Alcuni
romanzi, seppur alti come mattoni, dopo tante pagine non riescono a lasciare
nulla di più che una flebile emozione.
Ce ne sono
altri, costituiti da una manciata di pagine appena, che con poche righe sanno invece
catturare e conquistare l’anima e l’attenzione del lettore.
Sono storie
talmente vere e vicine a ognuno di noi che riescono ad apparirci familiari come
poche altre, perché in grado di raccontare storie universali, capaci di
accomunare molti di noi.
È il caso
del breve racconto (poco meno di cento pagine) L’amore quando c’era, di Chiara Gamberale, che prende spunto
da una domanda tanto semplice quanto complicata e alla fin fine,
fondamentalmente priva di una risposta concreta: cos’è la felicità? La “felicità”,
una parola così allegra, positiva, eppure così importante e difficile.
Io sono quasi sempre
triste, anche senza motivo, e per questo credo che la vita non ha proprio
nessun senso, scrive Patrizia detta Izia, sul suo quaderno. Poi si ferma,
succhia il cappuccio della biro. Che tema assurdo ci ha dato oggi la
professoressa, pensa.
A commissionare il tema in questione, Amanda, una
“trentenne o poco più” che osserva i suoi studenti illudendosi di trovare le
risposte che cerca nella loro innata e preziosa ingenuità.
Amanda è triste e non sa perché.
Sente che nella sua vita, pur avendo tutto, o
quasi, manca ancora qualcosa, ma non riesce a capire di cosa si tratta.
Un vuoto le attanaglia lo stomaco e non le dà
respiro, e pur tentando di negare l’evidenza, pur cercando di scacciare con
forza e vigore questa strana sensazione, a volte Amanda non riesce a indossare
quella maschera con cui nei momenti difficili affronta la vita, anche quando le
lacrime ristagnano nei suoi occhi e faticano a non venir fuori.
Amanda spera che prima o poi la risposta arrivi da
sé, che tutti i suoi “perché e chissà” trovino finalmente respiro.
Vive consapevolmente in conflitto con il suo
passato, in ostaggio della malinconia, degli anni passati, che da un angolo
buio del suo cuore, guarda con estrema e infinita nostalgia.
Senza neanche accorgersene, Amanda sente di non
riuscire ad andare mai avanti, nonostante i piccoli traguardi, i cambiamenti,
le sfide della vita.
Credo
che il problema della mia vita, ora come ora, non sia esattamente che qualcosa
non va: magari.
Significherebbe
che c’è, nella mia vita, qualcosa di così necessario, di così urgente, da fare
la differenza, se funziona bene o se funziona male.
Invece
quel qualcosa non c’è.
E allora non le resta che
tornare lì, in quel “momento lontano cui sente di appartenere con così tanta
fermezza.
Non le resta che affrontare,
una volta per tutte, i suoi rimpianti
E che se hai amato una
sola persona nella tua vita, se solo una volta hai avuto quella certezza, ti
conviene non entrare più in contatto con quella persona. Ma se adesso ti sto
scrivendo, mi sa che no: questo non l’ho ancora imparato
e le sue paure
Le persone con quegli occhi lì. Sono tantissime, tantissime. Non fanno quello che sono nate per fare, non
frequentano persone che mettono in gioco la loro parte più fastidiosa, quella
che però fa la differenza fra loro e il resto del mondo, quella che uno la
guarda e dice “io”: e si trascinano, per le strade e per le giornate, con i
loro occhi spenti, con i loro occhi tristi.
Amanda si aggrappa a un
pretesto, e dopo dodici lunghissimi anni, decide di scrivere a Tommaso, l’amore
della sua vita, il suo ex storico, l’uomo col quale ha condiviso ciò che oggi,
in un certo senso rimpiange.
Tra stralci di mail, sms nel cuore della notte, dialoghi
veloci e fragili, domande, riflessioni e considerazioni, Amanda chiede a
Tommaso come ha fatto a trovare un posto nel mondo, lui, che ora, così lontano,
sembra così felice e soddisfatto della sua vita.
Amanda è convinta che lui l’abbia dimenticata, che abbia
ricominciato daccapo senza guardarsi indietro, senza tutta la fatica che invece
da anni la consuma. Ma si sbaglia.
Perché anche se in maniera più silenziosa, anche se in
maniera più velata e timida, Tommaso stesso non sa in quale misura definirsi “felice”.
Ma Amanda non rimpiange “l’amore finito”, Chiara
Gamberale non vuole, con questo breve racconto, raccontarci una banale storia
d’amore come tante altre.
E anzi, sarebbe riduttivo considerarla così.
L’intento è un altro, più sottile, più filosofico se
vogliamo, e trova il modo di spiegarlo, seppur non del tutto, in una delle mail
di Amanda:
E che se hai amato una
sola persona nella tua vita, se solo una volta hai avuto quella certezza, ti
conviene non entrare più in contatto con quella persona, per non rovinare il
ricordo che hai di lei.
Ma se adesso ti sto
scrivendo, mi sa che no: questo non l’ho ancora imparato
Perché L’amore
quando c’era, è sì un romanzo che parla d’amore, ma nella sua forma più
totale e universale: le lettere scritte da Amanda a Tommaso, non sono
necessariamente lettere “a un ex”: sono parole che Amanda potrebbe rivolgere
anche a un amico lontano, perso durante il cammino.
Sono lettere ma potrebbero essere pagine di un diario, che
Amanda scrive tra sé e sé.
In quelle parole, cerca una soluzione, una risposta, un
appiglio.
Cerca “quel qualcosa” che lei stessa però, sa che non
c’è, non più almeno.
Non nel presente.
Persone come noi,
persone incapaci di stare davvero bene mentre stanno bene, rendono perfetto
solo quello che hanno già vissuto o che potranno vivere.
2 commenti:
La Gamberale proprio ieri era qui nella mia cittadina a presentare, presumo, questo libro. E' che a me i romanzi contemporanei non piacciono ma da quello che dici questo potrebbe stupirmi, mi hai fatto pentire di non essere andata ad ascoltarla ieri ;)
Grazie Cristina! Questo è un vecchio romanzo della Gamberale, il nuovo, quello che presumo abbia presentato ieri, si chiama "Quattro etti d'amore grazie"
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