Anna e Francesca vivono in uno dei grigi casermoni di Via Stalingrado, nella piccola provincia industriale di Piombino. Hanno quasi quattordici anni, e sono inseparabili da quando sono nate.
Anna e Francesca sono amiche del cuore, sono sorelle, sono vittime della società di oggi e di genitori maneschi e arraffoni, sono due ragazzine alla deriva.
Anna è mora, snella e longilinea, sensuale come una donna vera, provocante come le veline in tv, con grandi aspirazioni per il futuro, e a pochi giorni dall’inizio del liceo, sogna già l’università a Milano e la gavetta per diventare avvocato. Anna ha un carattere forte, autoritario, nonostante i comportamenti infantili e un attaccamento ai limiti del morboso nei confronti di suo fratello Alessio.
Francesca è bionda, ha un fisico da modella, il corpo ricoperto di lividi ed escoriazioni perché suo padre la picchia per punirla dei suoi comportamenti frivoli, dopo averla spiata con un binocolo quando gioca sulla spiaggia con gli amici. Ha un carattere debole, remissivo, a tratti lascivo, ed è innamorata di Anna. La loro amicizia, nata in maniera spontanea e naturale, con gli anni si trasforma, proprio come il loro corpo, fino a sfociare in un bacio appassionato e assurde scenate di gelosia, che segnano inevitabilmente la fine del loro rapporto.
Anna e Francesca litigano una mattina d’estate, per una cosa da niente, e la lite si protrarrà per quasi un anno, scandita da silenzi, lacrime e tanto, troppo dolore.
Francesca col naso rotto dall’ennesimo pugno di suo padre. Francesca che piange ogni notte perché le manca la sua migliore amica. Francesca che inizia a ballare mezza nuda in un locale ogni sera, per evadere dalle quattro mura violente di casa sua.
Anna che fa l’amore con un ragazzo di dieci anni più grande di lei. Anna abbandonata dal padre, troppo occupato a smerciare opere d’arte rubate piuttosto che badare ai suoi figli. Anna che finge indifferenza mentre suo fratello tira di coca ogni sera per dimenticare le angherie subite di giorno nell’acciaieria in cui lavora. Anna che in quell’acciaieria perde suo fratello, vittima di un incidente sul lavoro.
Anna e Francesca, che dopo un anno, si rincontrano, alle sette di mattina, e come se nulla fosse mai accaduto, come se niente in quei mesi fosse cambiato, preparano lo zaino con i costumi e i teli da mare, e prendono il traghetto per l’Elba, mano nella mano.
Anna e Francesca sono le protagoniste di Acciaio, romanzo d’esordio di Silvia Avallone, vincitrice del premio Campiello Opera Prima, e seconda classificata al premio Strega 2010. Caratterizzato da una scrittura rapida e asciutta, il libro scorre via veloce, ed è proprio questo il motivo per cui si resta aggrappati alle pagine, sfogliandole velocemente una dopo l’altra, divorandole quasi, per arrivare alla fine.
Ma ciò non deve trarre in inganno: il fatto che un testo si legga in pochi giorni, non è sempre sinonimo di qualità. Nulla da dire sullo stile della giovane autrice (classe ’85) assolutamente eccellente, considerando soprattutto che Acciaio rappresenta la sua opera prima, né sulla cruda realtà suburbana al centro della storia, per certi versi notevolmente intensa e coinvolgente. A non convincermi affatto sono i personaggi, stereotipi di una società decadente e mediocre, macchiette preconfezionate per nulla originali o interessanti: la bionda e la mora, la vicina di casa brutta e invidiosa, il ventenne cocainomane, il padre manesco e quello imbroglione, una madre coraggiosa e un’altra eterna vittima di una vita che l’ha ripudiata. E ancora, come se non bastasse, la ragazza madre, quella intelligente e acculturata che sposa l’operaio, il bello e dannato che torna dalla città e approfitta delle adolescenti che cadono ai suoi piedi, lo scapestrato che pensa solo al sesso, le sbarbatelle che fanno “le vasche” in centro per mettersi in mostra davanti al “bel paese”. Acciaio è un romanzo con un ottimo potenziale, che però viene sfruttato a metà: ciò che manca alla Avallone è il coraggio, nel vero senso della parola. Il coraggio di andare “oltre” quella trasgressione velata che accenna appena, in quell’amore saffico troncato sul nascere, e non per la vigliaccheria delle protagoniste, ma per la codardia dell’autrice stessa. Il coraggio di punire i personaggi negativi, relegati in un limbo che ahimè, lascia fin troppe opportunità di rivalsa, perché non si azzarda ad andare oltre. Oltre quella condizione snervante e deprimente che sì, pervade Via Stalingrado, ma che lì nasce e muore, senza fare mai un passo avanti.
Acciaio è senza dubbio un buon romanzo, ma è privo di quel valore aggiunto che gli permetterebbe di distinguersi da altri, e di questi tempi, sarebbe davvero utile fare la differenza.
10 commenti:
...non ho trovato una buona recensione nemmeno a pagarla... e chi lo legge???
Baci,
Azzurra
economistapercaso.blogspot.com
a me è piaciuto, anche se l'ho trovato un pò esagerato in alcuni tratti, quasi surreale, soprattutto quando descrive alcuni momenti...ma tu hai mai visto un'adolescente che balla in bagno con l'intenzione di farsi spiare? io no, probabilmente ci sono,,,,ma non so, l'ho visto un pò forzato in alcuni passaggi!
Anch'io mi sono fatto abbindolare dalla tanta pubblicità riservata a questo libro. E mi stimolava anche il fatto che la vicenda fosse ambientata nella mia regione.
Ebbene... penso che siano stati i soldi peggior spesi in vita mia. Non ho ben capito dove volesse andare a parare l'autrice, ma spacciare questo libro come 'uno spaccato sul mondo del lavoro e sulla condizione operaia ai tempi d'oggi' (come ho letto da qualche parte) è una bestialità allucinante!
Acciaio è solo una pruriginosa e moralistica storia su due ragazzine alle prese con i primi fremori sessuali. Stop. Nel libro non c'è NIENTE che caratterizzi e contestualizzi la loro storia con la società in cui vivono. Ciò che mi fa incazzare (scusate il termine) è il fatto che una scrittrice bolognese (credo) ambienti una storia in una regione che NON conosce e nemmeno si sforzi di farlo.
Piombino non sarà Firenze, questo è certo. Ma non è nemmeno il Bronx, e onestamente il ritratto che ne dà la Avallone è scandaloso, offensivo e totalmente falso. E se la signorina Avallone si fosse almeno sforzata di fare un giro in Toscana saprebbe che da noi nessuno nel linguaggio comune dice 'padre' o 'madre' ma 'babbo' e 'mamma'. Saprebbe che Portoferraio si scrive tutto attaccato e non Porto Ferraio. Saprebbe far parlare in toscano i Toscani e non in una lingua impersonale che non coinvolge nessuno.
Uno dei libri più brutti che abbia mai letto in vita mia.
@Economista: tanto a febbraio esce il film, OVVIAMENTE, che sarà ancora peggio del libro.. guarda quello se sei curiosa, almeno spendi anche meno!
@MichiVolo: decisamente esagerato! l'impressione è che l'autrice voglia "trasgredire" con situazoni paradossali, perché analizzando la realtà così com'è, altrimenti non ci riesce.. e invece la realtà degli adolescenti di oggi è proprio surreale sotto molti aspetti della vita quotidiana.
@Kelvin: concordo pienamente con te, e non sei l'unico ad afefrmare queste cose ifnatti. Moltissimi tuoi compaesani, sono insorti contro laAvallone, e ne avete tutte le ragioni! Come ho scritto, le manca il coraggio per raccontare una storia vera, perciò si para dietro sciocchezze simili e fantasticando sulla vera realtà operaia di oggi. In alcuni passaggi l'ho trovata veramente forzata e poco realistica. Non capisco errori come Portoferraio etc: accidenti, ma almeno documentati cari Avallone visto che hai la possibilità di pubblicare un romanzo oltretutto! errori da principiante proprio..
Parlando d'altro, finito Acciaio ho iniziato subito Norvegian Wood! ;)
Lo sto leggendo proprio in questi giorni e in effetti ho la tua stessa sensazione (che mi aveva già anticipato un'amica). Confermerò a lettura completata!
In compenso Norvegian Wood è molto bello, vedrai!
Ah, bello Norwegian Wood, l'ho finito qualche settimana fa... Poi fai la recensione se ti va, così leggo cosa ne pensi ;)
Ho letto anche Acciaio, come te l'ho trovato scorrevolissimo e quant'altro, ma in effetti anche io sono stata molto restia a considerare i fatti realistici... Come Michi, anche io penso che magari qualche ragazzo come quelli che descrive lei c'è, ma non so quanto facciano cose così assurde... Devo anche dire, però, che vivendo in un paese di provincia, altre delle cose descritte nel libro le ho viste, tipo il fare le "vasche" solo per farsi vedere (alcuni addirittura con la macchina, lungo la strada del "centro" che se è lunga 800 m è tanto)...
Diciamo che non l'ho trovato del tutto da buttare, ecco, ma non lo salverei nemmeno...
@Iaiakasa: buona lettura allora, anche se penso ti deluderà!
@Selli: si si, farò sicuramente la recensione di Murakami! :)
A fine lettura, fammi sapere un tuo parere definitivo su Acciaio! :) a presto
Molto carino il libro...devo comprarlo ho letto una 40 pagine alla feltrinelli..interessante
bel blog cmq..tia seguo e ti aspetto sul mio se hai voglia...
http://marcogilento-hairstylist.blogspot.com/
Anch'io aspetto la tua recensione di Murakami. Non perchè 'pretendo' un giudizio per forza positivo (non ho mai preteso nulla da nessuno), ma perchè sono curioso di conoscere le reazioni che può scatenare un libro del genere in una persona (come te) che ritengo molto diversa da come sono io... per me 'Norwegian Wood' è un inno alla vita, e a come si può convivere col dolore e trarne maggior forza per andare avanti. E' un libro che parla di morte ma regala speranze.
Aspetto il tuo commento.
ciao Stargirl, sono passata a conoscerti e ho letto qualcosa (da questa postazione orario 8 - 14 non ho molto tempo).
Mi è piaciuta la tua presentazione di aspirante scrittrice: "du courage" finalmente!
Ritornerò con più tempo
ciao
Nina
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