There's no point to any of this. It's all just a... a random lottery of meaningless tragedy and a series of near escapes. So I take pleasure in the details. You know... a Quarter-Pounder with cheese, those are good, the sky about ten minutes before it starts to rain, the moment where your laughter become a cackle... and I, I sit back and I smoke my Camel Straights and I ride my own melt.

martedì 21 maggio 2013

Il Grande Gatsby o Il Grande Flop?



Che Il Grande Gatsby di Baz Luhrmann fosse un film destinato a spaccare in due pubblico e critica, nessuno avevo dubbi.
Che Il Grande Gatsby di Baz Luhrmann, a livello registico, fosse un flop totale, se lo aspettavano invece in pochi.
Dopo lo strabiliante successo di Romeo + Juliet, dopo una discreta pellicola come Moulin Rouge, e dopo il totale fallimento di Australia, in molti stavano aspettando la nuova opera del regista australiano, per capire quanto, effettivamente, valesse dietro la macchina da presa.
Il risultato? Luhrmann non riesce a schiodarsi dalla sua cinematografia tutta lustrini e costumi sgargianti, dalla messa in scena barocca e fin troppo kitsch, dal fastidioso sfarzo che invade con prepotenza l’atmosfera degli anni Venti raccontata nel celebre, indimenticabile e fino a poco tempo fa, intoccabile, romanzo di Francis Scott Fitzgerald.
Luhrmann stavolta ha fatto il passo più lungo della gamba, ha osato fin troppo e il risultato è un oltraggioso e crudele torto nei confronti di uno dei migliori scrittori della storia della letteratura americana.
Il Grande Gatsby, soprattutto nel corso dei primi quaranta minuti, porta in scena il cinema "luhrmanniano" lussurioso, vanitoso, fin troppo ridondante nella sua esuberanza.
Ciò che ne resta, della prima parte almeno, è la copia sbiadita di un videoclip di musica pop, che tenta di modernizzare una storia intramontabile, con uno spropositato uso di primi piani invadenti, panoramiche confuse, e spasmodici movimenti di macchina schiavi di un inutile 3D che penalizza il film in tutto e per tutto, soprattutto se lo si guarda in versione 2D.
Fino all’arrivo di Di Caprio, la regia risulta quasi fastidiosa, prepotente, una violenza nei confronti dei versi di Fitzgerald che riecheggiano in mezzo alla colonna sonora, a partire da Young and Beautiful di Lana Del Rey che risuona in continuazione come una sorta di leitmotiv martellante, nei diversi arrangiamenti, tra una Beyoncé e una Alicia Keys.
Il film è fin troppo autocelebrativo: Luhrmann è in ogni scena, in ogni inquadratura, in ogni fuoco d’artificio che brilla sopra la villa imperiale di Gatsby.
Il film straborda di eccessi, non rende onore all’universalità della storia, al dramma umano che lo scrittore racconta nelle pagine del suo romanzo, un romanzo ancora oggi attuale, che narra una storia di solitudine, incomunicabilità, disillusione.
Di Caprio cambia le sorti della pellicola, con il suo arrivo il regista si placa, si calma, e lascia spazio all’innato talento dell’attore.
Smette finalmente di usare la cinepresa in maniera isterica, mette da parte lo sfarzo, si concentra sui personaggi, e grazie alla “materia prima”, in questo caso la storia, il film si riprende, seppur con fatica, fa sì che il potere delle parole di Fitzgerald esca fuori fino a imporre la sua potenza sulla forza delle immagini.
Ecco quindi, per l’ennesima volta, un favoloso Di Caprio al centro della pellicola, a dominare la scena, con fermezza, convinzione, potenza espressiva.
Certo il ruolo non gli varrà l’Oscar, ma ancora una volta, il caro Leo, è riuscito a dare ulteriore riprova della sua incredibile bravura e se dietro la macchina da presa ci fosse stato un regista più classico, uno Scorsese per esempio, Fitzgerald in questo momento non si starebbe rivoltando nella tomba.
Debole Tobey Maguire nel ruolo di Nick Carraway, inadatto e poco convincente non riesce a lasciare il segno, non quanto Carey Mulligan, ottima invece nei panni della ricca e viziata Daisy, seppur lontanissima dalla Mia Farrow del precedente (e splendido) remake del 1974 di Jack Clayton, con Robert Redford a interpretare Gatsby.
E visto che ‘non si può ripetere il passato’, come cerca di spiegare Carraway a Gatsby in un passaggio significativo del film, sarebbe stato meglio che qualcuno lo dicesse invece a Luhrmann prima che iniziasse a girare il remake di un film perfetto tratto da un romanzo intoccabile.

venerdì 17 maggio 2013

Rinnovi e cancellazioni in casa Abc, CBS, NBC, Fox, CW




Questa prima parte di 2013 televisivo sta per volgere al termine, tra series e season finale, tra addii, arrivederci e novità.
Per alcuni il 2013 è stata l’occasione per salutare per sempre Fringe, per scoprire finalmente l’identità di Gossip Girl, per veder sopravvivere con fatica e coraggio una serie fin troppo sottovalutata come Person of Interest.
C’è chi ha dovuto dire addio, sul piccolo schermo, a Kiefer Sutherland, il suo Touch non ha convinto il network, chi ha dovuto tenere incrociate le dita fino all’ultimo per vedere rinnovata la propria serie preferita, vedi Glee, Supernatural, Parenthood.
Tante le comedy non confermate per il prossimo anno, da Happy Endings a Partners, da Up All Night a The New Normal, molti anche i drama che non hanno superato il test degli ascolti, vedi Last Resort o 666 Park Avenue.
Ci sono show che stoicamente andranno avanti, CSI o NCIS per esempio, altri parecchio validi a cui invece una seconda chance non è stata data (Smash solo per citarne una).
Ecco un elenco di quali telefilm (dei 5 principali network americani) rivedremo sul piccolo schermo il prossimo autunno e quali invece non torneranno con una nuova stagione.


Abc
Cancellate
666 Park Avenue; Body of Proof; Happy Endings; Family Tools, Apartment 23; How to Live With Your Parents; Last Resort; Malibù Country; Private Practice; Red Widow; Zero Hour

Rinnovate
The Bachelor; The Bachelorette; Castle; Grey’s Anatomy; Last Man Standing; The Middle; Modern Family; Nashville; The Neighbors; Once Upon a Time; Scandal; Revenge; Suburgatory; Shark Tank


Fox
Cancellate
Touch; The Cleveland Show; Fringe; The Mob Doctor;

Rinnovate
American Dad; Family Guy; The Simpson; Ben and Kate; Bob’s Burgers; Bones; The Following; Glee; The Mindy Project; New Girl; Raising Hope; Da Vinci’s Demons


The Cw
Cancellate
90210; Cult; Emily Owens; Gossip Girl;

Rinnovate
Arrow; Beauty and the Beast; The Carrie Diaries; Hart of Dixie; Nikita; Supernatural; The Vampire Diaries


NBC
Cancellate
1600 Penn; 30 Rock; Deception; Do No Harm; Go On; Guys with Kids; The New Normal; The Office; Smash; Up All Night; Whitney

Rinnovate
Chicago Five; Community; Grimm; Law and Order: SVU; Parenthood; Parks and Recreation; Revolution;


CBS
Cancellate
CSI: New York; Golden Boy; Made in Jersey; Partners; Rules of Engagement; Vegas

Rinnovate
2 Broke Girls; The Amazing Race; The Big Bang Theory; Blue Bloods; Criminal Minds; CSI; Elementary; The Good Wife; Hawaii Five-O; How I Met Your Mother; The Mentalist;
Mike & Molly; NCIS; NCIS: Los Angeles; Person of Interest; Two and A Half Men; Undercover Boss

lunedì 6 maggio 2013

In Treatment Italia: un copia e incolla poco coraggioso



Dal 2005 al 2008, sull’emittente israeliana Hot 3, andò in onda BeTipul, serie di 80 episodi creata da Hagai Levi, che aveva come interprete principale lo psicologo Reuven Dagan (Assi Dayan) alle prese con le storie dei suoi pazienti.
Ripreso in oltre 12 paesi, il format creato da Levi riscuote il successo maggiore negli Stati Uniti, nella versione in onda sulla HBO (2008-2010), con Gabriel Byrne nei panni del dottor Paul Weston, dal titolo In Treatment (tra i produttori esecutori della serie d’oltreoceano, Mark Wahlberg e lo stesso Hagai Levi).
Un mese fa circa, ha debuttato su Sky Uno (in collaborazione con La7), la versione italiana della serie, con la regia di Saverio Costanzo e un cast di tutto rispetto in cui spiccano Sergio Castellitto nel ruolo del protagonista, il dottor Giovanni Mari, sua moglie interpretata da Valeria Golino, e tra i pazienti, Adriano Giannini.
La serie, girata interamente in una stanza, lo studio di mari, proprio come nell’originale, altro non è che un banalissimo copia e incolla della versione con Byrne.
Per nulla coraggioso né audace, In Treatment Italia non si discosta minimamente dalla versione americana, se non italianizzando sporadicamente alcuni particolari delle storie raccontate dai personaggi in cura dallo psicologo.
Per nulla personalizzate né rivisitate, le vicissitudini dei pazienti si svolgono esattamente come quelle dei loro predecessori, senza aggiungere nulla di nuovo, senza sperimentare o rischiare quel tanto che basta per guadagnarsi la stima del pubblico (l'unica storia, per ovvie ragioni, a scostarsi maggiormente rispetto all'originale è quella del carabiniere Dario).
Una trasposizione nuda e cruda di storie che molti di noi che hanno seguito lo show sulla HBO già conoscono e che, proprio perché prive del coraggio necessario per differenziarsi, non lasciano il segno, nonostante la bravura della maggior parte dei protagonisti.
Poco incisive sia Kasia Smutniak nei panni di Sara, un’infermiera in crisi con il fidanzato e innamorata di Giovanni, che Barbora Bobulova, qui Lea, moglie di Pietro (Giannini), quarantenne in crisi dopo aver scoperto di essere rimasta incinta.
Notevole invece la performance di Guido Caprino (Dario), un carabiniere sotto copertura alle prese con la ‘ndrangheta, e della giovanissima Irene Casagrande (Alice), ballerina diciassettenne che ha da poco tentato il suicidio.
Ultima ma come si suol dire, non meno importante, la straordinaria Licia Maglietta che presta il volto alla psicoterapeuta Anna, dalla quale Giovanni si reca ogni settimana per far chiarezza negli ultimi, drammatici avvenimenti che hanno travolto la sua vita matrimoniale.
Ammirevole, nonostante tutto, il tentativo di Costanzo e dell’intera produzione che sta dietro In Treatment Italia, di voler portare un genere diverso nel nostro Paese, lontano dalla tradizionale soap, ma anche dal mondo delle fiction, e più vicino alla serialità americana.
Peccato invece per la scelta di intraprendere la via più semplice del mero “copia e incolla” difetto che, nonostante gli innumerevoli lati positivi, impedisce alla versione italiana del format di Levi di affermarsi come un prodotto innovativo nel palinsesto della pay tv, fallendo laddove, pochi anni fa, Romanzo Criminale, riuscì invece alla perfezione.