Dal 2005 al
2008, sull’emittente israeliana Hot 3,
andò in onda BeTipul, serie di 80
episodi creata da Hagai Levi, che aveva come interprete principale lo psicologo
Reuven Dagan (Assi Dayan) alle prese con le storie dei suoi pazienti.
Ripreso in
oltre 12 paesi, il format creato da Levi riscuote il successo maggiore negli
Stati Uniti, nella versione in onda sulla HBO
(2008-2010), con Gabriel Byrne nei panni del dottor Paul Weston, dal titolo In Treatment (tra i produttori
esecutori della serie d’oltreoceano, Mark Wahlberg e lo stesso Hagai
Levi).
Un mese fa
circa, ha debuttato su Sky Uno (in
collaborazione con La7), la versione
italiana della serie, con la regia di Saverio Costanzo e un cast di tutto
rispetto in cui spiccano Sergio Castellitto nel ruolo del protagonista,
il dottor Giovanni Mari, sua moglie interpretata da Valeria Golino, e tra i pazienti,
Adriano
Giannini.
La serie,
girata interamente in una stanza, lo studio di mari, proprio come nell’originale,
altro non è che un banalissimo copia e incolla della versione con Byrne.
Per nulla
coraggioso né audace, In Treatment
Italia non si discosta minimamente dalla versione americana, se non italianizzando
sporadicamente alcuni particolari delle storie raccontate dai personaggi in
cura dallo psicologo.
Per nulla
personalizzate né rivisitate, le vicissitudini dei pazienti si svolgono
esattamente come quelle dei loro predecessori, senza aggiungere nulla di nuovo,
senza sperimentare o rischiare quel tanto che basta per guadagnarsi la stima
del pubblico (l'unica storia, per ovvie ragioni, a scostarsi maggiormente
rispetto all'originale è quella del carabiniere Dario).
Una
trasposizione nuda e cruda di storie che molti di noi che hanno seguito lo show
sulla HBO già conoscono e che,
proprio perché prive del coraggio necessario per differenziarsi, non lasciano
il segno, nonostante la bravura della maggior parte dei protagonisti.
Poco
incisive sia Kasia Smutniak nei panni di Sara, un’infermiera in crisi con il
fidanzato e innamorata di Giovanni, che Barbora Bobulova, qui Lea, moglie di
Pietro (Giannini), quarantenne in crisi dopo aver scoperto di essere rimasta
incinta.
Notevole
invece la performance di Guido Caprino (Dario), un
carabiniere sotto copertura alle prese con la ‘ndrangheta, e della giovanissima
Irene
Casagrande (Alice), ballerina diciassettenne che ha da poco tentato il
suicidio.
Ultima ma
come si suol dire, non meno importante, la straordinaria Licia Maglietta che
presta il volto alla psicoterapeuta Anna, dalla quale Giovanni si reca ogni
settimana per far chiarezza negli ultimi, drammatici avvenimenti che hanno
travolto la sua vita matrimoniale.
Ammirevole,
nonostante tutto, il tentativo di Costanzo e dell’intera produzione che sta
dietro In Treatment Italia, di voler
portare un genere diverso nel nostro Paese, lontano dalla tradizionale soap, ma
anche dal mondo delle fiction, e più vicino alla serialità americana.
Peccato invece
per la scelta di intraprendere la via più semplice del mero “copia e incolla”
difetto che, nonostante gli innumerevoli lati positivi, impedisce alla versione
italiana del format di Levi di affermarsi come un prodotto innovativo nel palinsesto
della pay tv, fallendo laddove, pochi
anni fa, Romanzo Criminale, riuscì invece
alla perfezione.
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