Negli
ultimi giorni abbiamo parlato delle novità estive in onda in questo periodo
negli States, da Mistresses US a Devious Maids, passando per The Bridge e altre che verranno.
Molti di noi stanno tentando il tutto per tutto per ingannare l’attesa prima della premiere di Breaking Bad, altri si distraggono con l’ultima, deludente, stagione di Dexter, altri ancora preferiscono concentrarsi su Under the Dome, il telefilm ispirato al celebre romanzo di Stephen King.
Molti di noi stanno tentando il tutto per tutto per ingannare l’attesa prima della premiere di Breaking Bad, altri si distraggono con l’ultima, deludente, stagione di Dexter, altri ancora preferiscono concentrarsi su Under the Dome, il telefilm ispirato al celebre romanzo di Stephen King.
A volte
poi, capita che la serie più interessante e originale dell’estate, resti in un
angolo perché poco pubblicizzata. Io che non demordo mai e mi impegno ogni
giorno nella folle ricerca della serie “del momento”, quella perfetta, super
coinvolgente e appassionante come poche, penso di essere riuscita a centrare
l’obiettivo anche stavolta con Orange is
the new black.
Ve lo dirò
ora, a inizio post, e cercherò di non ripetermi
nel corso dell’articolo per non essere ripetitiva: questa è, senza se e
senza, la Serie dell’estate con la “s” maiuscola.
Lo show
targato Netflix, è un prodotto di altissima qualità, scritto, girato e
strutturato in maniera esemplare.
Un piccolo
gioiello sotto tutti i punti di vista, destinato a durare parecchio tempo (il
colosso dello streaming ha già rinnovato la serie per una seconda stagione).
Basato sul romanzo autobiografico di Piper Kerman, Orange Is the New Black: My Year in a Women's Prison, la serie creata da Jenji Kohan (Weeds) è una dramedy incredibilmente avvincente e accattivante.
I pregi dello show si notano sin dal pilot: nel corso dei 50 minuti, lo spettatore entra in contatto con la protagonista, Piper Chapman (Taylor Schilling), con alcuni frammenti del suo passato e col crudo presente cui deve relazionarsi: la vita dietro le sbarre.
Basato sul romanzo autobiografico di Piper Kerman, Orange Is the New Black: My Year in a Women's Prison, la serie creata da Jenji Kohan (Weeds) è una dramedy incredibilmente avvincente e accattivante.
I pregi dello show si notano sin dal pilot: nel corso dei 50 minuti, lo spettatore entra in contatto con la protagonista, Piper Chapman (Taylor Schilling), con alcuni frammenti del suo passato e col crudo presente cui deve relazionarsi: la vita dietro le sbarre.
La
sensazione che si ha al termine di ogni episodio è di essere di fronte a una
sceneggiatura encomiabile, e ogni volta non si vede l‘ora di scoprire cosa
accadrà in futuro. Il legame tra la protagonista e lo spettatore s’instaura sin
dai primi minuti, pregio che poche serie possono davvero vantare di avere.
Veniamo al plot: costretta a costituirsi per un crimine commesso dieci anni prima (non ancora caduto in prescrizione), ovvero l’aver trasportato una valigia di droga appartenente alla sua fidanzata dell’epoca, Alex (Laura Prepon), Piper ci porta con sé nei meandri di un carcere femminile, territorio ancora inesplorato dalla serialità americana.
Preoccupata per la lontananza con il fidanzato Larry (Jason Biggs), per la stagione di Mad Men in corso che non riuscirà a terminare e per i numerosi modelli di iPhone che si perderà mentre sconterà la sua pena (14 mesi), Piper fa il suo ingresso nell’istituto di correzione in un giorno di primavera, armata di forza e tanto coraggio.
Veniamo al plot: costretta a costituirsi per un crimine commesso dieci anni prima (non ancora caduto in prescrizione), ovvero l’aver trasportato una valigia di droga appartenente alla sua fidanzata dell’epoca, Alex (Laura Prepon), Piper ci porta con sé nei meandri di un carcere femminile, territorio ancora inesplorato dalla serialità americana.
Preoccupata per la lontananza con il fidanzato Larry (Jason Biggs), per la stagione di Mad Men in corso che non riuscirà a terminare e per i numerosi modelli di iPhone che si perderà mentre sconterà la sua pena (14 mesi), Piper fa il suo ingresso nell’istituto di correzione in un giorno di primavera, armata di forza e tanto coraggio.
Accolta con
la frase “Qui non siamo a Oz”, la protagonista si troverà immediatamente di
fronte a un mondo totalmente sconosciuto e ostico, fatto di bieche vendette
personali, veterane agguerrite, novelline in cerca di supporto e ultima, in
ordine temporale, Alex.
Nonostante Piper
abbia cercato, da fuori, di “studiare” i meccanismi del carcere leggendo
numerosi manuali prima di entrarvi per arrivare preparata, consigli,
raccomandazioni e suggerimenti sembrano essere serviti davvero a poco.
Una frase sbagliata al momento sbagliato il primo giorno, e per Piper inizia l’inferno…
Una frase sbagliata al momento sbagliato il primo giorno, e per Piper inizia l’inferno…
Non voglio
svelarvi di più, ma solo stuzzicare la vostra curiosità e spingervi a iniziare
quest’avventura targata Netflix che davvero merita di essere vista.
Ironica e sagace, la serie non si sofferma solo su Piper, ma andando avanti con gli episodi, si concentra sulle sue compagne nella vita quotidiana del carcere, approfondendo le storie di ognuna di loro, tante facce di una stessa medaglia, tutte diverse, tutte affascinanti
Pur parlando di donne, Orange is the new black non è affatto una serie “femminile”, non solo perché lo fa con una comicità e un’intensità capaci di metter d’accordo un pubblico eterogeneo, ma anche perché l’universo maschile, seppur in maniera meno evidente, è comunque ben presente nella struttura della trama e fondamentale ai fini della storia.
A metà strada tra il drama e la comedy, lo show di Kohan, alterna momenti di spiccata e amara ilarità ad altri molto più intensi e delicati, che indagano sulla psicologia di ogni singolo personaggio dando vita a un’incredibile storia corale dove ognuno è artefice del proprio destino.
Ironica e sagace, la serie non si sofferma solo su Piper, ma andando avanti con gli episodi, si concentra sulle sue compagne nella vita quotidiana del carcere, approfondendo le storie di ognuna di loro, tante facce di una stessa medaglia, tutte diverse, tutte affascinanti
Pur parlando di donne, Orange is the new black non è affatto una serie “femminile”, non solo perché lo fa con una comicità e un’intensità capaci di metter d’accordo un pubblico eterogeneo, ma anche perché l’universo maschile, seppur in maniera meno evidente, è comunque ben presente nella struttura della trama e fondamentale ai fini della storia.
A metà strada tra il drama e la comedy, lo show di Kohan, alterna momenti di spiccata e amara ilarità ad altri molto più intensi e delicati, che indagano sulla psicologia di ogni singolo personaggio dando vita a un’incredibile storia corale dove ognuno è artefice del proprio destino.