There's no point to any of this. It's all just a... a random lottery of meaningless tragedy and a series of near escapes. So I take pleasure in the details. You know... a Quarter-Pounder with cheese, those are good, the sky about ten minutes before it starts to rain, the moment where your laughter become a cackle... and I, I sit back and I smoke my Camel Straights and I ride my own melt.

lunedì 1 giugno 2009

Una sera, tanto tempo fa...

Quel venerdì uscimmo tutti un po’ prima dal lavoro per presenziare a un evento esclusivo fuori città, un party organizzato in un vecchio casale soggetto a un prestigioso restyling per l’occasione, che quella sera avrebbe ospitato un Dj di fama mondiale noto per le sue performance di musica elettronica e chill out.
Per partecipare bastava stampare alcuni accrediti dal sito del Dj, che però nel giro di un’ora erano già esauriti. Lui era, ovviamente, riuscito a procurarceli. Io non era entusiasta all’idea, visto che il giorno dopo avrei iniziato a lavorare alle sette e mezzo per l’inventario del negozio, ma Chiara non volle sentire ragioni e mi trascinò con lei. Il problema era la macchina che non avevamo per andar fin lì, quindi ci aggregammo ad un paio di suoi amici (uno dei quali cotto di me ed estremamente carino) e al gruppetto di lui. Giunti a destinazione, lo spettacolo che ci si prospettò davanti contribuì ad aumentare il mio nervosismo: un’ondata di gente sudata e su di giri in coda per entrare, in attesa che i cancelli venissero aperti. L’odore di tabacco e marijuana diventò insostenibile anche per me. Almeno fino al momento in cui non inizia a fumarne. Ci accodammo al gregge ed aspettammo. Tutti e nove lì, senza sapere di cosa parlare. In più avevo completamente sbagliato look. Ero vestita da “figlia dei fiori”, visto il clima mite di quei giorni, con pantaloni larghi verde prato, sandali di pelle aperti con borsetta a tracolla, e una maglietta a fiori scollata e molto aderente. Gli altri erano tutti con jeans strettissimi, converse e
t-shirt comode, in perfetto british style. Compresa quella simpaticona di Chiara, che si era probabilmente dimenticata di spiegarmi esattamente come fosse l’ambiente, troppo presa com’era dal convincermi ad andare.
Un’ora prima dell’inizio la situazione diventò insostenibile, e alcuni fan un po’ ubriachi decisero di farlo presente: non so come ma iniziarono progressivamente a spingere, senza pensare alle conseguenze. Di colpo il cordone di gente si mischiò, alcuni vennero portati molto avanti dalla fiumana di gente, altri spostati verso l’esterno, altri ancora rispediti indietro di quei pochi passi compiuti fino a quel momento. So solo che nel momento in cui mi girai in seguito alla prima strattonata, vidi Chiara molto in là rispetto a dov’eravamo, insieme al resto del gruppo fatta eccezione per me, lui e il tizio carino che mi stava incollato dietro. Chiara mi guardò con gli occhi sbarrati, implorandomi di raggiungerla, senza badare alla mia scomoda posizione. Prima che potessi risponderle con uno sguardo indispettito però, ecco un nuovo spintone a trascinarmi ancora più lontano, alla sinistra dei cancelli, sempre più distante da Chiara e gli altri, stavolta senza il tipo carino. Io e lui da soli, attaccati l’uno all’altra a metri e metri di distanza dal resto del gruppo. Iniziai a guardarmi intorno con fare sconvolto, e lui se ne accorse. “Va tutto bene, con la prossima spinta dovremmo finire direttamente a casa, senza scomodarci troppo!” sorrise, ma a me non fece ridere, anzi, continuai a irritarmi, e a maledire la mia adorata amica per avermi messa in quella situazione. Tutta la situazione mi stava agitando, volevo solo raggiungere Chiara e respirare. Ma la gente continuava a stringersi l’una con l’altra e i cancelli non volevano aprirsi. Ero completamente spiattellata su di lui, senza sapere cosa dire. Mi sentivo solo in tremendo imbarazzo, visto che aveva quasi i miei seni in gola. Lui credo intuì che stavo per esplodere e mi prese le mani. Con un gesto leggero le intrecciò entrambe alle mie e mi disse: “tranquilla, ti tengo io così non cadi”. Incredula lo fissai negli occhi, per la prima volta forse così intensamente e mi ci persi. Erano così profondi e coinvolgenti. Il colore non era particolarmente bello, erano verde scuro, come il colore del mare in inverno quando piove. Lui ricambiò lo sguardo, e fu magico. Ci fissammo per quella che mi sembrò un’eternità, stretti l’un l’altro senza parlare, imbarazzati e impacciati. E poi successe qualcosa di ancora più emozionante: sentii il suo cuore battere all’impazzata e poi il mio seguirlo subito dopo. I nostri cuori battevano insieme, all’unisono, e le nostre mani erano incollate. Lo sguardo fu interrotto dall’ennesimo spintone che si abbatté su di noi come un terremoto, ma lui non mollò la presa. Mi tirò a se e abbracciandomi cercò di farmi girare nella direzione cui verteva la fiumana di gente. Ora era dietro di me, e mi cingeva i fianchi con le sue braccia. Aprirono i cancelli, e come un fiume in piena le persone iniziarono ad entrare. La mia borsa restò impigliata in un energumeno che pare volesse entrare per primo a tutti i costi e mi si tirò dietro nella sua folle corsa all’entrata. Lui provò a tenermi ma la forza dell’altro tizio era troppa: all’improvviso avevo un braccio completamente teso verso di lui ad afferrare la sua mano, e all’altro steso nel disperato tentativo di staccare la borsa. Ad un trattò gridò “stop! Ehi amico fermati dannazione! La stai massacrando!” con una tale potenza nella voce da far girare tutti, compreso il tipo davanti a me, che si scastrò dalla mia borsa e mi aiutò a non cadere, gettandomi tra le sue braccia. Tentai di ringraziarlo, ancora un po’ turbata, e alla fine entrammo trascinati dalla folla. Boom! Di colpo la ressa si era dileguata e tutti si affrettavano ad entrare, nonostante non ci fosse più il caos iniziale. La magia finì, evaporò velocemente. Tornai a respirare mentre raggiungevo l’atrio della cascina, ancora per mano con lui. All’entrata vedemmo Chiara in piedi che cercava di telefonarmi (Dio solo sa come avrei potuto rispondere secondo lei) e le nostre mani, così come si erano unite spontaneamente, si divisero con un silenzioso tacito accordo.
Restammo un’ora a ballare, ma quando gli amici di Chiara, annoiati, proposero di andare via, non potemmo fare altrimenti: l’altra macchina era piena e non saremmo potute tornare in città in nessun altro modo. Salutammo gli altri, e ci dirigemmo all’uscita. Prima di andarmene lo cercai con gli occhi e lo trovai. Chiara era appena fuori, io corsi indietro di pochi passi per dirgli “Grazie per prima, sarei caduta se non ci fossi stato tu!” , “Ci siamo tenuti a vicenda, non preoccuparti!” mi rispose, sfiorandomi la mano appena, e intrecciando timidamente le sue dita alle mie, per un breve attimo, prima di salutarmi.
Quella sera, dopo la festa, finii a letto con Phil, l’amico carino di Chiara, ma non smisi di pensare a lui, alle sue braccia strette intorno a me, al brivido che sentii in tutto il corpo, e ai suoi occhi dentro ai miei...

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