Brillante
e sagace la nuova dramedy che ha per protagoniste quattro ragazze newyorkesi
agli antipodi rispetto agli stereotipi griffati e patinati dei teen drama degli
ultimi anni.
Si è appena conclusa sulla HBO, dopo 10 episodi, la nuova serie
midseason, Girls, ideata e prodotta dalla
giovanissima Lena Dunham,
protagonista principale dello show, già regista a 24 anni di Tiny Furniture, delizioso film
indipendente girato con pochi dollari in un loft di Tribeca. La nuova serie ruota intorno alle vicissitudini di quattro ragazze ventenni ed
è ambientata a New York, ma nonostante da queste prime righe possa venire
spontaneo paragonarla a Gossip Girl,
in realtà è quanto di più lontano possa esistere in confronto. Girls si discosta notevolmente dallo show di Josh Schwartz, anzi se vogliamo
è letteralmente agli antipodi del serial della CW, sia per quanto riguarda la
location e i personaggi, sia per le storie raccontate, decisamente più reali e
interessanti rispetto a quelle di Blake
Lively e soci. Girls è l'altra faccia di New York, in tutti i sensi.
Lontani dall'Upper East Side e dal Meatpack District ci ritroviamo finalmente
in una Grande Mela più sobria e moderata del solito: non serve uscire da
Manhattan, basta spostarsi a Nolita, quartiere decisamente più accessibile,
alla portata della middle class, in vecchi appartamenti con la carta da parati
macchiata di caffè, gli specchi incrinati e i posacenere pieni di sigarette
spente a metà. Le protagoniste non hanno un fisico scolpito da top model, né sono bionde e
griffate dalla testa ai piedi: sono ragazze dalle forme più rotonde, con
qualche centimetro di ricrescita sui capelli e le spalle tatuate. Non ci sono
ventenni con le carte di credito illimitate, né ragazzette viziate con un
macchinona da far invidia a un imprenditore, ma protagoniste più
"reali" che si ritrovano a dover (con)vivere con mille dollari al
mese e a lottare col proprio capo nel tentativo di metter fine a uno stage e
ottenere uno straccio di contratto al lavoro. Perché sì, Girls è proprio questo: una serie sui ventenni di
oggi, che anche oltreoceano si ritrovano a fare i conti con la crisi economica mondiale
e con tutti i deficit che essa comporta. Lontanissima da Gossip
Girl insomma, e molto vicina invece alla meno celebre How to Make it in
America: anche se con le spalle all'occorrenza "coperte" da
genitori benestanti, le quattro ragazze della HBO ce la mettono tutta per
andare avanti nella vita senza chiedere aiuto a nessuno, per riuscire a
sfondare senza scendere a compromessi.
Intorno
alla protagonista Hanna (la Dunham appunto), aspirante scrittrice goffa e alauqnto
mascolina anche quando tenta di apparire sexy, ruotano altre tre giovani donne:
Marnie, Allison Williams la coinquilina nonché migliore amica da oltre 15 anni, Jessa, Jemima Kirke amica d'infanzia
giramondo e scapestrata, e Shoshann, Zosia Mamet, la più timida e
infantile del gruppo.
Diverse sotto moltissimi aspetti, ma incredibilmente simili sotto altri, le quattro ragazze si confrontano e incoraggiano di fronte a problemi affettivi e familiari, come in ogni dramedy che si rispetti.
Nel corso della prima stagione, si passa da episodi più leggeri ad altri invece incentrati su temi scottanti, come malattie sessuali, piccole perversioni, tradimenti e crisi d’identità. Molti i pareri discordanti su Girls: c'è chi ha definito la serie "l'anti Sex and the City", chi invece ha parlato delle protagoniste come se fossero le eredi di Carrie & Co, e in entrambi i casi l'impressione sembra errata.
Diverse sotto moltissimi aspetti, ma incredibilmente simili sotto altri, le quattro ragazze si confrontano e incoraggiano di fronte a problemi affettivi e familiari, come in ogni dramedy che si rispetti.
Nel corso della prima stagione, si passa da episodi più leggeri ad altri invece incentrati su temi scottanti, come malattie sessuali, piccole perversioni, tradimenti e crisi d’identità. Molti i pareri discordanti su Girls: c'è chi ha definito la serie "l'anti Sex and the City", chi invece ha parlato delle protagoniste come se fossero le eredi di Carrie & Co, e in entrambi i casi l'impressione sembra errata.
Esattamente come Lost, lo show con la Parker
non ha bisogno, né mai lo avrà, di un erede, sia perché ha lasciato un segno
indelebile nel panorama televisivo della "golden age della
tv", sia perché i tempi sono cambiati e molte cose, oggi, non
sarebbero neanche più al passo coi tempi.
E questo è esattamente il motivo per cui la nuova serie HBO non rappresenta neanche l'anti Sex and the City: è una serie a sé stante, con una propria identità e un potenziale tale da renderla indipendente e non per forza legata a stereotipi o a prodotti televisivi precedenti. Le protagoniste twittano i loro pensieri, passano pomeriggi su Facebook, accettano uno stage pur sapendo che non le porterà lontano. E anche il sesso c'è, ma è ben diverso da quello acrobatico e passionale che fa Samantha: è crudo, “impacciato”, a volte timido, totalmente in linea con l’età e l’esperienza delle protagoniste.
E al posto delle Manolo Blahnik e delle Vuitton, ci sono sneakers e jeans impataccati, ma anche outift vagamente hippie, acconciature improbabili e accessori da mercatino.
Nel corso di questa prima stagione, impariamo a conoscere le quattro ragazze al centro del plot, e nonostante l’attenzione sia rivolta principalmente ad Hanna, le altre tre non vengono di certo trascurate. In poche puntate abbiamo visto Marnie trasformarsi da una ragazzetta riflessiva e diligente in una donna istintiva e passionale, e Jessa metter da parte il suo atteggiamento da lolita impertinente per sposare un uomo conosciuto due settimane prima e sfidare la sorte. Nell’arco di questi episodi Shoshanna è riuscita a superare alcuni blocchi emotivi che le impedivano di vivere liberamente la sua sessualità, e Marnie stessa ha trovato il coraggio di stravolgere la sua vita, professionale e sentimentale.
Quattro ragazze coraggiose e temerarie, piene di difetti come qualsiasi altro essere umano, ma caparbie e tenaci, disposte a lottare per vedere realizzare i propri sogni.
In alcuni punti, la sfacciataggine della serie si è imposta prepotentemente, lasciando in più di un’occasione lo spettatore interdetto e a bocca aperta: alcune scene esplicite però, sono servite a rimarcare ancora una volta, l’autenticità che la Dunham cerca di dare alle storie che racconta, senza filtri, né peli sulla lingua, né tantomeno mezze misure.
La serie della HBO prova a portare la realtà sul piccolo schermo, a volte con prepotenza, altre volte con fragilità, rivolgendosi a un pubblico che è molto più simile alle protagoniste di quanto non creda: quei twenty-something smarriti, confusi, vulnerabili, che spesso, come la protagonista al termine della prima stagione, si fermano a chiedersi “Where am I?”, “Dove sono?”.
E questo è esattamente il motivo per cui la nuova serie HBO non rappresenta neanche l'anti Sex and the City: è una serie a sé stante, con una propria identità e un potenziale tale da renderla indipendente e non per forza legata a stereotipi o a prodotti televisivi precedenti. Le protagoniste twittano i loro pensieri, passano pomeriggi su Facebook, accettano uno stage pur sapendo che non le porterà lontano. E anche il sesso c'è, ma è ben diverso da quello acrobatico e passionale che fa Samantha: è crudo, “impacciato”, a volte timido, totalmente in linea con l’età e l’esperienza delle protagoniste.
E al posto delle Manolo Blahnik e delle Vuitton, ci sono sneakers e jeans impataccati, ma anche outift vagamente hippie, acconciature improbabili e accessori da mercatino.
Nel corso di questa prima stagione, impariamo a conoscere le quattro ragazze al centro del plot, e nonostante l’attenzione sia rivolta principalmente ad Hanna, le altre tre non vengono di certo trascurate. In poche puntate abbiamo visto Marnie trasformarsi da una ragazzetta riflessiva e diligente in una donna istintiva e passionale, e Jessa metter da parte il suo atteggiamento da lolita impertinente per sposare un uomo conosciuto due settimane prima e sfidare la sorte. Nell’arco di questi episodi Shoshanna è riuscita a superare alcuni blocchi emotivi che le impedivano di vivere liberamente la sua sessualità, e Marnie stessa ha trovato il coraggio di stravolgere la sua vita, professionale e sentimentale.
Quattro ragazze coraggiose e temerarie, piene di difetti come qualsiasi altro essere umano, ma caparbie e tenaci, disposte a lottare per vedere realizzare i propri sogni.
In alcuni punti, la sfacciataggine della serie si è imposta prepotentemente, lasciando in più di un’occasione lo spettatore interdetto e a bocca aperta: alcune scene esplicite però, sono servite a rimarcare ancora una volta, l’autenticità che la Dunham cerca di dare alle storie che racconta, senza filtri, né peli sulla lingua, né tantomeno mezze misure.
La serie della HBO prova a portare la realtà sul piccolo schermo, a volte con prepotenza, altre volte con fragilità, rivolgendosi a un pubblico che è molto più simile alle protagoniste di quanto non creda: quei twenty-something smarriti, confusi, vulnerabili, che spesso, come la protagonista al termine della prima stagione, si fermano a chiedersi “Where am I?”, “Dove sono?”.
Se
siete a caccia dell'ennesima serie ambientata a NY, tutta glitter e lustrini,
allora è meglio che interrompiate subito la visione.
Se invece cercate qualcosa di maggior spessore, beh, lo avete trovato. Girls non mette in scena la perfezione, anzi, ma va apprezzato proprio perché è vero, più di molti altri: è un'altra New York quella che ci viene mostrata, ma anche questo ha il suo fascino, provare per credere.
Se invece cercate qualcosa di maggior spessore, beh, lo avete trovato. Girls non mette in scena la perfezione, anzi, ma va apprezzato proprio perché è vero, più di molti altri: è un'altra New York quella che ci viene mostrata, ma anche questo ha il suo fascino, provare per credere.
Per info e photogallery visitate il sito Movieplayer.it!
3 commenti:
serie cult assoluta! dopo pochi episodi convince in pieno... ora non resta che aspettare la season 2
mi hai decisamente convinto, lo guardo!
@Cannibale: speriamo seguiti così!
@Francesca: ;) bene!
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