There's no point to any of this. It's all just a... a random lottery of meaningless tragedy and a series of near escapes. So I take pleasure in the details. You know... a Quarter-Pounder with cheese, those are good, the sky about ten minutes before it starts to rain, the moment where your laughter become a cackle... and I, I sit back and I smoke my Camel Straights and I ride my own melt.

mercoledì 31 agosto 2011

Teen Wolf: il licantropo teenager di Mtv

Dopo vampiri, cacciatori dell’occulto, stregoni e supereroi, ora sul piccolo schermo anche i lupi mannari, in versione teen, trovano spazio nel nuovo telefilm di Mtv.

Era il 1913 quando il primo lupo mannaro comparve sul grande schermo nel cortometraggio muto The Werewolf, e da quel momento in poi, il successo per questa figura mitologica, fu inarrestabile. Dal cinema alla musica, dai fumetti all’animazione, i licantropi si sono conquistati, col passare degli anni, un’ottima schiera di fedeli, e soprattutto ora che, tra vampiri e cacciatori dell’occulto, il sovrannaturale è decisamente l’elemento preferito di molti registi televisivi, è arrivata l’ora che i figli della luna debuttino anche sul piccolo schermo.

Strizzando l’occhio ai fan di Twilight e nel tentativo di accaparrarsi, almeno nella parentesi estiva, l’attenzione dei numerosi fan di Vampire Diaries, Mtv ha puntato su Teen Wolf, la nuova serie di Jeff Davis (creatore di Criminal Minds). I dodici episodi trasmessi tra il 5 giugno e il 15 agosto, hanno assicurato al network una media di 1,7 milioni di telespettatori a settimana, in seguito a una notevole premièrè che ha sfiorato i 2,5: ottimo risultato visto il periodo di pausa che precede la nuova stagione telefilmica.

Davis prende spunto dall’indimenticabile Voglia di Vincere, storico film degli anni Ottanta di Rod Daniel con protagonista il mitico Michael J. Fox, per raccontare le vicissitudini di un liceale timido e impacciato la cui vita cambia da un giorno all’altro a causa di evento inaspettato e irreversibile.
Se Michael J. Fox però, si trasformò in licantropo a causa di un fattore genetico ereditato dal padre, qui le cose cambiano e il protagonista Scott MacCall (Tyler Posey, Smallville e Brothers&Sisters), scopre di avere poteri sovrannaturali solo dopo essere stato morso da un capo branco della specie Alpha, di notte in un bosco.
Come nel miglior b-movie
dell’orrore che si rispetti, per Scott iniziano i guai, il liceo diventa il palcoscenico perfetto del teatro degli orrori, e lui si ritrova inghiottito in una spirale di eventi antichi e misteriosi che metteranno in pericolo la sua vita e quella delle persone a lui vicine.

L’ironia e i buoni sentimenti che caratterizzavano la pellicola di Daniel, in Teen Wolf lasciano spazio a un’atmosfera più gotica e dark, con leggere venature comedy e un ritmo incalzante che aumenta col procedere della trama.
Indubbiamente nulla di nuovo sul fronte del plot e della sceneggiatura, prevedibile nella maggior parte dei casi, e a tratti forse fin troppo scontato, ma nel complesso, il teendrama (perché pur sempre di questo stiamo parlando), risulta godibile e scorrevole, soprattutto per il giovane pubblico di Mtv.

Per lo più privo di effetti speciali (tutte le scene sono girate sul set grazie a un valido gruppo di stunt-men) la serie è visivamente più matura di Buffy - L’ammazzavampiri e molto vicina al già citato Vampire Diaries, a cui si ispira inoltre per la scelta dei protagonisti, tutti muscolosi, aitanti e in gran forma, che spesso vengono mostrati a torso nudo con i pettorali in bella mostra, per la gioia delle teenager. Anche la storia d’amore tra Scott e la nuova studentessa appena sbarcata alla Beacon Hills High School, Alison Argent (Crystal Reed), non sorprende più di tanto, e risulta come il classico Romeo e Giulietta rivisitato in chiave moderna, con le due famiglie rivali e nemiche da secoli (la famiglia Argent da anni dà la caccia ai lupi mannari di Beacon Hills). Gli stereotipi intorno a Scott non mancano di certo: il miglior amico Stiles (Dylan O’Brien), sfigatello alla Seth Cohen di The O.C. che colora il telefilm di humour e ironia, Jackson (Colton Haynes, The Gates) il capitano della squadra di Lacrosse (in Voglia di Vincere il protagonista giocava a basket, nei college americani di oggi il Lacrosse domina) che cerca di conquistare Alison, Lydia (Holland Roden) la reginetta della scuola altezzosa e antipatica con la sua schiera di mean girls. E ancora, tra gli adulti che fanno da cornice agli adolescenti protagonisti, il padre di Stiles, lo sceriffo del paese (Linden Ashby) che interviene spesso in aiuto dei ragazzi contro i cattivi, Melissa (Melissa Ponzio), la mamma di Scott (giovane quasi quanto il figlio), inevitabilmente più volte in pericolo, Kate (Jill Wagner) la perfida zia di Alison che tenta di ostacolare la sua storia con Scott, e Derek Hale (Tyler Hoeclin, Settimo Cielo), alter ego del protagonista, lupo mannaro della specie beta, che aiuta Scott a sconfiggere Peter (Ian Bohen), il suo nemico numero uno: il licantropo che lo trasformò.

Un gruppo di personaggi piuttosto piatti e poco interessanti, per nulla sfaccettati o approfonditi psicologicamente ai quali risulta praticamente impossibile affezionarsi, eccezion fatta per Stiles, vera mente del telefilm e artefice di quella matrice comedy che non stona affatto. Per certi versi affascinante anche Derek, bello e dannato, saggio e egoista al punto giusto da affermarsi, sin dal pilot, come il bad guy per eccellenza, parecchio lontano però dai vari Damon Salvatore (Ian Somerhalder) e compagni.

Il cast di Teen Wolf (confermato pochi giorni fa per la seconda stagione), si ritroverà ad Atlanta il prossimo 15 novembre per iniziare le riprese dei nuovi 12 episodi previsti, in cui a quanto pare non mancheranno numerosi colpi di scena e nuovi intriganti personaggi.

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martedì 30 agosto 2011

..per sempre eterni amanti, oppure un amore impossibile..


Quando Giovanna e Lorenzo si sfiorano per la prima volta, capiscono subito che da quel momento in poi, la loro vita cambierà in maniera irreversibile, e che quell’incontro, lascerà per sempre un segno indelebile nel loro destino.
Lui, single da troppo tempo ormai, in cerca di quell’amore vero e puro capace di cambiarti nell’anima, e di una donna che sappia prendersi cura di lui, dopo tanti anni di solitudine e interminabili serate trascorse in compagnia di qualche amico o della tv.
Lei, trentenne già rassegnata alla routine, con due figli da crescere e un marito sempre impegnato col lavoro e fin troppo arrendevole e poco premuroso per accorgersi che qualcosa non va. L’amore della sua vita, che dopo tanti anni, sembra non avere più il tempo per lei, e involontariamente la trascura fino a gettarla tra le braccia di un altro.
La cena da preparare, le bollette da pagare, e Giovanna senza una madre a cui chiedere almeno un piccolo aiuto, senza una spalla su cui piangere, senza neanche il tempo di sfogarsi un po’.
Lorenzo, all’inizio senza saperlo, arriva all’improvviso a colorare le sue giornate: lei lo spia dalla finestra, di nascosto, in cerca di un piccolo diversivo in quei cinque minuti che custodisce tutti per sé, prima di andare a dormire, mentre in penombra si affaccia alla finestra con la sigaretta tra le dita. 





“È vero, non so quasi niente di lei. So solo che esce tutte le mattine alle otto per andare ad accompagnare i bambini a scuola. Con lei c'è sempre una sua amica, con dei bambini di colore. So che la sera, dopo aver finito di lavare i piatti, rimane un po' da sola in cucina a fumare, e spegne la sigaretta sotto l'acqua del rubinetto. So anche che la notte spesso gira per casa. Si avvicina alla finestra a guarda fuori, ma non so cosa vede”


Poi l’incontro, uno sguardo, due mani che si sfiorano, due menti e due corpi che non riescono a respingersi. La forza di gravità che arriva prepotentemente e violentemente a spingerli uno tra le braccia dell’altra, all’inizio timidi, alla fine irrefrenabili.
Una passione travolgente, dilagante.
Un amore introverso, clandestino, inevitabile, nonostante i rimorsi, le paure e i sensi di colpa.

“Dev'essere bello potere crescere quell'amore che all'inizio era solo passione, aiutarlo a cambiare, proteggerlo dal passare del tempo”

Deve essere bello, sì, ma Giovanna e Lorenzo non lo sapranno mai, perché il tempo non gioca a loro favore, perché il destino li ha fatti incontrare nel momento sbagliato, perché pur completandosi a vicenda, devono lasciarsi andare.
Due anime gemelle su due universi paralleli, che malgrado tutto camminano mano nella mano, e che pur non potendosi più sfiorare, resteranno legate per sempre, da un filo sottile e invisibile agli occhi degli altri.
 
“Non si accontenti di sopravvivere. Lei deve pretendere di vivere in un mondo migliore, non soltanto sognarlo”
Così Davide, un uomo anziano chiuso e introverso, redarguisce spesso Giovanna, nel tentativo di insegnarle ad andare avanti senza Lorenzo, quando lui dovrà lasciare la città. Davide, lo stesso uomo che li ha fatti incontrare, il loro “guardiano del destino”, che da anni vive senza memoria, l’unica alleata di Giovanna, nel suo futuro senza Lorenzo. 

“Ho ancora bisogno di una tua parola, di un tuo sguardo, di un tuo gesto. Ma poi all'improvviso sento i tuoi gesti nei miei, ti riconosco nelle mie parole. Tutti quelli che se ne vanno, ti lasciano sempre addosso un po' di sé. È questo il segreto della memoria? Se è così allora mi sento più sicura, perché so che non sarò mai sola" 

Giovanna che immagina di scappare con Lorenzo.
Giovanna che lo vorrebbe con tutto il cuore.
Giovanna che non trova il coraggio di ricominciare. Rinunce e sacrifici, presente e futuro che si scontrano senza pietà.
Lei, che forse sceglie la strada più facile, ma che in fondo probabilmente, è quella che le appartiene di più, e deicide di restare accanto al marito e ai figli.
Lorenzo che parte guardandosi indietro, nella disperata speranza che lei sia lì, con la valigia pronta, decisa ad andar via con lui e iniziare una nuova vita.
Ma gli happy ending si sa, esistono solo nelle favole, e quella di Giovanna e Lorenzo, una favola proprio non è.


“Dopo di te il rosso non è più rosso, l'azzurro del cielo non è più azzurro, gli alberi non sono più verdi. Dopo di te devo cercare i colori dentro la nostalgia che ho di noi. Dopo di te rimpiango persino il dolore che ci faceva timidi e clandestini. Rimpiango le attese, le rinunce, i messaggi cifrati, i nostri sguardi rubati in mezzo a un mondo di ciechi, che non volevano vedere perché se avessero visto saremmo stati la loro vergogna, il loro odio, la loro crudeltà. Rimpiango di non aver avuto ancora il coraggio di chiederti perdono. Per questo non posso più nemmeno guardare dentro la tua finestra. Era lì che ti vedevo sempre quando ancora non sapevo il tuo nome, e tu sognavi un mondo migliore in cui non si può proibire ad un albero di essere albero e all'azzurro di diventare cielo. Non so se questo è un mondo migliore. Come posso dire che questo è un mondo migliore? Come posso dirlo senza di te?
La finestra di fronte, di Ferzan Ozpetek, è un film del 2003, ed è uno dei miei film italiani preferiti.
Per la delicatezza e la profondità con cui il regista riesce a descrivere Giovanna, per la ricercatezza con cui affronta il tema della memoria e dei ricordi e per la sofferenza con cui dipinge il destino dei due protagonisti.
Indimenticabile Massimo Girotti nel ruolo di Davide, l’ultimo personaggio che interpretò prima di lasciare questo mondo
.

lunedì 29 agosto 2011

Un sorso in più

“e la vita continua anche senza di noi
che siamo lontani ormai
da tutte quelle situazioni che ci univano
da tutte quelle piccole emozioni che bastavano
da tutte quelle situazioni che non tornano mai”

Claudio perde la moglie mentre lei è in attesa del loro terzo figlio, il piccolo Vasco.
Per lui la vita finisce in quel momento, a trent’anni appena, quando all’improvviso resta solo con tre figli da crescere e il cuore spezzato e per lui, non esiste più un benché minimo futuro che abbia senso.
Claudio arranca da mattina a sera nel mondo degli appalti e dei cantieri, una realtà faticosa e spesso difficile, dove per due lire, si lascia bacchettare da un capo incompetente e arraffone, il classico mezz’uomo che sfoga sui suoi operai le frustrazioni di una vita ingiusta.
Un giorno l’illuminazione, e il passo più lungo della gamba, e Claudio decide di passare da garzone, a padrone, tentando l’affare del secolo, investendo i pochi risparmi di una vita per prendere un appalto in carica.
Ogni centesimo sudato fino a quel momento, in un progetto edilizio senza futuro, e Claudio, con pargoli al seguito, cade nel baratro, e imbocca un tunnel, dal quale uscire, è pressoché impossibile: quello dei debiti.
Nell’Italia dove tutto ruota intorno al denaro, in una società dove nessuno guarda in faccia nessuno, in una Roma di periferia, assente e distaccata, lui si ritrova solo, a elemosinare un prestito, a scongiurare la sorella di dargli una mano, a mortificarsi per due soldi per poter pagare quattro immigrati disperati che lo aiutano in cantiere.
Claudio a testa bassa che si umilia per un piatto di pasta.
Claudio che rimpiange la moglie e la loro piccola realtà perfetta.
Claudio che si lascia divorare il fegato dai debiti, per quei maledetti soldi che non bastano mai, e lo trasformano in un padre assente, che cerca di colmare con beni materiali, l’affetto che non riesce a trasmettere ai figli, ora che la morte della moglie gli ha portato via tutto l’amore che aveva da dare.
E anche se di quell’affetto mancato, i figli ne pagheranno il prezzo per sempre, lui non riesce a comportarsi diversamente, perché quando ai tuoi figli non puoi dare da mangiare, tutto prende il sopravvento.
Quando senti di non aver più un briciolo d’amor proprio e di te stesso non ti importa più niente, provi a regalare un sorso di felicità in più alle persone che ami davvero, a modo tuo, anche correndo il rischio di non dimostrarglielo affatto.
Quando rischi di andare a fare il facchino per portare a casa cinquanta euro, il tempo per un abbraccio proprio non ce l’hai.

Claudio è un intenso e straordinario Elio Germano, il film è La nostra vita di Daniele Lucchetti del 2010.
La storia in poche righe è questa, e la canzone che fa da colonna sonora a tutta la pellicola, è l’
Anima Fragile di Vasco Rossi citata nell’incipit di questo post.
Claudio è un uomo come molti altri, uno di quei tanti padri che, volenti o nolenti, lasciano crescere i propri figli da soli, impegnati come sono a cercare di assicurargli un futuro migliore del presente in cui vivono.
È uno di quei padri poco presenti, un padre che sì, forse all’apparenza non c’è mai, ma che in fondo, se guardi bene, è sempre lì con te, e per te mette in gioco tutto.

giovedì 25 agosto 2011

Fiona


Fiona è alta, snella e longilinea.
Ha gli occhi e i capelli castano scuro, la carnagione pallida e un piccolo neo sotto l’occhio destro.
Fiona è tenace, orgogliosa, sensibile e presuntuosa. Non ama chiedere aiuto a nessuno, ma le si scalda il cuore appena qualcuno le dà una mano senza chiederle niente indietro.
Odia mostrarsi debole agli occhi degli altri, e vorrebbe riuscire a far filare sempre tutto liscio, vorrebbe saper controllare l’universo.
È bella senza darlo troppo a vedere, impacciata sui tacchi a spillo e negli abiti succinti, ma incredibilmente affascinante. È sexy nei jeans aderenti e le magliette lunghe e un po’ trasandata quando la mattina prepara la colazione.
Sogna l’amore, pur accontentandosi e lasciandosi inebriare dal sesso selvaggio e senza fronzoli, e aspetta da anni il principe azzurro che arrivi a salvarla dalla sua routine quotidiana, popolata da cinque fratelli a cui badare, un padre alcolizzato, e mille difficoltà economiche.
Fiona conta ogni singolo centesimo quando va a fare la spesa, ruba i pannolini e la carta igienica nei bagni pubblici, e saltuariamente fa la cameriera per racimolare qualche spicciolo, superando l’umiliazione a testa alta, quando qualche cliente poco educato, la squadra da cima a fondo facendo apprezzamenti poco delicati sul suo corpo.
Serba rancore per la madre che l’ha abbandonata, nonostante abbia bisogno di lei in ogni momento della sua giornata, e perdona a quel padre assente e fuori dagli schemi, ogni torto ed errore.
Si dedica anima e cuore ai suoi fratelli, senza pretendere nulla in cambio, e li tratta come figli, con una maturità e una sensibilità insolite per una ragazza della sua età.
Sa di poter contare in ogni momento sulla sua migliore amica Veronica, e non esita neanche un secondo ad aiutarla a sua volta, in caso di bisogno.
Negli anni ha mandato giù dolori e sofferenze, senza arrendersi mai, trovandosi faccia a faccia con la povertà, con la violenza, e con tutti gli ostacoli che la vita le ha messo davanti, fermandosi a volte a piangere, altre a ridere, altre ancora a riflettere.
È stata spesso sul punto di mollare tutto e tutti, in bilico su quel punto di rottura così difficile da gestire, ma alla fine, ha scelto sempre di restare nel suo piccolo mondo, che, seppur instabile e pieno di incertezze, la fa sentire al sicuro, e il più delle volte felice.
Fiona con i suoi mille pregi e i suoi infiniti difetti, con le sue debolezze e le sue virtù. Fiona che ancora sa ridere della vita e delle piccole cose, e che ancora riesce a commuoversi per una sciocchezza.
Fiona, che ogni tanto vince, ogni tanto perde, che forse troppo spesso si accontenta.


Vorrei che Fiona (Emmy Rossum) fosse un personaggio creato da me, ma purtroppo non è così.
È la fantastica protagonista di Shameless (US), telefilm in onda su Showtime, basato sull’omonima serie inglese di Paul Abbot.
Se non l’avete ancora vista, al posto vostro, ora correrei a farlo.



domenica 21 agosto 2011

The Big C: Laura Linney stravolge gli stereotipi


In onda su Sky quest’estate la nuova dramedy di Showtime che ha per protagonista una donna che in maniera atipica e inusuale affronta il cancro senza cercare di sconfiggerlo, in un crescendo di risate, lacrime ed emozioni.

Cathy Jamison è un’insegnante, vive in Minnesota, ha 42 anni, un marito noioso, un figlio adolescente impertinente, e un cancro al quarto stadio.
Moglie e madre premurosa e morigerata, e professoressa modello, l’estate in cui le viene diagnosticato un melanoma pressoché incurabile, Cathy abbandona le buone maniere e accantona lo stereotipo della casalinga per bene, stravolgendo completamente la sua vita.
Reagisce in maniera inaspettata alla triste notizia e anziché piangere e disperarsi, decide di approfittare del tempo che le rimane per togliersi ogni sfizio e soddisfazione: ritira tutti i suoi investimenti dal conto in banca, manda il marito fuori di casa perché la rende scontenta e si abbandona a comportamenti istintivi e imprevedibili.
Non si limita a comprare una decappottabile rosso fuoco o a pasteggiare ad astice e champagne, ma decide di tenere nascosta la verità a tutte le persone a lei vicine, per risparmiarsi atteggiamenti compassionevoli o rammaricati e fiumi di lacrime.
All’improvviso così, agli occhi degli altri, il suo comportamento inizia ad apparire totalmente folle e privo di ogni logica, fuorché allo spettatore, da subito a conoscenza della malattia e di riflesso complice di Cathy.

Questa, a grandi linee, è la trama di The Big C (in onda dal 21 giungo ogni martedì alle 22.45 su FoxLife, giunta invece alla seconda stagione negli States) che ha come protagonista una strepitosa Laura Linney, tre volte candidata all’Oscar, e vincitrice quest’anno del Golden Globe come miglior attrice protagonista per questa incredibile dramedy creata e sceneggiata da Darlene Hunt (già dietro Will & Grace).
Trasmessa da Showtime, che negli anni ci ha regalato perle del panorama telefilmico, come Dexter, Californication, Nurse Jackie e ultimo, ma solo in ordine di tempo, l’irriverente Shameless (remake dell’omonima serie inglese), The Big C vanta, proprio come i suoi predecessori, caratteristiche poco convenzionali, affrontando con una leggerezza solo apparente, un tema scottante come quello del cancro.
Dosando perfettamente la giusta dose di humour e di lacrime, lo show alterna momenti di forte intensità a intervalli più leggeri, tentando di esorcizzare la malattia del secolo infrangendo luoghi comuni che altrimenti non ci porterebbero a scherzarci su, come afferma la stessa Hunt:
“Il cancro non è una cosa divertente, ma lo sono le persone; e il modo con cui scelgono di fare i conti con situazioni differenti, possono essere ilari a prescindere dalle circostanze. Mi piace rendere divertenti le cose che non lo sono, e far ridere la gente su cose che possono essere dolorose”.
Con i suoi atteggiamenti fuori dagli schemi Cathy ci fa sorridere, a volte commuovere, spronandoci a riflettere, senza mai esagerare e rischiare così di cadere nel melenso, esortando spesso lo spettatore a ridere e a piangere nell’arco di un unico episodio.
A metà strada tra il drama e la comedy, la serie rispecchia perfettamente lo stato d’animo della protagonista, guardando al cancro sotto una luce nuova, senza reagire in modo remissivo o arrendevole, ma prendendo invece il toro (in questo caso la vita) per le corna, cercando di cogliere al volo tutte le seconde chance che altrimenti andrebbero perse, argomento su cui l’autrice torna spesso a insistere: “La proposta per questa serie è arrivata in un momento particolare della mia vita. Mi stavo chiedendo: ‘Come devo usare il tempo che mi rimane?’. Ho 47 anni e ho potuto constatare che dopo i 40, il tempo vola, la vita scorre senza che tu te ne accorga e ci si dispera per aver perso la giovinezza. Ho capito che c’è qualcosa di terribilmente sbagliato in questo atteggiamento. Penso che questa attitudine dimostri una totale mancanza di sensibilità nei confronti di chi non ha o non ha avuto il privilegio di avere una lunga vita”.
Una comedy fuori dal coro, macabra e aggressiva, ma allo stesso tempo intensa e intima, a tratti corale, a tratti introspettiva, che mostra come reagire, in maniera estrema magari ma indubbiamente plausibile e inaspettata, di fronte alla notizia di una morte imminente e inevitabile, azzardando scelte inconsuete, come accade, ad esempio, in Breaking Bad.
La grande C del titolo può essere interpretata liberamente, può riferirsi all’iniziale del nome della protagonista, o a quello della malattia, a noi, come a molti altri, piace attribuirla al Carpe Diem sbandierato da Cathy, un inno a cogliere le occasioni al volo, una frase che può apparire retorica, ma totalmente adatta invece, a questi anni in cui tutto corre via alla velocità della luce.
È la stessa creatrice ad affermarlo: “In realtà la serie non parla di morte, ma di vita e delle scelte che facciamo o che dovremmo fare. Esprime l’emozione psichica e fisica, della vita, e di quanto sia importante lo spirito con cui la si
affronta”.

Attorno a Cathy, nell’arco dei 13 episodi che compongono la prima stagione, un variopinto microcosmo di personaggi curiosi e dalle mille sfaccettature, interpretati da una schiera di attori brillanti e talentuosi, volti noti e non.
Oliver Platt (Huff, Nip/Tuck, Kinsey) recita nel ruolo del goffo e accondiscendente marito Paul, con cui Cathy rompe nel pilot, per tornarci insieme poco prima del finale di stagione, ritrovando un equilibrio di coppia perduto da tempo, ricarburato con un breve periodo di separazione, durante il quale la protagonista ha avuto modo di provare il brivido del proibito con l’aitante collega Lenny (Idris Elba, Luther) concedendosi una veloce e intensa tresca extra-coniugale.
L’estate in cui scopre di avere il cancro, la donna riesce paradossalmente a ringiovanire, ritrovando quella bellezza nascosta sotto i vestiti da casalinga a cui neanche il suo medico Todd (
Reid Scott) sembra riuscire a resistere, e tirando fuori una forza di carattere che neanche suo fratello Sean (John Benjamin Hickey) pensava avesse.
Ed è proprio lui, uno dei personaggi più interessanti e divertenti della serie, un trentacinquenne scapestrato e anticonformista, che dorme nel parcheggio di un centro commerciale come forma di protesta contro il consumismo imperante, conducendo una vita da clochard. Il ritrovato e controverso rapporto con la sorella (che scopre essere malata solo all’inizio della seconda stagione), lo aiuta in un certo senso a “fare pace con la vita”, in un momento per lui molto importante: quando sta per diventare, accidentalmente, papà.
E se The Big C affronta magistralmente i rapporti familiari fra coniugi o fratelli, riesce in maniera altrettanto brillante a scavare a fondo nell’amicizia, componente essenziale nella vita di Cathy,
a partire da una delle sue studentesse, Andrea, interpretata dalla strabiliante
Gabourey Sidibe, stella del discusso Precious, ragazza di colore sovrappeso a cui Cathy offre tutto il suo sostegno morale, e con la quale spesso si troverà a discutere su tematiche forti e significative per un’adolescente.
A movimentare la vita della Jamison, ci pensa a metà stagione anche Rebecca, ex roomate ai tempi del college, migliore amica storica scomparsa nel nulla vent’anni prima, che torna all’improvviso in occasione del quarantatreesimo compleanno della protagonista e che non tarderà a combinare un grosso pasticcio quando, dopo un’avventura fugace, resterà incinta di Sean. Nei panni di Rebecca, nientemeno che Cynthia Nixon, Miranda in Sex and the City, che con The Big C, segna il suo ritorno sul piccolo schermo, in un ruolo che sembra cucito su misura per lei.
Ma il legame indubbiamente più importante per Cathy è senza dubbio quello con la vicina di casa scorbutica e diffidente Marlene (la strepitosa
Phyllis Somerville), la prima a cui confessa di essere malata, rappresenta per la protagonista un appiglio cui aggrapparsi nei momenti più difficili, un vero e proprio punto di sfogo durante le diatribe con l’impertinente figlio Adam (Gabriel Basso), quattordicenne introverso e viziato con cui lei cerca disperatamente di recuperare il rapporto prima che sia troppo tardi. E sarà proprio Marlene, che si toglierà la vita sul finire della stagione, a dare una spinta in più a Cathy, spronandola col suo gesto a non sprecare un minuto della vita che le rimane, e a tentare cure mediche alternative o sperimentazioni pur di rimanere più a lungo possibile con i suoi cari.
Un cambio di rotta nell’atteggiamento della protagonista, evidente sin dal decimo episodio, che segna un notevole cambio di registro nel tono della serie: il ritmo si abbassa leggermente quando la protagonista decide di intraprendere una strada differente, meno dedita al carpe diem, più incentrata su un ipotetico happy ending, che però probabilmente alla fine non arriverà.
La Cathy che all’inizio sembrava folle e che in realtà voleva solo andare incontro alla morte vivendo al cento per cento, lascia spazio a una Cathy più riflessiva, forse un po’ noiosa, ma decisamente più realistica, una donna che decide di far scorta di forza e coraggio prima di gettarsi nel vuoto e tentare il tutto per tutto pur di poter vivere il più a lungo possibile.

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