In onda su Sky quest’estate la nuova dramedy di Showtime che ha per protagonista una donna che in maniera atipica e inusuale affronta il cancro senza cercare di sconfiggerlo, in un crescendo di risate, lacrime ed emozioni.
Cathy Jamison è un’insegnante, vive in Minnesota, ha 42 anni, un marito noioso, un figlio adolescente impertinente, e un cancro al quarto stadio.
Moglie e madre premurosa e morigerata, e professoressa modello, l’estate in cui le viene diagnosticato un melanoma pressoché incurabile, Cathy abbandona le buone maniere e accantona lo stereotipo della casalinga per bene, stravolgendo completamente la sua vita.
Reagisce in maniera inaspettata alla triste notizia e anziché piangere e disperarsi, decide di approfittare del tempo che le rimane per togliersi ogni sfizio e soddisfazione: ritira tutti i suoi investimenti dal conto in banca, manda il marito fuori di casa perché la rende scontenta e si abbandona a comportamenti istintivi e imprevedibili.
Non si limita a comprare una decappottabile rosso fuoco o a pasteggiare ad astice e champagne, ma decide di tenere nascosta la verità a tutte le persone a lei vicine, per risparmiarsi atteggiamenti compassionevoli o rammaricati e fiumi di lacrime.
All’improvviso così, agli occhi degli altri, il suo comportamento inizia ad apparire totalmente folle e privo di ogni logica, fuorché allo spettatore, da subito a conoscenza della malattia e di riflesso complice di Cathy.
Questa, a grandi linee, è la trama di The Big C (in onda dal 21 giungo ogni martedì alle 22.45 su FoxLife, giunta invece alla seconda stagione negli States) che ha come protagonista una strepitosa Laura Linney, tre volte candidata all’Oscar, e vincitrice quest’anno del Golden Globe come miglior attrice protagonista per questa incredibile dramedy creata e sceneggiata da Darlene Hunt (già dietro Will & Grace).
Trasmessa da Showtime, che negli anni ci ha regalato perle del panorama telefilmico, come Dexter, Californication, Nurse Jackie e ultimo, ma solo in ordine di tempo, l’irriverente Shameless (remake dell’omonima serie inglese), The Big C vanta, proprio come i suoi predecessori, caratteristiche poco convenzionali, affrontando con una leggerezza solo apparente, un tema scottante come quello del cancro.
Dosando perfettamente la giusta dose di humour e di lacrime, lo show alterna momenti di forte intensità a intervalli più leggeri, tentando di esorcizzare la malattia del secolo infrangendo luoghi comuni che altrimenti non ci porterebbero a scherzarci su, come afferma la stessa Hunt:
“Il cancro non è una cosa divertente, ma lo sono le persone; e il modo con cui scelgono di fare i conti con situazioni differenti, possono essere ilari a prescindere dalle circostanze. Mi piace rendere divertenti le cose che non lo sono, e far ridere la gente su cose che possono essere dolorose”.
Con i suoi atteggiamenti fuori dagli schemi Cathy ci fa sorridere, a volte commuovere, spronandoci a riflettere, senza mai esagerare e rischiare così di cadere nel melenso, esortando spesso lo spettatore a ridere e a piangere nell’arco di un unico episodio.
A metà strada tra il drama e la comedy, la serie rispecchia perfettamente lo stato d’animo della protagonista, guardando al cancro sotto una luce nuova, senza reagire in modo remissivo o arrendevole, ma prendendo invece il toro (in questo caso la vita) per le corna, cercando di cogliere al volo tutte le seconde chance che altrimenti andrebbero perse, argomento su cui l’autrice torna spesso a insistere: “La proposta per questa serie è arrivata in un momento particolare della mia vita. Mi stavo chiedendo: ‘Come devo usare il tempo che mi rimane?’. Ho 47 anni e ho potuto constatare che dopo i 40, il tempo vola, la vita scorre senza che tu te ne accorga e ci si dispera per aver perso la giovinezza. Ho capito che c’è qualcosa di terribilmente sbagliato in questo atteggiamento. Penso che questa attitudine dimostri una totale mancanza di sensibilità nei confronti di chi non ha o non ha avuto il privilegio di avere una lunga vita”.
Una comedy fuori dal coro, macabra e aggressiva, ma allo stesso tempo intensa e intima, a tratti corale, a tratti introspettiva, che mostra come reagire, in maniera estrema magari ma indubbiamente plausibile e inaspettata, di fronte alla notizia di una morte imminente e inevitabile, azzardando scelte inconsuete, come accade, ad esempio, in Breaking Bad.
La grande C del titolo può essere interpretata liberamente, può riferirsi all’iniziale del nome della protagonista, o a quello della malattia, a noi, come a molti altri, piace attribuirla al Carpe Diem sbandierato da Cathy, un inno a cogliere le occasioni al volo, una frase che può apparire retorica, ma totalmente adatta invece, a questi anni in cui tutto corre via alla velocità della luce.
È la stessa creatrice ad affermarlo: “In realtà la serie non parla di morte, ma di vita e delle scelte che facciamo o che dovremmo fare. Esprime l’emozione psichica e fisica, della vita, e di quanto sia importante lo spirito con cui la si affronta”.
Attorno a Cathy, nell’arco dei 13 episodi che compongono la prima stagione, un variopinto microcosmo di personaggi curiosi e dalle mille sfaccettature, interpretati da una schiera di attori brillanti e talentuosi, volti noti e non.
Oliver Platt (Huff, Nip/Tuck, Kinsey) recita nel ruolo del goffo e accondiscendente marito Paul, con cui Cathy rompe nel pilot, per tornarci insieme poco prima del finale di stagione, ritrovando un equilibrio di coppia perduto da tempo, ricarburato con un breve periodo di separazione, durante il quale la protagonista ha avuto modo di provare il brivido del proibito con l’aitante collega Lenny (Idris Elba, Luther) concedendosi una veloce e intensa tresca extra-coniugale.
L’estate in cui scopre di avere il cancro, la donna riesce paradossalmente a ringiovanire, ritrovando quella bellezza nascosta sotto i vestiti da casalinga a cui neanche il suo medico Todd (Reid Scott) sembra riuscire a resistere, e tirando fuori una forza di carattere che neanche suo fratello Sean (John Benjamin Hickey) pensava avesse.
Ed è proprio lui, uno dei personaggi più interessanti e divertenti della serie, un trentacinquenne scapestrato e anticonformista, che dorme nel parcheggio di un centro commerciale come forma di protesta contro il consumismo imperante, conducendo una vita da clochard. Il ritrovato e controverso rapporto con la sorella (che scopre essere malata solo all’inizio della seconda stagione), lo aiuta in un certo senso a “fare pace con la vita”, in un momento per lui molto importante: quando sta per diventare, accidentalmente, papà.
E se The Big C affronta magistralmente i rapporti familiari fra coniugi o fratelli, riesce in maniera altrettanto brillante a scavare a fondo nell’amicizia, componente essenziale nella vita di Cathy,
a partire da una delle sue studentesse, Andrea, interpretata dalla strabiliante Gabourey Sidibe, stella del discusso Precious, ragazza di colore sovrappeso a cui Cathy offre tutto il suo sostegno morale, e con la quale spesso si troverà a discutere su tematiche forti e significative per un’adolescente.
A movimentare la vita della Jamison, ci pensa a metà stagione anche Rebecca, ex roomate ai tempi del college, migliore amica storica scomparsa nel nulla vent’anni prima, che torna all’improvviso in occasione del quarantatreesimo compleanno della protagonista e che non tarderà a combinare un grosso pasticcio quando, dopo un’avventura fugace, resterà incinta di Sean. Nei panni di Rebecca, nientemeno che Cynthia Nixon, Miranda in Sex and the City, che con The Big C, segna il suo ritorno sul piccolo schermo, in un ruolo che sembra cucito su misura per lei.
Ma il legame indubbiamente più importante per Cathy è senza dubbio quello con la vicina di casa scorbutica e diffidente Marlene (la strepitosa Phyllis Somerville), la prima a cui confessa di essere malata, rappresenta per la protagonista un appiglio cui aggrapparsi nei momenti più difficili, un vero e proprio punto di sfogo durante le diatribe con l’impertinente figlio Adam (Gabriel Basso), quattordicenne introverso e viziato con cui lei cerca disperatamente di recuperare il rapporto prima che sia troppo tardi. E sarà proprio Marlene, che si toglierà la vita sul finire della stagione, a dare una spinta in più a Cathy, spronandola col suo gesto a non sprecare un minuto della vita che le rimane, e a tentare cure mediche alternative o sperimentazioni pur di rimanere più a lungo possibile con i suoi cari.
Un cambio di rotta nell’atteggiamento della protagonista, evidente sin dal decimo episodio, che segna un notevole cambio di registro nel tono della serie: il ritmo si abbassa leggermente quando la protagonista decide di intraprendere una strada differente, meno dedita al carpe diem, più incentrata su un ipotetico happy ending, che però probabilmente alla fine non arriverà.
La Cathy che all’inizio sembrava folle e che in realtà voleva solo andare incontro alla morte vivendo al cento per cento, lascia spazio a una Cathy più riflessiva, forse un po’ noiosa, ma decisamente più realistica, una donna che decide di far scorta di forza e coraggio prima di gettarsi nel vuoto e tentare il tutto per tutto pur di poter vivere il più a lungo possibile.
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