There's no point to any of this. It's all just a... a random lottery of meaningless tragedy and a series of near escapes. So I take pleasure in the details. You know... a Quarter-Pounder with cheese, those are good, the sky about ten minutes before it starts to rain, the moment where your laughter become a cackle... and I, I sit back and I smoke my Camel Straights and I ride my own melt.

domenica 5 giugno 2011

Lila

L’ultima volta che vidi Lila la portai al Luna Park.
Non pensavo che dopo quel giorno, non l’avrei mai più rivista, nonostante fossi perfettamente consapevole del rischio che stavo correndo. Sapevo che prima o poi sarebbe scivolata via dalle mie mani all’improvviso e senza il minimo preavviso. Sin dall’inizio ero al corrente di quanto fosse labile e fragile il nostro legame.
Lila, dal canto suo, mi metteva sempre in guardia: “Potrei sparire da un giorno all’altro, lo sai vero?!”
E io annuivo, triste e totalmente cosciente che presto o tardi sarebbe successo davvero.
Quel giorno al Luna Park la sua chioma vaporosa e piena di boccoli era scompigliata dal vento, e le guance arrossate dal primo sole primaverile, il sorriso da bambina, un po’ sorniona, un po’ maliziosa, e l’aria spensierata e felice che aveva sempre quando era con me.
I capelli dorati e i braccialetti colorati.
Gli orecchini penzolanti e le scarpe stravaganti.
Lila e i suoi capricci, Lila e le sue virtù.
Lei che riempì e colorò la mia vita, e mi insegnò ad amare.
Lei che mi chiedeva sempre di “non dimenticarci”, per paura che il nostro ricordo potesse svanire come mille altre volte.
Lila sulla ruota panoramica che saluta le persone sul prato. Lila con lo zucchero filato rosa. Lila che mi accarezza il viso e mi scalda con uno dei suoi baci.
Quei baci in cui c’è tutto. Amore, rancore, dolcezza, passione, lacrime, risate.
Lila “che ho sempre avuto, ma in fondo non ho avuto mai”.
Lei, che da qualche parte chissà dove, c’è sempre stata.
Lei, di cui già avevo nostalgia, ancor prima che andasse via.
Che arrivò a rischiarare le nuvole, e andò via in un giorno di sole, fugace e splendente come un arcobaleno.

mercoledì 1 giugno 2011

Grey’s Anatomy: gravidanze e nuovi amori al termine della season 7

I medici del Seattle Grace si prendono una lunga pausa fino a settembre, al termine di una stagione più introspettiva e meno movimentata rispetto a quelle precedenti.

A inizio anno, le premesse sembravano chiare: in seguito alla sparatoria avvenuta nell’ospedale più rinomato di Seattle, chirurghi e specializzandi sarebbero andati incontro a un periodo impegnativo e ricco di tensioni e ferite da curare.
Superato il trauma, arginati gli ostacoli e le difficoltà che una situazione del genere comporta però, la tensione si è allentata gradualmente e tutti sono riusciti a tornare sul binario giusto, riappropriandosi delle proprie vite e pronti a riprendere la strada intrapresa.
Ed è stato così che i fiumi di lacrime che pensavamo di dover versare, non sono arrivati affatto: Shonda Rhimes ci ha stupiti ancora una volta e anziché colpirci con storie commoventi e a volte troppo melense, ha deciso di giocare un’altra carta, regalandoci, alla fine dei conti, una stagione forse meno toccante e lacrimevole rispetto agli standard a cui ci aveva abituati in passando, ma ugualmente riflessiva e coinvolgente.
Focalizzando come sempre l’attenzione sulla psicologia di ogni singolo personaggio, per 22 episodi la Rhimes ha scavato a fondo nell’animo dei protagonisti principali, circondandoli dei consueti personaggi di contorno, che seppur ricoprendo un ruolo minore, sono la cornice ideale alle storie di Meredith e dei suoi colleghi.
Le realtà dei pazienti, sviluppate di pari passo con quelle dei dottori, quest’anno hanno preso una piega diversa e sono state approfondite ancor più nello specifico, approfittando dell’escamotage della “sperimentazione chirurgica” intrapresa da ogni specialista all’interno della struttura ospedaliera.
Casi clinici spesso al limite del possibile e ricerca medica hanno fatto da sfondo alle numerose storie d’amore sbocciate, concluse e ricominciate tra i corridoi di un reparto e l’altro, e come al solito l’amore l’ha fatta da padrone.
Il consolidato legame tra Meredith (Ellen Pompeo) e Derek (Patrick Dempsey), che sembrava aver superato ormai qualsiasi ostacolo, ha iniziato a vacillare invece negli episodi finali (a partire da
It’s A Long Way Back), subito dopo la decisione di adottare la piccola Zola, una bambina arrivata direttamente dall’Africa, orfana di entrambi i genitori e dalla salute cagionevole.
Messa di fronte alla realtà di neo-mamma, la giovane Grey ha accusato il colpo di una responsabilità forse troppo grande da affrontare per lei, accettando alla fine, suo malgrado, l’affidamento della bambina proprio nel momento di maggior crisi con suo marito. Rea di aver compromesso i test clinici di Shepherd sull’alzheimer per aiutare la moglie di Richard (James Pickens Jr.) e permetterle così di usufruire delle cure, nella season finale, Unaccompanied Minor, la rottura tra i due arriva in maniera repentina e inevitabile, lasciando la Grey con una bambina al seguito e senza nessuno ad aiutarla.
Sempre insieme, nella gioia e nel dolore, neanche fossero marito e moglie, anche per Cristina (Sandra Oh) ecco un figlio in arrivo, senza averlo neppure cercato. Tornata in carreggiata più in forma che mai dopo un lungo esaurimento nervoso, e di nuovo col camice da chirurgo indosso, la Young continua la sua idilliaca seppur anomala relazione con Hunt (Kevin McKidd), mantenendo il giusto distacco sul lavoro, senza risparmiarsi in fatto di smancerie tra le mura domestiche. E come un fulmine a ciel sereno, anche per loro la notizia di un nascituro in arrivo, che ha il potere di sortire l’effetto opposto nella coppia: entusiasmo e gioia per Hunt, disperazione e rabbia per Cristina, ancora una volta concentrata esclusivamente sul suo lavoro.
E proprio questo è uno dei pregi riscontrabili nella serie, il fatto che i personaggi restino fedeli a loro stessi nonostante tutto, senza mai assumere comportamenti lontani da quelli per cui li abbiamo conosciuti in questi anni, mantenendo una sorta di sottile filo con la realtà al di fuori del piccolo schermo. Coerente e razionale, Cristina sceglie momentaneamente di non portare avanti la gravidanza, scatenando l’ira di suo marito, ferito e offeso per non aver avuto la possibilità di dire la sua in merito.
Un altro bebè ha fatto capolino in questa serie, Sofia, figlia di Callie (Sara Ramirez) e Mark (Eric Dane), nonché figliastra di Arizona (Jessica Capshaw), membri del divertente trio che ha animato la stagione dall’inizio alla fine.
Superato lo spavento per il grave incidente d’auto che ha visto coinvolta la dottoressa Torres, a un passo dalla morte nell’episodio
This Is How We Do It, la nascita della bambina ha portato quella ventata di aria fresca nella vita della piccola famiglia allargata, spingendo Arizona ad aprirsi con Mark e creando un legame indissolubile e sincero tra lei e Callie, protagoniste tra le altre cose, del matrimonio dell’anno in White Wedding, un episodio romantico e commovente, forse il migliore della season 7.
A pagare le conseguenze della rinata unione tra Mark e le due donne, la dolce Lexie (Chyler Leigh), ancora innamorata di lui, ma costretta a farsi da parte per riuscire a prendere una strada propria, senza doversi adeguare a percorrere quella dell’uomo che ama che non condivide affatto.
La loro storia, negli ultimi due anni, ha preso il posto di quella travagliata tra Mer edithe Derek che, nonostante gli ultimi sviluppi, sembra aver trovato finalmente una stabilità. Il tira e molla tra la piccola Grey e il chirurgo estetico riesce a renderci complici e coinvolti nelle loro diatribe giornaliere, e ci spinge a tifare inevitabilmente per loro nonostante Lexie sia ora legata a Avery (Jessie Williams), lo specializzando del Mercy West, da mesi carta vincente del Seattle Grace. Affascinante, comprensivo e leale, Jackson Avery si è fatto gradualmente conoscere di più in questa stagione, conquistandosi una larga fetta di fan e portando quel pizzico di novità tra personaggi storici della serie. La sua relazione con Lex, sbocciata spontaneamente tra un intervento e l’altro, non sembra avere molto futuro, e nell’ottava stagione, gli spoiler promettono, ci sarà un riavvicinamento tra i due ex che porterà inevitabilmente alla rottura tra i novelli fidanzatini.
Per nulla in disparte e sempre più protagonista, Alex Karev (Justin Chambers), sempre distaccato e ostile con tutti, ma allo stesso tempo sensibile e premuroso con i suoi pazienti, i piccoli bambini del reparto pediatrico. Superata con fatica la drastica rottura con l’ex moglie Izzie (Katherine Heigl), l’amore non va certo andare a gonfie vele per lui, e per dimenticare le donne sbagliate incontrate sul suo cammino, ad Alex non resta che concentrarsi sul lavoro dove riesce a brillare e eccellere sui suoi colleghi, collezionando un successo dopo l’altro, senza però riuscire ad aggiudicarsi l’agognata carica di capo degli specializzandi, in seguito a un brutto litigio con Meredith.
Lavoro e amicizia tornano a scontrarsi ancora una volta, e la Rhimes porta magistralmente in scena discussioni e problematiche tipiche dei trentenni di oggi, giovani in continua competizione tra loro pronti a tutto pur di avere successo, ma sempre fragili e a volte immaturi come degli adolescenti.
I membri della grande famiglia del Seattle Grace si aiutano e sostengono a vicenda, ponendo la serie a metà strada tra il
medical e il family drama, affrontando tematiche spesso scottanti, come l’aborto, l’eutanasia e malattie irreversibili come l’alzheimer, lasciando però sempre spazio a momenti divertenti e ironici, alternati ad arte ad altri più commoventi, come nell’episodio Song Beneath The Song, musical girato con la colonna sonora di tutte le canzoni storiche della serie.
Le vicissitudini degli specializzandi del Seattle Grace continuano a catturarci e a tenerci incollati allo schermo, grazie a nuove appassionanti storie d’amore, come quella nata tra Teddy (Kim Raver) e il suo paziente Henry (Scott Foley), a casi clinici complicati e coinvolgenti e a legami affettivi complicati e problematici, molto vicini alla realtà.
E se è vero che molti telefilm dopo parecchie stagioni danno l’impressione di non aver più nulla da raccontare, così non sembra accadere per Grey’s Anatomy, un evergreen del piccolo schermo, sempre in grado di stupirci, sorprenderci e toccarci nel profondo.