Trovare
serie godibili e appassionanti in questo particolare periodo dell’anno è
particolarmente difficile. I finali di stagione ce li siamo lasciati alle
spalle, negli States i network preannunciano già i prossimi palinsesti, e a
parte “mostri sacri” come Dexter e Breaking Bad, l’attesa per una nuova
serie spesso non soddisfa le nostre aspettative.
Mentre i fan di Stephen
King stanno ancora riflettendo se Under
the Dome li soddisfi o meno e mentre gli appassionati di comedy si
barcamenano tra le novità in onda (a breve le recensioni di tutti questi
telefilm) vorrei concentrarmi su un’altra serie tutta al femminile, dopo che
pochi giorni fa vi ho parlato di Devious
Maids (il nuovo drama di Marc Cherry il “papà” di Desperate Housewives), oggi mi concentrerò su Mistresses US.
Quattro
donne al centro del nuovo show della Abc, remake dell’omonima serie inglese del
2008, April (Rochelle Aytes),
Savannah (Alyssa Milano), Josselyn (Jes Macallan) e Karen (Yunjin
Kim), le nostre “mistresses” appunto, che letteralmente significa
“amanti”.
Negli
ultimi giorni mi è capitato di leggere parecchie recensioni negative sulla
serie di K.J. Steinberg (Gossip
Girl, The Nine), molte sensate,
altre a mio modesto parere no.
Partiamo dal presupposto che non ci troviamo davanti a un "capolavoro", né tantomeno, come molti hanno evidenziato, di fronte
all’erede di Desperate Housewives
(vi svelo un segreto, quello non esisterà mai, proprio come con Lost).
Siamo di
fronte a una serie che di originale ha senza dubbio poco e niente ma che punta innanzitutto su un cast di tutto
rispetto, per far breccia nel cuore dei fan: accanto alla Milano e alla Kim,
indiscutibili punte di diamante del telefilm, altri volti noti del piccolo
schermo fanno capolino nella storia, da Jason George (Grey’s Anatomy) a Gary “Warrick” Dourdan (CSI).
In secondo luogo, l’appealing
della maggior parte dei personaggi gioca un punto a favore della serie:
affascinanti, appassionate, fragili, vulnerabili, le quattro protagoniste
rispecchiano, per molti aspetti, parecchie donne di oggi.
Mamme
single, donne in carriera, giovani irriverenti, amanti devote. Chiamatele pure “stereotipi”
se volete, ma non fermatevi lì e cercate di andare oltre.
Sotto la superficie,
c’è qualcosa di più.
Ve ne accorgerete soffermandovi per esempio su ognuno dei personaggi, che seppur non
innovativi sono senza ombra di dubbio ben strutturati e ben raccontati.
Non vi basta? Proviamo ad andare più a fondo: tradimenti, segreti inconfessabili, proposte indecenti, compromessi, bugie. Questi e molti altri argomenti al centro delle storyline che si intrecciano nel corso di ogni episodio, rappresentano sì stereotipi già visti e rivisti in parecchi telefilm, ma non sono gli stereotipi che in fondo ci uniscono, ci accomunano e fanno sì che tra gli individui si creino dei legami più o meno profondi?
Non vi basta? Proviamo ad andare più a fondo: tradimenti, segreti inconfessabili, proposte indecenti, compromessi, bugie. Questi e molti altri argomenti al centro delle storyline che si intrecciano nel corso di ogni episodio, rappresentano sì stereotipi già visti e rivisti in parecchi telefilm, ma non sono gli stereotipi che in fondo ci uniscono, ci accomunano e fanno sì che tra gli individui si creino dei legami più o meno profondi?
I problemi
di Savi, Joss, Karen e April sono i problemi di molte donne di oggi e di ieri,
e in futuro continuerà a essere così, perché siamo complicate e abbiamo accanto
noi uomini ancor più complicati.
Non
fraintendetemi però: Mistresses non è affatto una serie sdolcinata, stucchevole
o melensa, perché il sesso, ancora una volta, è al centro di tutto. Più
passionale che crudo come quello visto in Girls,
più torbido, sensuale e bollente.
Il pubblico
maschile sarà felice di ritrovare una Alyssa Milano in splendida
forma nonostante i chiletti di troppo, o le gambe chilometriche della Macallan,
e quello femminile non esiterà a rifarsi gli occhi con l’aitante Jason
George (povera Miranda Bailey).
Se avete
tempo libero, o in una calda serata estiva non sapete cosa guardare, Mistresses
US è la scelta giusta: sexy, ironico e poco impegnativo.
Un peccato
di gola insomma. Quasi irrinunciabile.