There's no point to any of this. It's all just a... a random lottery of meaningless tragedy and a series of near escapes. So I take pleasure in the details. You know... a Quarter-Pounder with cheese, those are good, the sky about ten minutes before it starts to rain, the moment where your laughter become a cackle... and I, I sit back and I smoke my Camel Straights and I ride my own melt.

mercoledì 12 marzo 2014

Girls 3x09: a pochi episodi dal finale di stagione, "Flo" è il miglior episodio di quest'anno



Una puntata dedicata interamente ad Hannah e marginalmente anche ad Adam, irrompe senza intaccare minima il ritmo della serie.
Commovente e toccante, l’episodio racconta perfettamente tutte le implicazioni che, una situazione drammatica, riesce a far saltar fuori in una famiglia piuttosto travagliata.

Hannah corre al capezzale di sua nonna Flo, costretta in ospedale dopo essersi rotta un femore, e gravemente malata di polmonite. Lì, oltre a sua madre, trova le sue due zie e la cugina Rebecca. Ancora una volta, la protagonista si ritrova in una situazione grottesca in cui sentirsi un pesce fuor d’acqua è inevitabile. Il rapporto altalenante con sua madre e le sorelle e quello parecchio contraddittorio con la cugina Rebecca, non fanno che acuire l’insicurezza di Hannah, che riesce a trovare pace soltanto seduta al fianco della nonna, accarezzandole le mani lisce, guardandola negli occhi paciosi, tra rughe, sorrisi di circostanza e capelli bianchi.
Un giorno intero lontano da New York e da Adam, che ad Hannah sembra una vita intera. Costretta da sua madre a mentire alla nonna annunciandole che presto si sposerà, per potersi aggiudicare un anello di famiglia bramato dalla madre, Hannah si rende conto, ancora una volta, che no, lei non sarà così “da grande”. E anche quando Adam incontra finalmente sua madre, nei corridoi dell’ospedale, e Hannah resta sola con la donna ascoltando ancora una volta critiche sulla sua vita provata e consigli non richiesti, capisce che la strada da intraprendere in futuro, dovrà discostarsi parecchio da quella della sua famiglia.
Trascorsa la notte, la protagonista tira finalmente un sospiro di sollievo quando il peggio sembra passato e la nonna sembra definitivamente guarita. Riparte per New York, ma appena scesa alla Grand Central Station, un colpo al cuore quando, le giunge notizia della morte improvvisa di Flo.
Hannah contro tutti, Hannah diversa da tutti.
Ancora una volta, la nostra protagonista lascia il segno, indelebile, del suo passaggio.
Inarrestabile, capace di meravigliare e stupire ogni volta. Perché sì, quando la Horvath smette i panni “dell’antipatica”, riesce veramente a rivelarsi un personaggio meravigliosamente vero e magnetico.
Triste l’assenza di Marnie, l’amica più vicina ad Hannah, che in momento così delicato avrebbe dovuto essere al suo fianco. Fortuna che il vuoto lasciato dalla sua presenza in quest’occasione, sia stato perfettamente colmato da Adam.
Nei panni di Rebecca, l’antipatica cugina di Hannah, la giovane Sarah Steele, apparsa in alcune serie tv come Nurse Jackie, Blue Bloods, The Good Wife. Nel ruolo della nonna Flo, June Squibb, apparsa recentemente in Nebraska, grande successo cinematografico di Alexander Payne.
A tre episodi dalla fine della stagione, le sorti delle protagoniste cominciano a delinearsi sempre più: Jessa caduta di nuovo nel tunnel della cocaina, Shosh a un passo dal finire gli studi, Marnie decisa a dare una seria sferzata alla sua carriera lavorativa, Hannah in bilico tra problemi familiari e lavorativi. Nel prossimo episodio vedremo come le quattro ragazze reagiranno alle loro diverse situazioni personali.

giovedì 6 marzo 2014

Grey's Anatomy: la serie di Shonda Rhimes riparte dopo la lunga pausa invernale



L’attesa è finalmente finita per milioni di fan sparsi in tutto in mondo: il ritorno della serie di Shonda Rhimes, ha svelato, finalmente, la decisione di April di fronte alla dichiarazione d’amore di Avery nel giorno del suo matrimonio.

SPOILER sull'episodio 10x13

Si riparte dal giorno del matrimonio di April Kepner, subito dopo la struggente dichiarazione d’amore di Jackson. I due ragazzi fuggono dalla Chiesa senza riflettere troppo sulle conseguenze e sin dai primi minuti, la Kepner manifesta i suoi dubbi.
Salto temporale di tre settimane e la situazione tra i due sembra essere in stallo. Tutti si chiedono cosa possa essere successo, nessuno osa fiatare. Solo alla fine dell’episodio, la verità viene a galla: i due ragazzi si sono sposati in gran segreto, poche ore dopo essere fuggiti dal matrimonio di April. Nel frattempo al Grey Sloane Memorial Hospital, un  Owen più severo che mai, sembra non riuscire a perdonare l’errore di Ross, colpevole di aver ridotto il padre di Alex in fin di vita. Inevitabile lo scontro tra il capo dell’ospedale e Webber, da sempre più comprensivo e meno intransigente con gli specializzandi. Arizona e Callie, sul punto di rompere durante il matrimonio di April, sembrano aver superato il loro momento di crisi e sono ora in procinto di cambiare casa. Diversamente da loro, tra Mer e Derek la crisi sembra invece tornata nello stesso istante in cui il neurologo ha deciso (come biasimarlo), di accettare di collaborare con il Presidente degli Stati Uniti. Mentre Alex, pur trattenendo le lacrime, vede morire Jimmy davanti ai suoi occhi. Intanto una notizia improvvisa arriva a sconvolgere il Consiglio del Grey Sloane: qualcuno ha esposto denuncia per molestie sessuali nei confronti dell’ospedale. Da questo momento in poi, secondo nuove regole ferree, qualsiasi relazione non riconosciuta legalmente, sarà inaccettabile.
Inutile negarlo: la breve tregua tra Meredith e Cristina non può che farci sorridere.
Certo, i problemi tra le due non sono certo risolti, tutt’altro, ma vederle di nuovo insieme, affiatate, dopo tutto questo tempo e dopo i troppi litigi, riporta un po’ di sereno sullo show. Nella speranza che questa tregua duri per un po’, almeno fintanto che i problemi riusciranno a restare nascosti sotto una leggera coltre di polvere, godiamoci il momento.
Il comportamento confuso e contradditorio di Arizona ha raggiunto l’apice. Nel corso di tre settimane il suo personaggio è riuscito a distruggere e rimettere insieme il rapporto con Callie con un atteggiamento insofferente e poco convincente. La rottura è nell’aria, è inutile e negarlo e continuare a infierire sulla loro storia.
L’episodio Take It Back, negli Usa, è stato seguito da oltre nove milioni di spettatori, a ulteriore riprova che il pubblico continua a rimanere affezionato alla serie di Shonda Rhimes. Passano gli anni, l’amore per Grey’s Anatomy resta.
Tra tutte le storie d’amore nate e cresciute nei corridoi del Grey Sloane Memorial Hospital, il rapporto più in pericolo, alla luce dei nuovi sviluppi, è indubbiamente quello tra Alex e Jo, sempre più uniti e innamorati. A differenza di tutte le altre coppie infatti, loro due sono gli unici a non essere legati da un accordo matrimoniale. Stesso destino per April e Avery, qualora decidessero di non rendere pubblica la loro unione.

lunedì 3 marzo 2014

E sotto il chiacchiericcio e il rumore, un meritatissimo Oscar


…è tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore, il silenzio e il sentimento, l’emozione e la paura. Gli sparuti e incostanti sprazzi di bellezza, e poi lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile.

Forse se provassimo a tacere, a fermarci un attimo a riflettere, a smetterla di lamentarci o piangerci addosso, lo capiremmo anche noi.
Sotto il chiacchiericcio c’è la vita, che troppo spesso ci dimentichiamo di vivere.
Sotto il rumore invece, ci sono i sogni infranti, barattati per un pizzico di deplorevole fama.
Sotto il silenzio e il sentimento, le nostre ambizioni disintegrate dall’inesauribile desiderio di apparire importanti, famosi, convincenti, agli occhi di chi poi, nessuno lo sa.
Sotto l’emozione e la paura resta ciò che eravamo, il nostro passato, il coraggio che non c’è più, la nostalgia, l’unica vera alleata di chi teme il futuro e ciò che verrà.
Dietro tutti questi rimpianti, dietro l’amarezza, la rassegnazione, la disperazione, c’è “la grande bellezza”.
È lì, anche se nessuno lo sa, anche se nessuno la vede.
È lì che aspetta ognuno di noi, ma non tutti la meritano.
Molti addirittura se ne andranno senza averla nemmeno sfiorata.
Tanti, o almeno tutti quelli disposti a vendere l’anima al diavolo per colmare la loro fame di successo, sarebbero disposti a barattarla per cinque minuti di celebrità.
Sorrentino lo sa bene, e ci sbatte letteralmente in faccia questa verità assoluta per tutti i 140 minuti de “La Grande Bellezza”, con prepotenza, nonostante i virtuosismi visivi e il montaggio perfettamente fluido.
Arrogante? Un po’.
Ridondante? Parecchio, soprattutto quando cerca di rimarcare il concetto, ma ben venga in quest’epoca di totale decadimento dei valori e dei capisaldi della nostra società, meno male che qualcuno tenti di scuoterci un po’.
Il risultato? Alla fine del film, circondati dal buio della sala e dal silenzio, molti di voi saranno sicuramente rimasti come la sottoscritta, imbambolati e turbati, a fissare i titoli di coda e le immagini finali, rapiti dalla musica in sottofondo, confusi, spaesati, ancor meno ottimisti di prima.
Paolo Sorrentino compie un viaggio lugubre e desolante nella società di oggi, nei meandri di Roma, città a tratti silenziosa e deserta, a tratti chiassosa e invadente, fin dentro i suoi giardini eleganti, nelle chiese, nelle ville di periferia, negli attici di fronte al Colosseo.
È la capitale, ma potrebbe essere qualsiasi altra città italiana.
Sotto certi aspetti è ancora la Roma raccontata da Federico Fellini o da Ettore Scola e il regista de Le conseguenze dell’amore, cerca di ricordarcelo in ogni sequenza, perché non ammette distrazioni, non vuole che perdiamo di vista il concetto chiave della pellicola.
Tra sogni e illusioni, ci guida in una nuova “dolce vita”, più amara, più disillusa di quella che ben conosciamo.
Eppure Roma è sempre quella, siamo noi a essere diversi, ed è evidente sin dalla prima sequenza: 
Il viaggio che ci è dato è interamente immaginario. Ecco, la sua forza, va dalla vita alla morte. Uomini, bestie, città e cose, è tutto inventato…”.
In questa Roma, così sorniona ma così aggressiva, siamo noi che decidiamo cosa sarà del nostro futuro, della nostra credibilità.
Perché essere credibili, onesti, coerenti, forse è la cosa più difficile al giorno d’oggi. Salvaguardare noi stessi senza svendere la nostra integrità morale, non è affatto semplice.
Lo sa bene Jep Gambardella, il protagonista del film, e tutti i personaggi che gli fanno da contorno. Macchiette di quella fetta di società pseudo borghese che si riempie la bocca di frasi fatte e pompose, che scrive senza neanche sapere di cosa, che parla di arte per darsi un tono, per apparire, per accrescere quella sterile apparenza di cui vive.
E lì in mezzo, tu chi sei, Jep? Pensi davvero di essere migliore di loro solo perché oggi sei qui a raccontarcelo?
Chi siamo noi? Quanti di noi possono davvero ritenersi integri, coerenti?
A questo, e a molti altri interrogativi, Sorrentino prova a dare risposte, tra stereotipi contemporanei e affermazioni sì retoriche ma altrettanto veritiere.
La sua regia è manieristica, forse troppo, e pur creando continuità e coerenza per tutti i 140 minuti, alcune sequenze stridono poiché sembrano piazzate a casaccio nella pellicola e vanno a incrinare l’omogeneità generale.
In alcuni passaggi restiamo un po’ spaesati, titubanti, ci verrebbe quasi voglia di gridare ma no, non serve, perché in fondo la soluzione è lì, davanti ai nostri occhi: basta concentrarsi su Tony Servillo, sulla sua straordinaria capacità di calarsi nel personaggio di Jep, sulla sua innata e inarrivabile bravura per ritrovare la concentrazione.
E intorno a lui, un Carlo Verdone diverso (seppur non troppo convincente) dal solito, ancor più malinconico, sfortunato e fragile di come siamo abituati a vederlo; una Sabrina Ferilli inverosimilmente cupa, triste rassegnata; un Carlo Buccirosso meno brillante del solito per ironia e arguzia, ma pungente quanto basta per il personaggio che gli è stato affidato.
Tutto sembra orchestrato alla perfezione, e alla fine del racconto, tutto torna. Ma qualcosa, dentro di noi, è cambiato.
Sorrentino ci ha spiazzato perché ha portato sul grande schermo i responsabili del marcio che regna e imperversa nella società di oggi: i radical chic che cenano con caviale e champagne ma non hanno la tv perché “non la guardano”, gli italiani medi che per sconfiggere la noia si buttano a capofitto sui social network perché solo lì possono inventarsi una vita che in realtà non hanno. E ancora, nobili in mutande che si svendono per due lire per partecipare alle serate mondane, cardinali che la fede, neanche sanno dove sia di casa, spogliarelliste con più anima e più cuore delle suore severe che sgridano i bambini nei cortili delle scuole. Gli arabi ricchi che cenano in lussuosi ristoranti romani e i turisti cinesi che fanno le foto dall’alto del Gianicolo.
Visto dall’alto sembra tutto uguale a ieri, e anche Roma, tutto sommato è sempre la stessa.
Siamo davvero noi a essere diversi, disperati, disposti a tutto per un po’ di celebrità. 
Perché oggi come ieri, tutto si può comprare in un modo o nell’altro.
A che prezzo però?
Provate a pensarci, e non dimenticate che la credibilità ahimè, quella no che non è mai stata in vendita. 


Vincitore del Golden Globe 2014 come "miglior film straniero", il film di Sorrentino si è aggiudicato stanotte l'Oscar nella medesima categoria.