno riaperto le porte al costume da bagno nel cinema: cominciando da Halle Berry in “007 La Morte può attendere”(2002), in cui l’attrice premio Oscar riemerge dalle acque avvolta da uno stupendo bikini arancione con cinturone con coltello al seguito, omaggiando così la già citata Ursula Andress. A seguire è la volta del remake cinematografico di “Charlie’s Angels” (2003) in cui Cameron Diaz si ispira fortemente al look di Tanja Roberts, uno degli angeli originali degli anni Settanta.
E tra le stelle che di recente hanno sbancato ai botteghini come dimenticare la sexy Jessica Alba in “Into the Blue” ?
Passando dal grande al piccolo schermo una citazione d’obbligo la merita indubbiamente Pamela Anderson nel longevo telefilm “Baywatch”: nel ruolo della bagnina C.J. Parker, infatti, fece sognare milioni di adolescenti in tutto il mondo correndo in soccorso del malcapitato di turno, stretta nel suo costume rosso che lasciava ben poco all’immaginazione.
Al giorno d’oggi, al cinema come sulle spiagge di tutto il mondo, il nudo integrale senza più inibizioni impazza, e se nel 1946 la stampa americana titolava: “Il Bikini è un costume in due pezzi che rivela ogni cosa di una ragazza…tranne il nome da nubile di sua mamma”, chissà oggi che cosa direbbero….
E tra le stelle che di recente hanno sbancato ai botteghini come dimenticare la sexy Jessica Alba in “Into the Blue” ?
Passando dal grande al piccolo schermo una citazione d’obbligo la merita indubbiamente Pamela Anderson nel longevo telefilm “Baywatch”: nel ruolo della bagnina C.J. Parker, infatti, fece sognare milioni di adolescenti in tutto il mondo correndo in soccorso del malcapitato di turno, stretta nel suo costume rosso che lasciava ben poco all’immaginazione.
Al giorno d’oggi, al cinema come sulle spiagge di tutto il mondo, il nudo integrale senza più inibizioni impazza, e se nel 1946 la stampa americana titolava: “Il Bikini è un costume in due pezzi che rivela ogni cosa di una ragazza…tranne il nome da nubile di sua mamma”, chissà oggi che cosa direbbero….
giovedì 8 gennaio 2009
Gossip Girl: giovani, carini e viziati a Manhattan
Articolo pubblicato su Gals Magazine, Settembre 2008
Giunto negli States alla seconda stagione, il telefilm è approdato ieri sera anche su Italia1, dopo la messa in onda pochi mesi fa sul Digitale Terrestre.
Nella serie una narratrice anonima, Gossip Girl appunto, fonte inesauribile di indiscrezioni e pettegolezzi, racconta in maniera ironica e accattivante le avventure amorose di un gruppo di ricchi e viziati ragazzi dell’Upper East Side newyorkese, tra intrecci sentimentali e intrighi di ogni genere.
Dopo una brillante prima stagione, questo gruppo di amici che vive nel lusso più sfrenato, party esclusivi e fiumi di champagne, ha conquistato anche il pubblico italiano che ora attende con ansia la messa in onda dei nuovi episodi.
I protagonisti, tutti giovanissimi (classe ‘85 il più “anziano”), hanno ormai migliaia di fan sparsi in tutto il mondo, e il motivo del loro successo è semplice: sono belli, bravi e cercano in tutti i modi di restare coi piedi per terra, nonostante vengano già acclamati come i nuovi beniamini della tv (come è apparso di recente sulla copertina di Teen Vogue che gli ha dedicato un intero servizio fotografico).
Blake Lively: una ragazza irresistibile
Protagonista indiscussa della storia è Serena Van Der Woodsen, la più invidiata della scuola, sfrontata e spericolata, una vera calamita per i ragazzi e per i guai. A vestire i panni di questo personaggio sexy e affascinante, è l’eterea Blake Lively, attrice ventunenne californiana.
Figlia d’arte, il padre è regista e la madre talent scout e i suoi quattro fratelli sono anch’essi attori, debutta all’età di dieci anni nel film Sandman diretto proprio dal papà Ernie Lively.
Il successo arriva però nel 2005 quando, al fianco delle ben più conosciute Alexis Bledel (Rory Gilmore in Una mamma per amica) e America Ferrara (protagonista di Ugly Betty ) interpreta la divertente commedia per ragazze Quattro amiche e un paio di jeans, il cui seguito, per cui è stato confermato il cast originario, dovrebbe uscire sul grande schermo il prossimo anno. Il ruolo della sportiva Bridget gli valse il premio come “miglior attrice emergente” ai Teen Choice Awards di quell’anno.
Dopo un paio di pellicole meno fortunate (Ammesso e Elvis e Annabelle del 2007) eccola finalmente sotto i riflettori in Gossip Girl, dove incarna perfettamente la regina “bella, bionda e pericolosa” di una Manhattan che sembra cadere letteralmente ai suoi piedi.
Un metro e settantotto di altezza, lunghi capelli biondi e meravigliosi occhi verdi sono le peculiarità più evidenti in Blake, che con grazia e eleganza appare ormai qua e là su tutte le più prestigiose riviste patinate: da Cosmo Girl a Lucky, da Seventeen a Vogue.
Curiosità su Blake
° Ha due fratelli (Jason e Eric) e due sorelle (Robyn e Lori) e lei è la più giovane tra i cinque.
° Conosce il suo collega Penn Badgely (Dan in Gossip Girl) da quando avevano undici anni. Negli ultimi tempi girano voci di una loro presunta love story.
° Ai tempi del liceo si è dimostrata molto attiva e impegnata nella vita scolastica: oltre ad essere cheerleader fu anche presidente degli studenti e cantante del coro.
° Nella recente classifica della rivista “Maxim” sulle cento donne più sexy si è piazzata al quarantatreesimo posto.
° Il suo hobby preferito è trascorrere la giornata a Disneyworld.
Leighton Meester: ecco a voi “Queen B”
La bruna Leighton Meester recita nel ruolo della ricca e viziata Blair Waldorf, amica-nemica per eccellenza di Serena, che dopo aver vissuto nell’ombra della rivale durante i primi anni di liceo, è ora intenzionata a spodestarla dal trono. Due profondi ed enormi occhi da cerbiatta rendono Blair affascinante agli occhi dei ragazzi ma far breccia nel suo cuore non sembra per niente facile: lei è competitiva, arrivista ed egocentrica, l’esatto opposto di Leighton nella realtà.
Ospite all’ultimo Telefilm Festival 2008 di Milano, l’attrice si è dimostrata disponibile e cordiale con giornalisti e fotografi, sempre pronta alla battuta e allo scherzo, con un look elegante ma sbarazzino, a differenza degli abiti cool e trendy indossati sul set.
La sua carriera nello spettacolo inizia quando, ancora bambina, si trasferisce dalla Florida a New York ed inizia a posare come modella, diventando in breve tempo testimonial della campagna pubblicitaria di Ralph Lauren. Dopo aver partecipato come co-protagonista in molte serie televisive, (Law and Order, Entourage, Numb3rs, 24, Veronica Mars, Surface) sbarca sul grande schermo nel film horror Hangman’s Curse.
La consacrazione al successo arriva però proprio con Gossip Girl dove per interpretare al meglio il personaggio di Blair in antitesi a Serena, stravolge il suo look tingendosi i biondi capelli di un castano scuro ed intenso. Oltre alla passione per la recitazione, Leighton ama molto cantare e scrivere, e poco tempo fa ha inciso la canzone Drive Thru, colonna sonora dell’omonimo film che la vede protagonista. Chissà cosa ci riserverà per il futuro…
Filmografia di Leighton
2003 Hangman’s Curse, di Rafal Zielinski
2006 Flourish, di Kevin Palys
2006 Inside, di Jeff Mahler
2007 Drive Thru, di Brendan Cowles e Shane Kuhn
2007 The Beautiful Ordinary, di Jess Manafort
2008 Killer Movie, di Jeff Fisher
Chase Crawford: il bel tenebroso
Il Teen Choice Award nella categoria “miglior attore emergente” va a Chase Crawford che in Gossip Girl è il bel Nate Archibald, fidanzato storico di Blair segretamente innamorato di Serena, con la quale in passato ha avuto una breve ma intensa avventura all’insaputa di tutti.
Nate è timido, introverso e riservato e queste stesse caratteristiche si evincono osservando Chase durante le interviste (anche lui ospite al Telefilm Festival 2008): il giovane attore texano è educato e disponibile nel rispondere alle domande, ma piuttosto restìo a parlare della sua vita privata e sentimentale. L’aspetto da surfista e il suo fisico mozzafiato hanno fatto sì che diventasse l’idolo di molte ragazze, ma di questo sembra non accorgersene e dichiara fermamente di non essersi montato la testa e di condurre la stessa identica vita che conduceva prima di ottenere il successo in tv.
Dopo l’infanzia trascorsa a Dallas, Chase intraprende la carriera come modello e, ottenuto il diploma, interrompe l’università al secondo anno per trasferirsi a Malibu e dedicarsi alla recitazione. Il debutto sul grande schermo è nel 2006 con Long Lost Son prima e l’horror The Covenant poi, seguito dalla pellicola Loaded girata successivamente alle riprese di Gossip Girl. Di recente ha recitato in The Haunting of Molly Hartley, thriller paranormale che uscirà nelle sale americane proprio la notte di Halloween.
Curiosità su Chase
° Il suo nome di battesimo è Christopher Chase, ma lui ha preferito abbreviarlo più semplicemente in Chase.
° Suo padre Chris di professione è dermatologo, sua madre Dana invece l’insegnante. Proprio quest’ultima lo spronò a intraprendere la carriera di attore quando lui non sapeva ancora che strada scegliere.
° Al liceo vinse il premio come “Best Dressed” per il suo look sempre trendy ma allo stesso tempo casual.
° Fu dopo un test attitudinale in cui risultò molto portato per la recitazione che decise di mettere in discussione la sua carriera universitaria per diventare un attore.
° I suoi gruppi musicali preferiti sono i Cure, i Nirvana, i Queen, gli Stereophonics e tra le band emergenti i Kooks.
° Il suo sogno nel cassetto è quello di pilotare un aereo almeno una volta nella vita.
Ed Westwick: il fascino del “bello e dannato”
Miglior amico di Nate nella finzione televisiva è Chuck, ricco rampollo di un noto e potente imprenditore, Bart Bass, legato sentimentalmente alla madre di Serena. A dare il volto a questo personaggio maligno e calcolatore ma estremamente affascinante, è l’attore inglese Ed Westwick, classe ‘87. Sguardo penetrante e sorriso malizioso rendono Ed il più amato dalle fan della serie.
Nato nell’Hertfordshire e studente del National Youth Theater di Londra, dopo una lunga esperienza in piccoli ruoli in alcuni telefilm della BBC (Doctors, Casuality, Afterlife), inizia la carriera cinematografica nel 2006 con I figli degli uomini con Clive Owen e Complicità e sospetti al fianco di Jude Law e Juliette Binoche. Grazie all’enorme successo ottenuto con Gossip Girl (che gli è valso il premio “miglior cattivo in una serie tv” agli ultimi Teen Choice Awards) è stato ingaggiato per altri due film, il thriller soprannaturale 100 Feet e il sequel di Donnie Darko previsto per il 2009.
Parallelamente alla carriera d’attore porta avanti anche quella di cantante, con i The Filthy Youth, la band indie-rock alla quale presta la voce.
Curiosità su Ed
° Durante le riprese di Gossip Girl vive a Manhattan in un appartamento che condivide col collega Chase Crawford, quando è al riposo preferisce ritirarsi nella sua casa appena fuori Londra.
° La sua grande passione, oltre alla musica, è il calcio: è infatti un tifoso sfegatato del Chelsea F.C.
° Suo padre è un esperto insegnante di marketing e business e sua madre educatrice psicologica.
° Se non avesse fatto l’attore/cantante, avrebbe scelto di diventare architetto paesaggistico.
° Ha due fratelli maschi più grandi di lui.
Penn Badgley: un duro dal cuore d’oro
Nel ruolo dell’antagonista di Nate e Chuck troviamo il buon Dan Humphrey, meno abbiente rispetto all’élite che lo circonda e anche meno superficiale, ma profondamente sensibile e caparbio.
A differenza della maggior parte dei suoi compagni di scuola, sempre alla ricerca del divertimento più sfrenato e spesso immorale, Dan preferisce rifugiarsi nella sua stanza leggendo libri e scrivendo racconti, e proprio questa differenza abissale farà breccia nel cuore di Serena, che non esiterà ad innamorarsi di lui, che a sua volta la ama di nascosto da parecchi anni.
Ad interpretare questo personaggio positivo è l’attore Penn Badgley, nato a Baltimora nel 1986 e cresciuto a Seattle dove ha recitato per molti anni al “Seattle Children Theater”. Diplomatosi precocemente all’età di quattordici anni, poco dopo si trasferisce a L.A. dove inizia a lavorare nel mondo del doppiaggio. In seguito ad alcune apparizioni in tv (co-protagonista in Will & Grace,
Le cose che amo di te) debutta sul grande schermo nel film indipendente The Fluffer e da lì la strada per arrivare al successo è breve: recita prima nella frizzante commedia rosa Il mio ragazzo è un bastardo con Sophia Bush (One Tree Hill) e poi finalmente firma un contratto per Gossip Girl.
Oltre alla recitazione, la sue più grandi passioni sono lo sport, la musica e la letteratura.
Di recente sono state scattate alcune foto che lo ritraggono in dolce compagnia di Blake Lively su una spiaggia in Messico, mentre si scambiamo carezze e baci romantici: coppia nella finzione ma anche coppia nella realtà insomma!
Filmografia di Penn
2001 The Fluffer, di Richard Glatzer
2006 Il mio ragazzo è un bastardo, di Betty Thomas
2007 Drive Thru, di Brendan Cowles e Shane Kuhn
2008 Forever Strong, di Ryan Little
2009 The Stepfather, di Nelson McCormick
mercoledì 7 gennaio 2009
Macro e mini, griffate e minimal: ecco le borse che hanno fatto la storia della moda
Articolo pubblicato su Girl Syle, maggio 2008
Lo scrittore Samuel Butler una volta ha detto: “I rapinatori ti chiedono la borsa o la vita: le donne vogliono tutte e due” . Che sia una Macro o una Micro Bag, poco importa; che sia una Celebrity Bag o la It Bag del momento, non fa differenza, basta averla. La borsa, ieri come oggi, è uno status symbol, la caratteristica fondamentale che contraddistingue i diversi tipi di donna. E la ricerca della borsa perfetta è la massima aspirazione di ogni fashion victim che si rispetti.
A Hollywood la corsa alla borsa più trendy impazza: attrici, cantanti, personaggi dello show business, ereditiere famose, sono tutte impegnate nel folle inseguimento all’accessorio perfetto. Ogni star fa sfoggio dell’ultima creazione del proprio stilista prediletto che il più delle volte si ingegna a creare la borsa ad hoc, da esibire alla prima passerella o al primo evento mondano tra New York e Los Angeles, teatri indiscussi dell’ostentazione più sfrenata in fatto di borse e scarpe.
La prima vera borsa famosa, nasce in concomitanza alla fondazione della casa Hermes che, già dal 1892 realizzò le petit sac haut à courroies, “la piccola borsa alta con cinghia”. Negli anni ’50, la Principessa Grace Kelly ne fece un uso smodato per coprire le rotondità della sua prima gravidanza e quando nel 1956 comparve sulla copertina di “Life” con l’accessorio al braccio, la casa di moda francese decise di soprannominare il modello “Kelly” in onore della stupenda attrice. Oggi la Kelly esiste in sette misure, dalla mini alla 40, ma il modello più richiesto resta sempre e comunque il 32, quello della principessa Grace, icona di classe ed eleganza.
L’anno precedente, però, esattamente nel febbraio del 1955 (da qui il nome), Coco Chanel creò quella che ancora oggi resta un mito per ogni donna: la numero 2.55, altrimenti detta Mademoiselle. Di forma rettangolare e in pelle matelassé con il fermaglio in metallo dorato ed una catena a tracolla è ormai un evegreen, imitatissima soprattutto nel ricercato tessuto matalassé. Attrici di ogni età la esibiscono nelle occasioni speciali, come ad esempio la giovanissima Rachel Bilson del telefilm The O.C.
Tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 , è Gucci a voler omaggiare una delle personalità più stimate dello show business, l’affascinante Jaqueline Kennedy, moglie dell’allora senatore John Fitzgerald, con una borsa di tela e cuoio, con un unico manico da portare a tracolla ed il moschettone in mezzo. Nata precedentemente nella versione in pelle di coccodrillo per il guardaroba di Ingrid Bergman per il film di Rossellini “Europa ‘51”, diventa poi un must della collezione della Kennedy durante le sue innumerevoli visite a Capri, tanto da acquisire alla fine il suo nome ed essere riprodotta nelle sue infinite varianti col nome “Jackie O”, eredità dei disinvolti anni ’70.
Nel 1984, su un volo aereo Parigi-Londra, Monsieur Dumas, presidente di Hermès, conosce l’attrice-cantante Jane Birkin e le promette che creerà, apposta per lei, una borsa pratica ed elegante, adatta alle sue esigenze. Oggi, 28 anni dopo, il modello Birkin, una macro bag molto capiente con la chiusura in oro e due passanti non è ancora passato di moda. Oggetto del desiderio di molte donne, per averla bisogna mettersi in lista d’attesa ed essere disposte a spendere più di duemila euro. Personaggi famosi del calibro di Victoria Beckham, Naomi Campbell e Sarah Jessica Parker, non sembrano poterne fare a meno.
Celebre un episodio della famosa serie Sex & The City, in cui Samantha Jones, PR per l’attrice Lucy Liu, prova ad usare il nome della sua cliente per saltare la lunga coda di attesa ed aggiudicarsi una Birkin, ma invano poiché alla fine verrà smascherata.
E tra l’elenco di attrici storiche, nonché icone di stile e di eleganza, non poteva certo mancare la meravigliosa Audrey Hepburn, estimatrice di Louis Vuitton e della sua Speedy Bag, il famoso bauletto con lucchetto. Oltre alla Hepburn però, anche un’attrice nostrana si dimostrò una seguace della Speedy: Sofia Loren, premio Oscar nel 1961 per il film “La Ciociara”. Una rivisitazione della borsa è avvenuta di recente e ne sono nate le versioni Total Silver e Gold, molto amate dalla cantante Jessica Simpson.
La casa di moda Fendi, fondata a Roma nel 1925 e inizialmente famosa per pellicce e valige, è ormai ai primi posti per le novità in fatto di borse, lanciate sul mercato ogni anno. Il suo modello più celebre ed apprezzato è, senza ombra di dubbio, quello della primavera del ’96, la Baguette. Il nome deriva dall’usanza di portarla sotto al braccio proprio come fanno i francesi con i filoni di pane; un accessorio quindi molto piccolo e soprattutto poco capiente, ma apprezzato e imitato da molti. Ne esistono versioni e rielaborazioni di diversi tipi e diversi materiali: addirittura una realizzata con una tecnica del 1700 dalla Fondazione Liso di Firenze, con motivi floreali presi dalla “Primavera” del Botticelli . Gwyneth Paltrow, Julia Roberts e Mrs. Ciccone la collezionano in molte delle sue varianti.
La maison parigina Yves Saint Laurent, fondata nel 1962 dall’omonimo designer di origini algerine, venne acquistata all’inizio degli anni ’90 dal gruppo di Gucci. La guida passò quindi nelle mani dell’insuperabile Tom Ford, un vero patito di accessori, e mago nel trasformare le borse in veri e propri oggetti del desiderio. Per Saint Laurent creò tre borse che entrarono nella storia: la Byzance, la Nadja e, soprattutto, la Mombasa. Quest’ultima è caratterizzata dalla particolare forma a sacco con manico in osso e pelle di bufalo o altri pellami pregiati, chiara ispirazione derivatagli dai suoi viaggi e dalla sua passione per l’Africa. Una versione particolarmente preziosa è quella di lino con applicazioni di pelle e perline, sfoggiata da celebrities come Nicole Richie e Nicky Hilton, sorella della più famosa Paris.
La It Bag del 2006 è, indiscutibilmente la preziosa Spy Bag di Fendi, una splendida borsa a mano, pratica e comoda per ogni situazione. In breve tempo la Spy ha spopolato in tutto il mondo ed ha resistito per diversi mesi sulla cresta dell’onda, nonché nelle mani di star del calibro di Mischa Barton, Lindsay Lohan e Paris Hilton.
Proponendola in numerose varianti, in certi casi il team di fendi ha davvero superato se stesso, con versioni davvero esclusive. Basti pensare alla versione extralusso, decorata da una cascata infinita di paillettes (prezzo di listino: 4890 $, il triplo rispetto alla basic), o alla limited editino con stampe del pittore Matisse, sino ad arrivare alla “Tokio Squirrel”, con cristalli ricamati.
All’inizio del 2007, in seguito alle allarmanti notizie sullo stato del nostro pianeta, lo spirito ecologista ha contagiato una stilista, all’epoca emergente, di nome Anya Hindmarch che ideò la ormai famosissima “I’m Not A Plastic Bag” in collaborazione con l’associazione “We are What We Do”. L’idea fu appunto quella di creare una variante in cotone dei normali sacchetti per la spesa da utilizzare al supermercato per evitare l’abuso di plastica e salvaguardare le condizioni del pianeta. Testimonial inconsapevole fu l’attrice Keira Knightely, vegetariana convinta, che sull’onda dell’ecologically correct abolì dal suo guardaroba cuoio e pellame e optò per la Plastic Bag. Bastò vederla nella mani dell’attrice per far sì che questa borsa diventasse un must dello scorso anno. Con 5 sterline salvi il mondo e soprattutto sei alla moda! Le imitazioni e gli sberleffi, nell’ultimo anno però, non si sono risparmiate: e allora ecco nascere le “I’m a Plastic Bag and I’m 100% recyclable”, “I’m a Very Cheap Bag” fino alle “I’m Just a Stupid Bag” o “I’m Just a Fucking Bag”.
Il 2008 è partito all’insegna della dolcezza, o meglio, della golosità, grazie alla casa di moda Gilli, un marchio giovane, di successo ed eclettico, fondato da Giulia Ligresti. Per quest’anno, infatti, la casa di moda in questione ha deciso di puntare su una borsa particolarmente atipica, la Gilli Nutella Cube , in collaborazione con l’azienda Ferrero, volta a valorizzare il brand Made in Italy. La borsa, a forma di cubo è realizzata in vitello nappato marrone e bianco, con applicazioni in cervo vernice, volti a riprodurre le fattezze del celebre barattolo della crema di nocciola. Oltre alla mitica fetta di pane, al bicchiere di latte e alle nocciole perfettamente rappresentati, anche il coperchio del barattolo è quello tipico: tutto zigrinato grazie alle impunture verticali presenti sulla superficie. La Gilli Nutella Cube sarà disponibile nei negozi a partire da febbraio 2008, al prezzo di 594 euro, in soli cento esmplari però: una limited editino che mira a rappresentare l’italianità nel mondo. Nell’universo vip però alcune fortunate come Milly Carlucci, Serena Autieri e Nancy Brilli ne possiedono già una, e pare che la prossima sarà la neo sposina Carla Bruni in Sarkozy.
Ripercorrendo la storia e l’evoluzione delle borse più famose, è facile capire che la borsa perfetta non sembra esistere. Quella adatta ad ogni donna e ad ogni situazione, pare essere un miraggio, un sogno irraggiungibile, un’utopia. Certo è che molti stilisti, nel corso degli anni, si sono avvicinati ad un concetto epico di perfezione, grazie a borse preziose e rare, il più delle volte, ormai, più costose di un gioiello. E chissà, forse un giorno ne nascerà una che potrà arrogarsi il diritto di essere chiamata Perfect Bag.
Anche se forse, in fondo in fondo al cuore di ognuna di noi, il sogno resta sempre e solo quello: la magica, mitica, insuperabile borsa di Mary Poppins, forse poco costosa, ma in grado di contenere ogni oggetto del nostro desiderio.
martedì 6 gennaio 2009
Viaggio nella notte in compagnia del Principe delle Tenebre
[Articolo pubblicato su Gals Magazine - Dicembre 2008]
Carnagione pallida, chiara, quasi trasparente. Occhi profondi, vitrei e misteriosi. Canini sporgenti e minacciosi. Fisico atletico e dotato di una forza incredibile. Il sesto senso acuto, l’intelligenza smisurata e un’innata furbizia.
Di chi stiamo parlando? Avete pochi secondi per rispondere, davvero poco tempo, prima che lui, il Vampiro, focalizzi la sua attenzione sul vostro collo e cerchi di succhiarvi il sangue.
I vampiri, figure eclettiche e misteriose appartenenti a un passato che fu, esseri soprannaturali tanto odiati quanto amati; mostri che da sempre esercitano sugli uomini un’attrazione magnetica, che nei secoli, li ha spinti a indagare sulla loro natura arcana e imperscrutabile.
Creature impenetrabili ed emblematiche, studiate e rappresentate nel corso del tempo da romanzieri, poeti e registi.
E proprio grazie al cinema e alla televisione, i vampiri sono diventati per noi sempre più familiari, comprensibili, addirittura attraenti.
Da tempo infatti, letteratura, cinema e televisione, contribuiscono a dismisura a rendere sempre più attuale la loro figura, e film, romanzi e telefilm, hanno ormai per protagonisti vampiri di ogni tipologia ed età, accrescendo inevitabilmente la folta schiera di ammiratori. Le storie sui vampiri sono misteriose, coinvolgenti, appassionanti, e fanno sempre più luce su una delle creazioni letterarie (o forse realmente esistiti) più famose della storia.
Ecco per voi un breve viaggio nella storia cine-televisiva del genere vampiresco, ora che, soprattutto grazie al dilagare della “cultura” Emo/Dark che trae parte del suo look e ispirazione proprio a esso, ha raggiunto vette di popolarità come mai negli ultimi anni.
“Che cosa significa morire quando si può vivere fino alla fine del mondo?”
Così si interroga Louis De Pont De Lac (Brad Pitt) durante un lungo monologo in Intervista col Vampiro, indimenticabile film del 1994 ispirato all’omonimo romanzo di Anne Rice (maestra indiscussa del genere con la saga Cronache dei Vampiri), che ha per protagonisti oltre allo stesso Pitt, anche Tom Cruise, Antonio Banderas e Kirsten Dunst. Pellicola indimenticabile, pietra miliare del genere, con un’ottima trama, una giusta dose di suspense e arricchita da un cast stellare, è seconda per notorietà forse solo al precedente Dracula di Bram Stoker, di Francis Ford Coppola (1992).
Anche in questo caso si tratta della trasposizione cinematografica dell’omonimo libro, in un film che portò alla ribalta attori giovanissimi ma già talentuosi come Keanu Reeves e Wynona Rider.
Oltre ai romanzi però, ad ispirare i registi, da sempre ci sono anche i fumetti: è il caso di Blade, eroe di carta della Marvel Comics, portato al cinema nei panni dello statuario Wesley Snipes nel 1998, e successivamente nel 2002 con Blade II e con Blade: Trinity nel 2004; un horror in cui azione e fantascienza si fondono insieme per dare vita a questo invincibile personaggio che ama definirsi “molto peggio di un comune vampiro”.
Sempre di trilogia si parla nel caso di Underworld, film con la bellissima Kate Beckinsale e Scott Speedman, del 2002: in questo caso però, i vampiri si trovano al cospetto dei Licantropi, i loro nemici giurati in una guerra senza fine, che prosegue due anni dopo con Underworld: Evolution e si concluderà nel 2009 con il capitolo finale Underworld: Rise of the Lycans.
Ma il fenomeno del momento è indiscutibilmente l’amore impossibile tra Bella e Edward, nuovi idoli dell’universo dei teenager, protagonisti di Twilight, film tratto dal primo omonimo romanzo di Stephenie Meyer, autrice anche dei successivi capitoli New Moon, Eclypse e Breaking Dawn, tomo conclusivo finalmente disponibile da poco più di un mese. Un fenomeno, quello di Twilight, amato da pubblico e critica, in continua ascesa e in procinto di raggiungere il successo ottenuto da un’altra saga per ragazzi, il fantasy Harry Potter.
In tv invece, in principio fu Buffy: the Vampire Stayer, uno dei migliori teen-drama mai prodotti, che narra le avvincenti avventure di Buffy Summers (Sarah Michelle Gellar), ragazza acqua e sapone e studentessa modello, che viene “scelta” come Cacciatrice per combattere contro vampiri, demoni e forze oscure, nella cittadina di Sunnydale, affiancata da un gruppo di fedeli amici sempre al suo fianco nell’aspra sfida contro il nemico. Tra problemi d’amore e lotta contro il Male, la storia di Buffy (tratta dall’omonimo film di Josh Whedon del 1992) procede per 7 lunghe stagioni, conquistando milioni di fan, travolti fra le altre cose dalla sua travagliata e coinvolgente love story con il vampiro Angel, che la abbandona tra le fiamme di un incendio al termine della terza stagione. Da lì nacque poi Angel, lo spin-off della serie, articolato in 5 stagioni, in cui il vampiro trasferitosi da Sunnydale a Los Angeles, lavora come detective privato per sconfiggere il male, lontano dalla sua amata.
Stessa location e soprattutto stesso mestiere per Mick St. John, protagonista di Moonlight, (in onda su Mediaset Premium) serie appassionante e commovente che racconta la storia dell’amore impossibile tra lo stesso Mick, un affascinante vampiro, e l’umana Beth, profondamente innamorata di lui, ma allo stesso tempo spaventata dal suo enorme potere.
E infine, una piccola anticipazione direttamente dagli States: la nuova serie True Blood, che ha per protagonisti vampiri, licantropi e veggenti, in un mix esplosivo di horror, splatter e comedy.
I film e le serie tv a carattere vampiresco restano uno dei prodotti prediletti del mercato dei nuovi media, a ulteriore riprova del continuo fascino che i magnetici “succhiasangue” esercitano sul grande e sul piccolo schermo, rappresentati in tutta la loro austerità e immortalità, a chiedersi costantemente, come dice Edward in Twilight: “Quando puoi vivere per sempre, per cosa vivi davvero?”
Welcome To Me!
Ho sempre pensato che descrivere noi stessi in poche righe fosse una cosa quasi impossibile...
Ora che, per l'ennesima volta, sono qui e vorrei provarci, ovviamente mi mancano le parole... Come volevasi dimostrare del resto...
Un "blog"...
Quante volte negli ultimi tempi ho pensato di realizzarlo e poi mi sono tirata indietro...
Per paura, o forse solo per insicurezza...
D'altra parte già "scribacchio" qua e là nel web e sulla carta stampata (pregando ogni giorno che diventi a tutti gli effetti il mio lavoro), ma non basta...
L'idea del blog mi inibisce da sempre, ma chissà che stavolta non supererò questo mio limite...
Io e la tecnologia poi, non è che andiamo così d'accordo, quindi chissà cosa rischio di combinare... Speriamo solo non esploda il computer...
Vabbè, staremo a vedere...
Comincerò col pubblicare qualche mio lavoro recente, articoli di ogni genere, per lo più legati al piccolo e grande schermo, le mie più grandi passioni; e magari aggiungerò anche qualcosina di un po' più personale, vincendo forse una volta per tutte quest'infantile imbarazzo iniziale...
Proverò a dare tempo al tempo, comunque euforica per questa piccola, ma a modo suo comunque grande, nuova avventura...
Oops... in queste poche righe avrei dovuto presentarmi bene però... Vabbè, lo farò più avanti magari!
Stay Tuned!
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