Oggi tutto si tinge di nostalgia. Ricordi, immagini, emozioni, sensazioni. Oggi va così. E quindi tanto vale assecondare e inevitabilmente alimentare, questo stato d’animo. E lasciare che i miei pensieri volino così a momenti lontani, a luoghi rinchiusi in un angolo della mia mente e perché no, a persone smarrite qua e là durante il cammino.
Dopo essermi sbizzarrita per ore a guardare vecchi video di telefilm, film e canzoni “datate”, mi è venuta voglia di dedicare il post di oggi a una pellicola per me parecchio significativa, la stessa che inconsapevolmente, ha dato il nome, qualche anno fa, al mio blog: Giovani Carini & Disoccupati.
Era il 1994 e ho ancora vivo nella mente il ricordo di quel pomeriggio, quando con la mia “amica del cuore” di quegli anni, in un quiete pomeriggio della primavera romana, non eravamo nella pelle prima di
schiacciare play sul telecomando del videoregistratore: sua cugina di 18 anni, un inarrivabile modello da inseguire per noi, ci aveva prestato la vhs di un film con Ethan Hawke, il nostro amore adolescenziale, L’uomo dei nostri sogni.
Ricordo che all’epoca, pur senza comprendere appieno il significato intrinseco del film, pur soffermandomi soltanto sul fascino esercitato su di me da Hawke e Wynona Ryder appunto, mi resi comunque conto che quel film avrebbe segnato un particolare momento della mia vita.
Ricordo che mi fermai a riflettere sul futuro, nel modo in cui ci si può fermare riflettere a 13 anni, ovvio, e cominciai a pormi i primi veri interrogativi su cosa “avrei fatto da grande”, su chi sarei diventata e se davvero un giorno sarei riuscita a cambiare il mondo, il mio piccolo mondo. Un po’ come la protagonista, Lelaina, intenta a cambiare il suo, capace sì di scendere a volte compromessi per raggiungere l’obiettivo, ma decisa a mantenere integrità e valori morali, senza svendere l’anima al diavolo.
Esordio registico di Ben Stiller, i Giovani, Carini e Disoccupati citati nel titolo, altri non sono che quattro neo diplomati, figli degli anni Novanta, in bilico tra adolescenza ed età adulta, spaventati dal futuro ma pronti a rimboccarsi le maniche all’occorrenza.
Lelaina, aspirante videomaker, Troy musicista a tempo perso, Vicky (Janeane Garofalo) commessa “in carriera” e Sammy (Steve Zahn)impegnato a risolvere le sue fragilità interiori, sono i quattro protagonisti al centro di una storia che riflette senza mezzi termini e in maniera veritiera, le inquietudini generazionali di ieri e di oggi.
Ragazzi fedeli ai propri sogni, disposti a tutto pur di realizzarli, seppur delusi dalla realtà, la stessa realtà che tentano disperatamente di aggredire per farla propria, di morderla, da qui il titolo originale, Reality Bites appunto, per impossessarsene in qualche modo, e non piegarsi a lei.
Quella realtà che continua inesorabilmente a disilluderli, distruggendo le loro speranze e le loro aspettative, con impieghi precari e la totale assenza di meritocrazia.
Crescendo e riguardando il film decine e decine di volte, spesso cambiando pensiero anch’io, condividendo tutte le fasi attraversate dai protagonisti, in senso lato, ovviamente.
Sono stata anche io una Lelaina, fermamente convinta che la gavetta servisse davvero a qualcosa, fedele all’idea che scalare il successo fosse possibile con un po’ di pazienza ed esperienza. Poi mi sono ritrovata a essere Troy, con un sogno, quello di trasformare la scrittura in un lavoro vero e proprio, chiuso a chiave in fondo a un cassetto, spinto in un angolo buio e desolato, amareggiata e delusa dalla società, dal mondo intero forse, convinta che non ce l’avrei mai fatta, neanche impegnandomi.
Nel mezzo del cammin della mia vita poi (Dante non volermene per questa citazione, RIP), mi sono svegliata una mattina nei panni di Vicky, pronta non solo a mettere da parte quel sogno, per coltivarlo in un altro momento magari, ma disposta anche ad abbassare la testa, soffocare per un po’ la mia innata autostima, per diventare (per un breve periodo per fortuna) schiava di un lavoro a me poco consono, capace quasi di trasformarmi in una persona arida e spigolosa, di spegnere la mia creatività, la fiducia in me stessa.
E da lì, il passo per arrivare, metaforicamente, a Sammy, è stato breve.
Fragile e insicuro Sammy. Caparbio e sincero. Obiettivo, seppur pessimista; razionale, forse fin troppo. Vulnerabile quanto basta per inciampare in quei momenti “no” in cui sembra che tutto possa solo andar male, ma altrettanto testardo da riuscire a riemergere da quei momenti, per trasformali in qualcosa di costruttivo e positivo.
E certo, da ieri a oggi la situazione è cambiata davvero poco, questo si sa.
Forse non pubblicherò mai un libro, o non scriverò mai “seriamente” di tv e cinema per la tv e il cinema, ma poco importa.
Gli anni passano, il precariato resta, i sogni infranti anche.
Chi andrà avanti con un “aiutino” ci sarà sempre, così come ci saremo sempre noi dietro a guardare e ad aspettare che arrivi il nostro turno, fermi, in coda in quella lunga lista d’attesa per il futuro.
E non importa cosa andrà storto nell’attesa, l’importante è che nonostante tutto continueremo a mordere la realtà, per evitare che riesca a soggiogarci.
Restiamo svegli. Attenti. Vigili. Non lasciamo che la realtà riesca a ipnotizzarci e a prendersi gioco di noi. Il rischio è troppo alto, anche se non ce ne rendiamo conto.
Perché siamo giovani, carini e “disoccupati” sì, ma in fondo in fondo, anche un po’ stanchi. Forse troppo.
Dopo essermi sbizzarrita per ore a guardare vecchi video di telefilm, film e canzoni “datate”, mi è venuta voglia di dedicare il post di oggi a una pellicola per me parecchio significativa, la stessa che inconsapevolmente, ha dato il nome, qualche anno fa, al mio blog: Giovani Carini & Disoccupati.
Era il 1994 e ho ancora vivo nella mente il ricordo di quel pomeriggio, quando con la mia “amica del cuore” di quegli anni, in un quiete pomeriggio della primavera romana, non eravamo nella pelle prima di
schiacciare play sul telecomando del videoregistratore: sua cugina di 18 anni, un inarrivabile modello da inseguire per noi, ci aveva prestato la vhs di un film con Ethan Hawke, il nostro amore adolescenziale, L’uomo dei nostri sogni.
Ricordo che all’epoca, pur senza comprendere appieno il significato intrinseco del film, pur soffermandomi soltanto sul fascino esercitato su di me da Hawke e Wynona Ryder appunto, mi resi comunque conto che quel film avrebbe segnato un particolare momento della mia vita.
Ricordo che mi fermai a riflettere sul futuro, nel modo in cui ci si può fermare riflettere a 13 anni, ovvio, e cominciai a pormi i primi veri interrogativi su cosa “avrei fatto da grande”, su chi sarei diventata e se davvero un giorno sarei riuscita a cambiare il mondo, il mio piccolo mondo. Un po’ come la protagonista, Lelaina, intenta a cambiare il suo, capace sì di scendere a volte compromessi per raggiungere l’obiettivo, ma decisa a mantenere integrità e valori morali, senza svendere l’anima al diavolo.
Esordio registico di Ben Stiller, i Giovani, Carini e Disoccupati citati nel titolo, altri non sono che quattro neo diplomati, figli degli anni Novanta, in bilico tra adolescenza ed età adulta, spaventati dal futuro ma pronti a rimboccarsi le maniche all’occorrenza.
Lelaina, aspirante videomaker, Troy musicista a tempo perso, Vicky (Janeane Garofalo) commessa “in carriera” e Sammy (Steve Zahn)impegnato a risolvere le sue fragilità interiori, sono i quattro protagonisti al centro di una storia che riflette senza mezzi termini e in maniera veritiera, le inquietudini generazionali di ieri e di oggi.
Ragazzi fedeli ai propri sogni, disposti a tutto pur di realizzarli, seppur delusi dalla realtà, la stessa realtà che tentano disperatamente di aggredire per farla propria, di morderla, da qui il titolo originale, Reality Bites appunto, per impossessarsene in qualche modo, e non piegarsi a lei.
Quella realtà che continua inesorabilmente a disilluderli, distruggendo le loro speranze e le loro aspettative, con impieghi precari e la totale assenza di meritocrazia.
Crescendo e riguardando il film decine e decine di volte, spesso cambiando pensiero anch’io, condividendo tutte le fasi attraversate dai protagonisti, in senso lato, ovviamente.
Sono stata anche io una Lelaina, fermamente convinta che la gavetta servisse davvero a qualcosa, fedele all’idea che scalare il successo fosse possibile con un po’ di pazienza ed esperienza. Poi mi sono ritrovata a essere Troy, con un sogno, quello di trasformare la scrittura in un lavoro vero e proprio, chiuso a chiave in fondo a un cassetto, spinto in un angolo buio e desolato, amareggiata e delusa dalla società, dal mondo intero forse, convinta che non ce l’avrei mai fatta, neanche impegnandomi.
Nel mezzo del cammin della mia vita poi (Dante non volermene per questa citazione, RIP), mi sono svegliata una mattina nei panni di Vicky, pronta non solo a mettere da parte quel sogno, per coltivarlo in un altro momento magari, ma disposta anche ad abbassare la testa, soffocare per un po’ la mia innata autostima, per diventare (per un breve periodo per fortuna) schiava di un lavoro a me poco consono, capace quasi di trasformarmi in una persona arida e spigolosa, di spegnere la mia creatività, la fiducia in me stessa.
E da lì, il passo per arrivare, metaforicamente, a Sammy, è stato breve.
Fragile e insicuro Sammy. Caparbio e sincero. Obiettivo, seppur pessimista; razionale, forse fin troppo. Vulnerabile quanto basta per inciampare in quei momenti “no” in cui sembra che tutto possa solo andar male, ma altrettanto testardo da riuscire a riemergere da quei momenti, per trasformali in qualcosa di costruttivo e positivo.
E certo, da ieri a oggi la situazione è cambiata davvero poco, questo si sa.
Forse non pubblicherò mai un libro, o non scriverò mai “seriamente” di tv e cinema per la tv e il cinema, ma poco importa.
Gli anni passano, il precariato resta, i sogni infranti anche.
Chi andrà avanti con un “aiutino” ci sarà sempre, così come ci saremo sempre noi dietro a guardare e ad aspettare che arrivi il nostro turno, fermi, in coda in quella lunga lista d’attesa per il futuro.
E non importa cosa andrà storto nell’attesa, l’importante è che nonostante tutto continueremo a mordere la realtà, per evitare che riesca a soggiogarci.
Restiamo svegli. Attenti. Vigili. Non lasciamo che la realtà riesca a ipnotizzarci e a prendersi gioco di noi. Il rischio è troppo alto, anche se non ce ne rendiamo conto.
Perché siamo giovani, carini e “disoccupati” sì, ma in fondo in fondo, anche un po’ stanchi. Forse troppo.
"There's no point to any of this. It's all just a random lottery of meaningless tragedy and a series of near escapes. So I take pleasure in the details. You know, a quarter-pounder with cheese, those are good, the sky about ten minutes before it starts to rain, the moment where your laughter become a cackle... and I, I sit back and I smoke my Camel Straights and I ride my own melt"
8 commenti:
Ben fatto, Ragazza Stella!
Ci sarebbe da scrivere un saggio sul tuo post. Un commento è insufficiente. Come sai ho qualche anno in più, ma non per questo son più saggia. Ci si sforza, ci si rimbocca le maniche e si prova ad andare avanti. Ci si stanca, si cade e ci si rialza..insomma ci si prova. Alle volte mi chiedo quanto chi verrà dopo di me avrà da volermene. Almeno spero che capisca di dover combattere per cambiare. (scusa, sono stata contorta, ma spero che il senso ti sia arrivato).:-)
Il problema è che il giovane si allontana, il carino è decisamente da verificare e il disoccupato è sempre più dietro l'angolo.
Parlo di me ovviamente (e anche della situazione italiana in generale).
Discorso veramente da approfondire ma di questi tempi non sono dell'umore giusto.
Il film invece non l'ho mai visto. Devo recuperarlo :)
ovviamente il film mi è venuto in mente all'istante appena ho visto il tuo primo commento nella stalla... Avevo un ragionevole dubbio che prima (nei post precedenti) o poi ne avresti parlato!
Io ero innamorato di Winona Ryder, dio che bella che era (lo è ancora), per anni è stato il mio modello di ragazza giuro...
Il film invece l'ho visto un po' dopo di te, ma non così tanto da riuscire ad immedesimarmi nella loro condizione di transizione e spaesamento.
Forse un po' l'ho passato quel periodo, nonostante io sia comunque bello incasinato alcune cose per ora sono più definite. Alcune;)
In bocca al lupo! (ma non facciamolo crepare)
@Tom: grazie ^^
@NewMoon: è arrivato eccome il concetto, altro che contorta!
@LaFirma: ahahah! :D bella questa! guarda il film se ti capita, mi raccomando!
@NowhereMan: in bocca al lupo a te! eh si, super Wynona, l'ho sempre amata!
Scrivi davvero bene!
The Spotted Cherry Pie
kisses!!
Io invece il lavoro l'ho trovato praticamente subito... senza nemmeno avere il tempo di guardarmi intorno e di capire cosa volessi fare 'da grande'. Non ho fatto altro lavoro nella vita se non quello che faccio adesso. Dovrei ritenermi fortunato: posto fisso, stipendio decente, stabilità.
Eppure ogni anno che passa della mia vita (e adesso sono quaranta) non faccio altro che chiedermi se avessi potuto fare qualcosa di più stimolante, o anche solo di 'diverso'. Ho sprecato i miei migliori anni con un lavoro che mi ha soltanto illuso e che ora, invece, faccio meccanicamente, disconnettendo il cervello.
Ma forse la colpa non è del lavoro... è di chi non ha la forza per cambiare le cose, di chi lascia scorrere la propria vita senza rendersi conto che certi treni non ripassano più. Parla uno che ne ha persi tanti. E che non ha davvero imparato nulla.
Ottimo post, cara Stargirl.
Come sempre, del resto ;-)
@Kelvin: capisco perfettamente cosa intendi, credimi.. pur avendo qualche anno (pochi :P) meno di te, a volte la sensazione è decisamente quella. L'aver perso parecchi treni, a volte senza neanche rendermene conto, e aver sprecato tempo e possibilità. Come sempre grazie di esser passato e di aver lasciato un contributo così profondo, è sempre un piacere leggerti caro amico.
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