There's no point to any of this. It's all just a... a random lottery of meaningless tragedy and a series of near escapes. So I take pleasure in the details. You know... a Quarter-Pounder with cheese, those are good, the sky about ten minutes before it starts to rain, the moment where your laughter become a cackle... and I, I sit back and I smoke my Camel Straights and I ride my own melt.

giovedì 28 luglio 2011

Stargirl's Summer Awards: le serie tv di quest'anno secondo me!

L’estate è da sempre il periodo più indicato per pubblicare sondaggi e classifiche, semplici, divertenti e ghiotte letture da spiaggia.
Non andrò certo su carta stampata, questo è scontato, ma magari qualcuno si divertirà a sbirciare questo post dal proprio cellulare o dal proprio computer, e si diletterà, sotto il sole d’agosto (o quasi), a leggere e curiosare quali sono le serie, secondo il mio modesto parere, più o meno meritevoli di questa stagione.
Su alcune scelte magari sarete d’accordo con me, su altre sicuramente no.
Alcuni magari commenteranno (mi farebbe piacere, quindi se vi va, siete i benvenuti), altri magari si limiteranno a leggere soltanto e a prendere spunto per iniziare qualche serie che quest’inverno si sono lasciati sfuggire, per
godersela in vacanza.
Spero comunque che la cosa vi diverta e incuriosisca!

Avrò sicuramente dimenticato di inserire qualche categoria, o mi sarà passato di mente quel telefilm che tanto mi aveva colpito (o forse, decisamente no..), ma potrò sempre aggiungerlo in un secondo momento!

Se viene in mente a voi, sono qui a disposizione! J

Partiamo dunque con gli “Stargirl’s Summer Awards” (lo so, il titolo è davvero trash, ma a volte un po’ di frivolezza non guasta, suvvia!) e vediamo cosa ci ha regalato la stagione televisiva 2010:




Miglior drama: Dexter (Una stagione di transizione, introspettiva e intensa, fondamentale per scavare nella psicologia del protagonista e dei personaggi che gli ruotano intorno. Un Michael C. Hall più in forma che mai dopo la malattia che lo aveva colpito lo scorso anno, e un’ottima interpretazione di Julia Stiles, guest star della stagione)

Miglior dramedy: The Big C (Una Laura Linney strepitosa alle prese con il cancro, in una serie ironica e allo stesso tempo commovente, che ha velocemente conquistato gli States)

Miglior serie comedy: Shameless US (Una delle migliori novità dell’anno, il connubio perfetto tra comedy e family drama, con un insuperabile Wlliam H. Macy e una sceneggiatura forte e pungente)

Miglior serie fantasy: The Walking Dead (Novità di punta della AMC, ha conquistato pubblico e critica dopo 6 episodi appena, nonostante le incongruenze a livello di trama e di personaggi rispetto all’omonima saga a fumetti da cui è tratto)

Miglior teendrama: The Vampire Diaries (A metà tra il fantasy e il teen drama, la saga dei fratelli Salvatore continua a mietere grandi ascolti sulla CW, grazie a un cast giovane e frizzante, a un plot sempre più coinvolgente e alle storie d’amore intricate e appassionanti)

Miglior serie sportiva: Make It or Break It (Se vedessi Friday Night Lights, probabilmente lo avrei votato, ma così non è, e visto che l’elemento basket in One Tree Hill è andato via via scomparendo, le ginnuts vincono, e si aggiudicano il mio voto, grazie alle vicissitudini da teenager che rendono le storie più avvincenti e leggere)

Miglior family-drama: Parenthood (Indubbiamente il migliore degli ultimi anni, commovente e ironico al punto giusto, con un cast veramente eccezionale e una colonna sonora per pochi eletti)

Miglior sitcom: How I Met Your Mother (Da Friends in poi, l’unica che mi abbia coinvolto e conquistato quasi al 100%, nonostante la mia insensate avversione verso le sitcom. Un evergreen, sempre piacevole e divertente)

Miglior serie nerd: Chuck (Sarà Zacary Levi, sarà l’elemento Nerd, saranno gli irresistibili personaggi di contorno, resta sempre una delle mie preferite)

Miglior serie italiana: Romanzo Criminale (Il migliore prodotto italiano degli ultimi anni, superiore anche al film. Nonostante alcune divergenze con la storia originale, brilla nel panorama televisivo italiano grazie a un’ottima regia, un cast validissimo e una colonna sonora decisamente azzeccata)

Miglior serie “evergreen”: Grey’s Anatomy (Nonostante una settima stagione sottotono e un po’ banale, vince sugli altri storici telefilm come Desperate Housewives e simili, grazie all’inevitabile coinvolgimento verso personaggi e intrecci amorosi)

Miglior serie trash: Pretty Little Liars (Combattuta tra le “piccole bugiarde” e 90210, le ragazze hanno avuto la meglio. Mi avranno convinto i loro stilosissimi look, o l’atmosfera creepy, o merito forse di Aria, il mio personaggio preferito, sta di fatto che il mio voto va a loro, nella speranza che la seconda stagione, da poco in onda negli States, assuma un po’ più di spessore)

Miglior pilot: Shameless US (Un episodio complete sotto tutti I punti di vista)

Miglior nuova serie: Misfits (Senza dubbio LA serie dell’anno, un gioiello come pochi. Regia e fotografia strepitosa, colonna sonora insuperabile, trama, sceneggiatura e cast mozzafiato. Originale, divertente, stuzzicante. Impossibile resistergli)

Miglior serie “estiva”: Single Ladies (Il Sex and the City ambientato nel mondo black, prodotto da Queen Latifah. Poco originale senza dubbio, ma intrigante e curioso)

Miglior fotografia: Boardwalk Empire (Un vero e proprio prodotto cinematografico, stilisticamente perfetto)

Miglior regia: Misfits (Egregia e originale)

Serie più stilosa: Gossip Girl (Forse l’unico pregio che rimane a una serie che dopo pochi anni ha perso tutta la verve che la contraddistingueva. Priva del brio e della leggerezza inziale, si trascina verso la quinta serie con una trama improbabile e surreale. Restano bellissimi e sempre elegantissimi e all’ultima moda gli interpreti, e su tutti spicca la nuova musa di stilisti e registi, Blake Lively)



Miglior attore protagonista: Michael C. Hall (Dexter) (Un attore come pochi, intenso e mai ripetitivo)

Miglior attrice protagonista: Laura Linney (The Big C) (Forte e sicura di sé, delicata e diabolica allo stesso tempo)

Miglior attore non protagonista: Peter Krause (Parenthood) (Sempre coinvolgente e suo agio nei ruoli che gli affibbiano. Livello recitativo molto alto)

Miglior attrice non protagonista: Bonnie Bedelia (Parenthood) (A dir poco perfetta)

Miglior guest-star: Julia Stiles (Dexter) (Profonda e commovente nel ruolo che interpreta)

Miglior bad-guy: Ian Somerhalder (Arrogante, sexy e provocante al punto giusto)

Miglior bad-girl: Nikita (Nikita) (Conturbante, atletica e scanzonata)

Attore rivelazione: Curtis Donovan (Misfits) (In una parola: insuperabile)

Miglior personaggio: Damon Salvatore (The Vampire Diaries) (Il cattivo ragazzo per eccellenza: bello, antipatico e cinico. Un corpo da favola ed espressioni irresistibili, indubbiamente punta di diamante della serie)

Personaggio cult: Sheldon Cooper (The Big Bang Theory) (Un idolo)







Miglior colonna sonora: Misfits (Da 10 e lode)

Peggior serie estiva: Teen Wolf (Banale e scontato, visto e ri-visto troppe volte)

Personaggio più insopportabile: Elena (The Vampire Diaries) (Una statua di cera, inespressiva e lamentosa in maniera eccessiva. Fastidiosa negli ultimi episodi della stagione come non mai)

Peggior serie tv: The Event (Senza capo né coda, difficile da seguire, privo di fondamenta. Rivogliamo Flash Forwards)

Serie tv più noiosa: One Tree Hill (Una serie alla deriva, rovinata e distrutta da 4 stagioni a questa parte. Uno dei migliori teendrama degli ultimi anni sgretolatosi inesorabilmente, con carenze evidenti nello script, e assenza di storie plausibili da raccontare. Ripetitivo, noioso, incoerente: un disastro totale. Rinnovato per una nuova stagione. Aiuto.)

Serie tv più sopravvalutata: Glee (Partito col botto con la prima stagione, è andato via via scemando, cadendo nel labirinto della ripetitività. Resta comunque interessante per le numerose guest star che vi partecipano, e la colonna sonora originale che lo caratterizza)

Serie tv più sottovalutata: Life Unexpected (Rivoglio Lux, Baze e Cate. Non mi darò mai pace, né troverò mai una risposta sul perché sia stato cancellato bruscamente. Un vero e proprio gioiello del piccolo schermo, una perla sprecata, senza un motivo apparente. Non basta aggrapparsi agli ascolti stavolta, LU meritava un’altra chance)

Serie in caduta libera: Gossip Girl (Per i motivi precedentemente elencati, non merita la quinta stagione. Soprattutto perché ci sfracellerà le scatole)

Peggior nuova serie tv:

Covert Affairs (Non è riuscita a coinvolgermi. Non ho scusanti. Voglio Alias e niente di più)

Peggior attore: Robert Buckley (One Tree Hill) (Un manichino inespressivo e inerme, irriconoscibile e anni luce lontano dalla sua performance in Lipstick Jungle)

Peggior attrice: Nina Dobrev (The Vampire Diaries) (Trasparente, seppur bellissima)

Serie di cui ho nostalgia: Lost, Ugly Betty, Life Unexpected (Riportatemi sull’isola, e lasciatemi lì. Ridatemi il Mode e le fajitas. Fatemi riascoltare il programma di Cate e mandatemi a scuola con Lux)

Serie che vale la pena di iniziare: White Collar, Breaking Bad (Per sentito dire, mi fido degli esperti. So che meritano)

mercoledì 27 luglio 2011

Riflessioni in un mattino di mezza estate

Quelle volte in cui ci fermiamo a riflettere sul percorso intrapreso fino a qui, a domandarci chi siamo e dove stiamo andando e se ciò che stiamo facendo, è come lo avevamo immaginato.
Momenti in cui ci chiediamo se le scelte compiute fino a oggi siano reversibili oppure no, quanto il nostro passato ci tenga legati a sé, cosa il futuro ha in serbo per noi e cosa ci aspetta domani, rischiando spesso di bruciarci il presente, di non vivere pienamente “il momento” perché troppo impegnati a pianificare altro, correndo in questo modo il pericolo di rimanere con troppi rimpianti.
Cercare la felicità a tutti i costi e desiderare sempre quel qualcosa in più, forse è un difetto della nostra generazione, quella “generazione Y” troppo impegnata a cercare chissà poi dove, certezze e punti di riferimento.
Una generazione a volte allo sbaraglio, tra precariato e crisi economica e d’identità, a volte carica del giusto potenziale per cambiare le carte in tavola, ma priva della spinta necessaria per farlo.
Dal canto mio, superata da pochi mesi la soglia dei trent’anni, mi faccio forse troppe domande, a cui, ahimè, non so dare risposte, lasciando che mille pensieri mi frullino in testa senza trovare come al solito, quelle tanto agognate mezze misure che neanche so cosa siano.
Bianco o nero, senza grigio, e il bicchiere? Purtroppo sempre mezzo vuoto, nonostante, pur mettendomi d’impegno, io mi ostini a cercare quell’ottimismo che una volta spiccava tra i miei pregi.
Mi ritrovo così, inesorabilmente, in mezzo a decine di interrogativi, dubbi e pensieri, nonostante sappia già che molti di loro, non avranno mai una risposta.
Sono diventata grande, senza neanche accorgermene”, dice il testo di una nota canzone che gira in radio in questo periodo. E forse è davvero così.
Quanto tempo che è passato senza che me ne accorgessi, quanti giorni sono stati sono stati quasi eterni. Quanta vita che ho vissuto inconsapevolmente, quanta vita che ho buttato che ho buttato via per niente
”.
E il tempo si sa, si porta via tutto, senza ridarci indietro niente, tiranno e inarrestabile, lasciandoci sì i ricordi, ma senza darci la possibilità di giocare un’altra carta, prendere una strada diversa da quella scelta, tornare indietro per tentare un’ alternativa alle scelte compiute.
Magari la generazione dopo la nostra, troverà un antidoto per dissipare questa sensazione di smarrimento e confusione che ci contraddistingue, magari troverà l’ingrediente segreto per vivere felici e per sentirsi appagati.
Magari in un’altra vita, smetteremo di farci domande, di lasciarci sgretolare dai dubbi, di sentirci sempre così fragili e insicuri.
E chissà, magari in un’altra vita, anche io troverò quelle risposte che cerco da sempre.

sabato 23 luglio 2011

Addio Amy Winehouse


Ribelle, trasgressiva, insofferente e fuori dagli schemi: questi e altri aggettivi non basterebbero a descrivere Amy Winehouse, celebre cantante inglese dalla voce intensa e graffiante, trovata morta poche ore fa nel suo appartamento a Camden Square, Londra.
Un'anima irrequieta, un'artista provocatoria e strafottente, se non addirittura fastidiosa a volte, con i suoi vizi e le sue debolezze, vittima della depressione e di quel mostro famelico chiamato "droga".
Giunta all'apice del successo nel 2006, con un album indimenticabile, Back To Black, entrato di diritto negli annali della storia del rock, Amy inizia da subito la "discesa verso gli inferi", e spesso ubriaca, spesso completamente stonata dalle sostanze stupefacenti assunte in quei festini di cui era la regina, ha bruciato in fretta e furia una carriera che altrimenti l'avrebbe potuta far brillare come pochi altri.
Alle 15.54 di oggi, sabato 23 luglio, dopo aver ricevuto una telefonata dai servizi di emergenza, la polizia inglese ha rinvenuto la cantante ventisettenne deceduta per cause ancora da chiarire, anche se, ovviamente, la pista più probabile potrebbe essere quella dell'overdose.
E così, un'altra artista di fama mondiale si aggiunge al "Club 27", macabro epiteto che si riferisce a quella schiera di musicisti come Jimi Hendrix, Jim Morrison, Janis Joplin e Kurt Cobain, solo per citarne alcuni, scomparsi prematuramente all'età di ventisette anni.

They tried to make me go to rehab but
I said 'no, no, no'
Yes I've been black but when
I come back you'll know know know
I ain't got the time and if my daddy thinks
I'm fine
He's tried to make me go to rehab but I
won't go go go

mercoledì 20 luglio 2011

Empire State of Mind (& Love)

“Capitolo primo. Adorava New York. La idolatrava smisuratamente”. Ma no, è meglio: “la mitizzava smisuratamente. Per lui, in qualunque stagione, questa era ancora una città che esisteva in bianco e nero, e pulsava dei grandi motivi di George Gershwin”. Ahhm, no, fammi ricominciare da capo. “Capitolo primo. Era troppo romantico riguardo a Manhattan, come lo era riguardo a tutto il resto. Trovava vigore nel febbrile andirivieni della folla e del traffico.Per lui New York significava belle donne, tipi in gamba che apparivano rotti a qualsiasi navigazione”. No, roba stantia, troppo stantia, di un gusto… Insomma, dài, impegnati un po’ di più. “Capitolo primo. Adorava New York. Per lui era una metafora della decadenza della cultura contemporanea. La stessa carenza di integrità individuale che porta tanta gente a cercare facili strade stava rapidamente trasformando la città dei suoi sogni in una…” Non sarà troppo predicatorio? Insomma, guardiamoci in faccia: io questo libro lo devo vendere. “ Capitolo primo. Adorava New York, anche se per lui era una metafora della decadenza della cultura contemporanea. Com’era difficile esistere in una società desensibilizzata dalla droga, dalla musica a tutto volume, televisione, crimine, immondizia”. Troppo arrabbiato. Non voglio essere arrabbiato. “Capitolo primo. Era duro e romantico come la città che amava. Dietro i suoi occhiali dalla montatura nera, acquattata ma pronta al balzo, la potenza sessuale di una tigre”. No, aspetta, ci sono. “ New York era la sua città e lo sarebbe sempre stata”. (Woody Allen, Manhattan)

Spesso penso che se rinascessi, vorrei reincarnarmi in una newyorkese.
Ho sognato New York per 30 lunghissimi anni, con in testa e nel cuore, la voglia sfrenata di visitarla e viverla come il cinema e la tv me l’hanno sempre dipinta.

Sarà colpa della mia musa di Carrie Bradshaw, questo è sicuro se non addirittura ovvio, sta di fatto che, quando pochi giorni fa il sogno si è finalmente realizzato, e ho messo le mie ballerine sul suolo di Manhattan, il risultato finale non ha minimamente tradito le mie altissime aspettative: New York non mi ha delusa, mi ha letteralmente stregata.

La sensazione di essere dentro un film o una serie tv, protagonista di una pellicola d’autore, mi ha fatto compagnia durante tutta la mia permanenza, fuori dal negozio di Tiffany come Audrey Hepburn, nel Queens come Ugly Betty, davanti al Plaza come in Sex and The City. Come una moderna Cerentola, mi sono lasciata catturare, seppur per poco tempo, da vizi e virtù che la città offre: pranzo a Central Park, un giro al Moma, shopping sfrenata e un Cosmopolitan. Ho trascorso 6 giorni da favola, imparando ad amare ogni angolo di quella metropoli dove tutto accade velocemente, senza lasciarti il tempo di fermarti a pensare.

Della città che non dorme mai e che riesce a conquistarti e stravolgerti con il suo turbinio di culture, profumi e colori, ho cercato di assaporare e memorizzare ogni singola sfumatura o sfaccettatura, per chiuderla nella scatola dei ricordi e non dimenticarla più.
La Grande Mela racchiusa nella sua cornice dorata e splendente, unica e meravigliosa, piena di vita e di energia, mi è entrata nel cuore, e lì resterà per molto molto tempo.

Un amore a prima vista, folgorante e indimenticabile, che mi spinge a volerci tornare sin da ora.


Di sicuro New York non è mai stata “effettivamente” la mia città, come diceva Woody Allen, ma da oggi, credo lo sarà per sempre
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