“E invece, inutile negarlo, la memoria si sta allontanando, e ho già dimenticato troppe cose. Nello scrivere seguendo i ricordi come faccio adesso, a volte vengo preso da una terribile angoscia. All'improvviso mi assale il dubbio di iniziare a perdere la memoria delle cose più essenziali. Il dubbio che tutti i miei ricordi più preziosi, accumulati in qualche zona buia del mio corpo, in una specie di limbo della memoria, si stiano trasformando in una massa fangosa”.
La paura più grande di Toru è proprio questa: dimenticare. Perdersi sul viale nostalgia tra dubbi e domande, disseminando qua e là frammenti di un passato che non tornerà mai più, lasciando soltanto un senso d’inquietudine e amaro in bocca.
Una paura che ci accomuna un po’ tutti del resto, chi più chi meno.
A 37 anni, travolto da un profondo senso di malinconia e solitudine, Toru decide di ripercorre con la mente la sua vita, e in particolare quegli anni travagliati che lo hanno visto trasformarsi da adolescente timido e introverso, nell’uomo che è oggi.
Il periodo dell’adolescenza non è stato semplice per lui, sempre diviso tra un forte senso d’inadeguatezza e un radicato disagio psicologico, tra l’impossibilità di scegliere tra bene e male e la difficoltà a trovare un po’ di stabilità.
Tutto comincia con la morte del migliore amico Kizuki, a soli 17 anni, una sciagura che imprigiona subito il protagonista in un continuo conflitto con la vita e la morte, da solo, a picco in un estenuante dualismo senza fine.
In una fitta rete di flashback spesso confusi o slegati da un ordine cronologico preciso, tra personaggi ambigui ed emblematici ed espliciti riferimenti sessuali, sullo sfondo di un incantevole Tokyo inizio anni Settanta, si scontra così con l’amore, il dolore e le lacrime, tante lacrime.
Troppe, per un ragazzo appena maggiorenne.
Toru entra in contatto per la prima volta con l’amore puro, trascendentale e doloroso quando conosce Naoko, personaggio esile ed estremamente delicato, contorto e travagliato.
Qualcosa in lui cambia dopo l’incontro con Midori, una ragazza viva e passionale, determinata e ottimista, nonostante le ingiuste disgrazie che la vita le ha messo davanti.
Imprigionato in un vortice di dubbi e tradimenti, d’incomprensioni e interrogativi, Toru resta per anni in bilico in una situazione terribilmente complicata, diviso dall’amore per due donne diversissime l’una dall’altra, totalmente agli antipodi tra loro, capaci entrambe di renderlo felice, di completarlo.
E lui, spinto ad amarle, entrambe, in maniera assoluta.
Al centro di Tokyo Blues (Norwegian Wood), intimo e introspettivo romanzo del maestro Haruki Murakami, apparentemente c’è il mondo di Toru, ma in realtà, vi si nasconde un mondo intero.
La sua scrittura, asciutta e intensa, in alcuni passaggi è arricchita da un profondo simbolismo manieristico e si avvale di metafore e assolutismi validi per ognuno di noi.
L’autore ci trascina in un universo a sé stante, dove vengono innescate riflessioni chiave sull’amore e la solitudine, il perdono e la redenzione, pronte a esplodere a ogni nuovo capitolo.
I sentimenti e le emozioni dei protagonisti ci vengono raccontate attraverso il filtro distorto di Toru, ma non per questo perdono valore lungo il cammino.
Tokyo Blues è un clamoroso successo letterario che racconta l’adolescenza come nessun romanzo ha mai fatto prima, e lo fa ribaltando moltissimi punti fermi dalla letteratura contemporanea, scardinando numerosi paletti, innalzando inaspettate verità.
Il dualismo vita-morte che pervade il romanzo, si riflette fortemente anche sui personaggi femminili che dividono Toru in due: la fragile ed eterea Naoko da una parte, l’estroversa e sconclusionata Midori dall’altra. La prima guida il protagonista nel labirinto di una complessa e interminabile analisi interiore, vittima di una depressione che non le lascerà via d’uscita. La seconda invece, prova a insegnarli con estrema fatica e pazienza, a vivere secondo l’hic et nunc, per non sprecare nessuna un’occasione e per non perdere la possibilità di essere felice.
Con Tokyo Blues si sorride e si piange.
È un libro che porta con sé riflessioni e constatazioni vere e universali. Fa commuovere e spaventare.
Toglie il fiato, e lascia un vuoto immenso dentro.
Ma fa venire una gran voglia di ascoltare le canzoni dei Beatles.
Una paura che ci accomuna un po’ tutti del resto, chi più chi meno.
A 37 anni, travolto da un profondo senso di malinconia e solitudine, Toru decide di ripercorre con la mente la sua vita, e in particolare quegli anni travagliati che lo hanno visto trasformarsi da adolescente timido e introverso, nell’uomo che è oggi.
Il periodo dell’adolescenza non è stato semplice per lui, sempre diviso tra un forte senso d’inadeguatezza e un radicato disagio psicologico, tra l’impossibilità di scegliere tra bene e male e la difficoltà a trovare un po’ di stabilità.
Tutto comincia con la morte del migliore amico Kizuki, a soli 17 anni, una sciagura che imprigiona subito il protagonista in un continuo conflitto con la vita e la morte, da solo, a picco in un estenuante dualismo senza fine.
In una fitta rete di flashback spesso confusi o slegati da un ordine cronologico preciso, tra personaggi ambigui ed emblematici ed espliciti riferimenti sessuali, sullo sfondo di un incantevole Tokyo inizio anni Settanta, si scontra così con l’amore, il dolore e le lacrime, tante lacrime.
Troppe, per un ragazzo appena maggiorenne.
Toru entra in contatto per la prima volta con l’amore puro, trascendentale e doloroso quando conosce Naoko, personaggio esile ed estremamente delicato, contorto e travagliato.
Qualcosa in lui cambia dopo l’incontro con Midori, una ragazza viva e passionale, determinata e ottimista, nonostante le ingiuste disgrazie che la vita le ha messo davanti.
Imprigionato in un vortice di dubbi e tradimenti, d’incomprensioni e interrogativi, Toru resta per anni in bilico in una situazione terribilmente complicata, diviso dall’amore per due donne diversissime l’una dall’altra, totalmente agli antipodi tra loro, capaci entrambe di renderlo felice, di completarlo.
E lui, spinto ad amarle, entrambe, in maniera assoluta.
Al centro di Tokyo Blues (Norwegian Wood), intimo e introspettivo romanzo del maestro Haruki Murakami, apparentemente c’è il mondo di Toru, ma in realtà, vi si nasconde un mondo intero.
La sua scrittura, asciutta e intensa, in alcuni passaggi è arricchita da un profondo simbolismo manieristico e si avvale di metafore e assolutismi validi per ognuno di noi.
L’autore ci trascina in un universo a sé stante, dove vengono innescate riflessioni chiave sull’amore e la solitudine, il perdono e la redenzione, pronte a esplodere a ogni nuovo capitolo.
I sentimenti e le emozioni dei protagonisti ci vengono raccontate attraverso il filtro distorto di Toru, ma non per questo perdono valore lungo il cammino.
Tokyo Blues è un clamoroso successo letterario che racconta l’adolescenza come nessun romanzo ha mai fatto prima, e lo fa ribaltando moltissimi punti fermi dalla letteratura contemporanea, scardinando numerosi paletti, innalzando inaspettate verità.
Il dualismo vita-morte che pervade il romanzo, si riflette fortemente anche sui personaggi femminili che dividono Toru in due: la fragile ed eterea Naoko da una parte, l’estroversa e sconclusionata Midori dall’altra. La prima guida il protagonista nel labirinto di una complessa e interminabile analisi interiore, vittima di una depressione che non le lascerà via d’uscita. La seconda invece, prova a insegnarli con estrema fatica e pazienza, a vivere secondo l’hic et nunc, per non sprecare nessuna un’occasione e per non perdere la possibilità di essere felice.
Con Tokyo Blues si sorride e si piange.
È un libro che porta con sé riflessioni e constatazioni vere e universali. Fa commuovere e spaventare.
Toglie il fiato, e lascia un vuoto immenso dentro.
Ma fa venire una gran voglia di ascoltare le canzoni dei Beatles.
“Quello che provo per Naoko è un sentimento incredibilmente dolce, calmo, puro, mentre quello per Midori è di natura completamente diversa. È qualcosa che cammina, respira, pulsa, che mi scuote nel profondo. Io non so più che fare e sono terribilmente confuso. Non voglio assolutamente cercare di giustificarmi ma io ho sempre cercato di vivere con sincerità, senza mentire. E mi sono sempre sforzato di non far soffrire nessuno. Perché allora sono andato a finire in questo labirinto? E questo che non riesco a capire. Cosa devo fare?”
7 commenti:
lettura che mi ha segnata negli anni in cui le letture segnano per la vita!
lo ricordo sempre con enorme struggimento...
Libro splendido, che pur discostandosi per il suo realismo dallo stile di Murakami affronta tematiche a lui care come la morte e la solitudine in maniera semplicemente perfetta.
Forse è il capolavoro di Murakami... secondo me è di quei libri da leggere da adolescenti, tra 'Jack Frusciante è uscito dal gruppo' e 'Ti prendo e ti porto via'...
Tra l'altro, adoro Midori. Naoko non mi ha mai detto molto, ma Midori la adoro.
Cara Stargirl, non sai quanto mi fa piacere sapere che hai letto questo libro...
Un libro (come un film, o una canzone) difficilmente ti cambia la vita. Però può aiutarti a renderla migliore: ecco, 'Norwegian Wood' è un testo dolorosissimo eppure vitale, perchè ti 'costringe' a reagire, malgrado tutto quello che racconta. Ti aiuta ad andare avanti, ad accettarti per come sei e a trovare la forza per stare al mondo.
E' inutile che cerchi di spiegarti quanto amo questo libro. Ti dico solo che non ho mai più voluto leggere altro di Murakami, per 'paura' che questo libro diventasse 'uno dei suoi romanzi'. Per me 'Norwegian Wood' è un gioiello unico, irripetibile.
La frase che hai riportato in testa alla tua recensione è la 'chiave' di tutto il romanzo: i ricordi (TUTTI I RICORDI) diventano inevitabilmente labili, sfocati, man mano che il tempo passa. Il tempo cancella tutto, anche le cose belle, che ci illudiamo di conservare per sempre nella nostra mente. E allora, per non dimenticarle, dobbiamo tuffarci nella vita terrena, e cercare di prendere il meglio che ci offrono le persone che amiamo: ogni persona può darti tantissimo, sia quelle come Midori che quelle come Naoko. Dobbiamo essere noi pronti a ricevere quella parte (grande o piccola, non importa) che di bello ci possono dare.
Io credo (è un'opinione che mi sono fatto) che in realtà Midori e Naoko siano la stessa persona, due facce della stessa medaglia: ognuno di noi ha dentro di sè entrambe le loro caratteristiche: spesso è la vita che fa sviluppare più o meno l'una o l'altra. Ma abbiamo bisogno di entrambe. Una grande lezione.
passa da me.. potrebbe interessarti!! bises
@Pa: splendidamente struggente!
@automaticjoy: più che eprfetta direi!
@Leggivendola: a me piacciono entrambi i personaggi, anzi, forse più Naoko.
@Kelvin: ti sarò virtualmente debitrice sempre per avermelo fatto scoprire, grazie davvero! ^^ sono d'accordissimo con te su Naoko-Midori come due facce della stessa medaglia.assolutamente.
Grandissima lettura, una di quelle che lasciano il segno!
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