There's no point to any of this. It's all just a... a random lottery of meaningless tragedy and a series of near escapes. So I take pleasure in the details. You know... a Quarter-Pounder with cheese, those are good, the sky about ten minutes before it starts to rain, the moment where your laughter become a cackle... and I, I sit back and I smoke my Camel Straights and I ride my own melt.

martedì 30 aprile 2013

Bates Motel: quando Norman aveva 17 anni



Dimenticate Psycho, il capolavoro di Alfred Hitchcock dell’ormai lontano 1960. Mettetelo da parte, scordatevi Norman Bates come siete abituati e ricordarlo e, per sicurezza, liberate la memoria anche dal remake a colori del 1998 di Gus Van Sant.
Ecco, ora siete pronti, potete gettarvi a capofitto nella nuova serie della A&E ed entrare nel Bates Motel, serie tv prequel del film in questione.
Perché questa premessa, vi starete chiedendo.
Semplice: perché lo show è ambientato ai giorni nostri.
Ebbene sì, sembra folle, ma è così.
Non chiediamoci perché, proviamo a sorvolare, o sarà impossibile sia proseguire con questa recensione, sia iniziare a seguire Bates Motel, che, tutto sommato, sporadicamente risulta anche godibile, nonostante ribalti da subito qualsiasi tipo di aspettativa a causa soprattutto dei richiami continui, ma ahimè poco credibili, agli anni Cinquanta.

Lo show nasce da un’idea di Carlton Cuse, uno dei creatori di Lost (motivo che mi ha spinto a iniziare a seguirlo) e Kerry Erhin (“papà” di Friday Night Lights) ed è prodotto da Universal Television Group e The Wolper Organization.
Il protagonista è Freddie Higmore, il bambino de La fabbrica del Cioccolato, nei panni di un giovane Norman Bates agli albori della sua “pazzia”, ancora apparentemente lontano dallo psicopatico omicida che Mr. Hitchcock ci ha fatto incontrare più di cinquant’anni fa ormai.
Al suo fianco, la vera star della serie, Vera Farmiga (Up in the Sky) nel ruolo di sua madre Norma e a completare l’inquietante quadretto familiare, il bel Max Thieriot che interpreta Dylan, il figlio maggiore, border line, alternativo, “pericoloso”.
Nel ruolo dei “buoni”, anche se nulla, in Bates Motel è come sembra (nonostante l’eccessiva prevedibilità degli avvenimenti) un volto noto per tutti i “lostiani” incalliti, Nestor “Richard” Carbonell, qui lo Sceriffo Romero, che ha come braccio destro Zach Shelby, Mike Vogel (Pan Am).
Un prequel poco convincente, a tratti surreale, al quale mancano soprattutto audacia e “cattiveria” per essere definito un vero e proprio crime alla Dexter o un horror/thriller mozzafiato stile American Horror Story.
Siamo vicini al drama vero e proprio (del resto va in onda su un network che proprio di questo genere si fa portavoce: “A&E is real life. Drama“), a cui si cerca di dare maggiore sostanza con alcuni sfortunati colpi di scena sparsi qua e là, qualche lampo di genio disperato che cerca di far, se non saltare, almeno spostare di qualche millimetro lo spettatore sulla poltrona.
Il risultato è debole, poco convincente, per nulla originale, e forse non è neanche un problema di ambientazione, quanto più di una sceneggiatura non solo inverosimile su parecchi passaggi, ma decisamente fiacca e scontata.
Nonostante ciò, l’8 aprile dal entwork è arrivato il rinnovo per una seconda stagione di dieci episodi, a ulteriore riprova del fatto che, negli States, la qualità delle serie tv si stia abbassando sensibilmente in questi ultimi anni, e aldilà delle sporadiche “perle” che ogni tanto sbucano qua e là nei palinsesti, a sopravvivere spesso sono show “stracotti” che inaspettatamente riescono a conquistare il pubblico d’oltreoceano.



lunedì 22 aprile 2013

Da Vinci's Demons: l'attesissima serie di David Goyer, da stasera su Fox!



Dimenticate la barba bianca folta e le rughe accentuate e preparatevi a una nuova versione di Leonardo Da Vinci, totalmente diversa da quella stampata da sempre nell'immaginario collettivo.
Muscoli scolpiti, barba incolta, sguardo magnetico e carnagione olivastra: questo è giovane Leonardo nella Firenze del Rinascimento, secondo David S. Goyer, showrunner e produttore della nuova serie della Starz (in co-produzione con la BBC), Da Vinci’s Demons.
Lo show, che ha debuttato la scorsa settimana negli States e che sarà in onda da stasera alle 21.50 su Fox (canale 111 di Sky), racconta il periodo della giovinezza di Da Vinci, trascorso alla corte dei Medici, tra genio e sregolatezza, lunghe notti trascorse a studiare le teorie sul volo, giornate interminabili tra dipinti en plein air ed esperimenti di ogni tipo.
Tra misteri millenari, inganni, tradimenti, e pericolose cospirazioni, lo show focalizza l’attenzione non solo sulla controversa e affascinante personalità di Leonardo, ma anche sul potere del Vaticano e delle confraternite dell’epoca, come nel più classico dei romanzi di Dan Brown, per gettare le basi dell’incontro tra il protagonista e i membri di un misterioso e antico culto, quello dei Figli di Mitra.
Nei panni di Leonardo, l’attore britannico, classe ’81, Tom Riley (il Lawrence Shepherd di Monroe), affiancato dalla splendida Laura Haddock (How Not To Live Your Life) nel ruolo della conturbante Lucrezia Donati e James Faulkner (The Borgias) in quello di Papa Sisto IV. 
A un cast notevole e di tutto rispetto e a una scenaggiatura a prima vista solida e ben strutturata, si aggiunge la ricostruzione dettagliata, precisa e raffinata della Firenze dell’epoca.
Pittore, inventore, seduttore e spadaccino: tra istinto e follia, tra sensualità e creatività, questo è il giovane Leonardo Da Vinci raccontato dal creatore della trilogia de Il Cavaliere Oscuro nel suo Da Vinci’s Demons: gli studiosi e appassionati del celebre maestro avranno sicuramente qualcosa da ridire sul ritratto che ne fa Goyer, ma una chance a una serie godibile e originale come questa, non possiamo certo negarla. 


sabato 20 aprile 2013

"L'amore quando c'era" un romanzo di Chiara Gamberale


Alcuni romanzi, seppur alti come mattoni, dopo tante pagine non riescono a lasciare nulla di più che una flebile emozione.
Ce ne sono altri, costituiti da una manciata di pagine appena, che con poche righe sanno invece catturare e conquistare l’anima e l’attenzione del lettore.
Sono storie talmente vere e vicine a ognuno di noi che riescono ad apparirci familiari come poche altre, perché in grado di raccontare storie universali, capaci di accomunare molti di noi.
È il caso del breve racconto (poco meno di cento pagine) L’amore quando c’era, di Chiara Gamberale, che prende spunto da una domanda tanto semplice quanto complicata e alla fin fine, fondamentalmente priva di una risposta concreta: cos’è la felicità? La “felicità”, una parola così allegra, positiva, eppure così importante e difficile.

Io sono quasi sempre triste, anche senza motivo, e per questo credo che la vita non ha proprio nessun senso, scrive Patrizia detta Izia, sul suo quaderno. Poi si ferma, succhia il cappuccio della biro. Che tema assurdo ci ha dato oggi la professoressa, pensa.

A commissionare il tema in questione, Amanda, una “trentenne o poco più” che osserva i suoi studenti illudendosi di trovare le risposte che cerca nella loro innata e preziosa ingenuità.
Amanda è triste e non sa perché.
Sente che nella sua vita, pur avendo tutto, o quasi, manca ancora qualcosa, ma non riesce a capire di cosa si tratta.
Un vuoto le attanaglia lo stomaco e non le dà respiro, e pur tentando di negare l’evidenza, pur cercando di scacciare con forza e vigore questa strana sensazione, a volte Amanda non riesce a indossare quella maschera con cui nei momenti difficili affronta la vita, anche quando le lacrime ristagnano nei suoi occhi e faticano a non venir fuori.
Amanda spera che prima o poi la risposta arrivi da sé, che tutti i suoi “perché e chissà” trovino finalmente respiro.
Vive consapevolmente in conflitto con il suo passato, in ostaggio della malinconia, degli anni passati, che da un angolo buio del suo cuore, guarda con estrema e infinita nostalgia.
Senza neanche accorgersene, Amanda sente di non riuscire ad andare mai avanti, nonostante i piccoli traguardi, i cambiamenti, le sfide della vita.

Credo che il problema della mia vita, ora come ora, non sia esattamente che qualcosa non va: magari.
Significherebbe che c’è, nella mia vita, qualcosa di così necessario, di così urgente, da fare la differenza, se funziona bene o se funziona male.
Invece quel qualcosa non c’è.

E allora non le resta che tornare lì, in quel “momento lontano cui sente di appartenere con così tanta fermezza.
Non le resta che affrontare, una volta per tutte, i suoi rimpianti

E che se hai amato una sola persona nella tua vita, se solo una volta hai avuto quella certezza, ti conviene non entrare più in contatto con quella persona. Ma se adesso ti sto scrivendo, mi sa che no: questo non l’ho ancora imparato

e le sue paure

Le persone con quegli occhi lì. Sono tantissime, tantissime. Non fanno quello che sono nate per fare, non frequentano persone che mettono in gioco la loro parte più fastidiosa, quella che però fa la differenza fra loro e il resto del mondo, quella che uno la guarda e dice “io”: e si trascinano, per le strade e per le giornate, con i loro occhi spenti, con i loro occhi tristi.

Amanda si aggrappa a un pretesto, e dopo dodici lunghissimi anni, decide di scrivere a Tommaso, l’amore della sua vita, il suo ex storico, l’uomo col quale ha condiviso ciò che oggi, in un certo senso rimpiange.
 Tra stralci di mail, sms nel cuore della notte, dialoghi veloci e fragili, domande, riflessioni e considerazioni, Amanda chiede a Tommaso come ha fatto a trovare un posto nel mondo, lui, che ora, così lontano, sembra così felice e soddisfatto della sua vita.
Amanda è convinta che lui l’abbia dimenticata, che abbia ricominciato daccapo senza guardarsi indietro, senza tutta la fatica che invece da anni la consuma. Ma si sbaglia.
Perché anche se in maniera più silenziosa, anche se in maniera più velata e timida, Tommaso stesso non sa in quale misura definirsi “felice”.
Ma Amanda non rimpiange “l’amore finito”, Chiara Gamberale non vuole, con questo breve racconto, raccontarci una banale storia d’amore come tante altre.
E anzi, sarebbe riduttivo considerarla così.
L’intento è un altro, più sottile, più filosofico se vogliamo, e trova il modo di spiegarlo, seppur non del tutto, in una delle mail di Amanda:

E che se hai amato una sola persona nella tua vita, se solo una volta hai avuto quella certezza, ti conviene non entrare più in contatto con quella persona, per non rovinare il ricordo che hai di lei.
Ma se adesso ti sto scrivendo, mi sa che no: questo non l’ho ancora imparato

Perché L’amore quando c’era, è sì un romanzo che parla d’amore, ma nella sua forma più totale e universale: le lettere scritte da Amanda a Tommaso, non sono necessariamente lettere “a un ex”: sono parole che Amanda potrebbe rivolgere anche a un amico lontano, perso durante il cammino.
Sono lettere ma potrebbero essere pagine di un diario, che Amanda scrive tra sé e sé.
In quelle parole, cerca una soluzione, una risposta, un appiglio.
Cerca “quel qualcosa” che lei stessa però, sa che non c’è, non più almeno.
Non nel presente.

Persone come noi, persone incapaci di stare davvero bene mentre stanno bene, rendono perfetto solo quello che hanno già vissuto o che potranno vivere.



giovedì 18 aprile 2013

Festival di Cannes 2013: i film in gara e le pellicole di Un Certain Regard




Il dado è tratto direbbe qualcuno: si è conclusa infatti, da pochi minuti, la conferenza stampa di presentazione del programma del Festival Cannes 2013, e ora non ci resta che aspettare.
Nonostante gli sforzi del direttore artistico Thierry Frémaux, impegnato a non lasciar trapelare notizie su titoli e ospiti presenti all’edizione di quest’anno, i rumors svelati ieri da alcune testate online, hanno trovato sì parecchie smentite, ma anche numerose conferme.
Il film d’aperura del Festival di Cannes 2013 che si terrà dal 15 al 26 maggio nella deliziosa cittadina francese, sarà l’attesissimo remake del Il Grande Gatsby di Baz Lurhmann (fuori concorso).
Tra le pellicole in gara, quelle di Roman Polansky, Paolo Sorrentino, Steven Soderbergh, Takashi Miike e I fratelli Coen.
Unica presenza femminile, quella Valeria Bruni Tedeschi 
con il suo Un Chateau en Italie, mentre l’attesissimo The Bling Ring di Sofia Coppola, aprirà l’Un Certain Regard, dove ritroveremo anche Valeria Golino con il suo Miele, oltre a James Franco con As I Lay Dying e altri interessanti lungometraggi.
Prevedibile la grande assenza di Jim Jarmusch e Steve McQueen, notizia che inevitabilemnte attirerà parecchie polemiche su di sé.
Fuori concorso Zulu di Jérome Salle (che chiuderà il Festival), All is Lost di Chandor e Blood Ties di Canet.

Di seguito la lista completa dei film in gara e delle pellicole di Un Certain Regard  

Film in concorso

Un Chateau en Italie by Valeria Bruni Tedeschi
Inside Llewyn Davis by Ethan Coen, Joel Coen

Michael Kohlhaas by Arnaud Despallieres 

Jimmy P. by Arnaud Desplechin 

Heli by Amat Escalante

The Immigrant by James Gray

Le Passe by Asghar Farhadi

Grisgris by Mahamat-Saleh Haroun

Tian Zhu Ding by Jia Zhangke

Soshite Chichi ni Naru by Kore Eda Hirokazu

La Vie D’Adele by Abdellatif Kechiche

Wara No Tate by Takashi Miike

Jeune et jolie by François Ozon
Nebraska by Alexander Payne

La Venus a la Fourrure by Roman Polansky

Behind the Candelabra by Steven Soderbergh

La grande bellezza by Paolo Sorrentino

Borgman by Alex Van Warmerdam
Only God Forgives by Nicolas Winding Refn

Film Un Certain regard

Omar by Hany Abu Assad
Death March by Adolfo Alix Jr.

Fruitvale station by Ryan Coogler

Les Salauds by Claire Denis

Norte, Hangganan ng Kasaysayan by Lav Diaz

As I lay dying by James Franco

Miele by Valeria Golino

L’inconnu du Lac by Alain Guiraudie

Bends by Flora Lau

L’Image Manquante by Rithy Pahn

La Jaula de Oro by Diego Quemada Diez 

Anonymous by Mohammad Rasoulof

Sarah Preéfère la Course by Chloé Robichaud

Grand Central by Rebecca Zlotowski